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    ASSAD NISCIUNO È FESSO - PUTIN AVVERTE L’AMERICA: ARMERÒ IL REGIME SIRIANO - L’ANATRA ZOPPA OBAMA AMMETTE: “ABBIAMO SOTTOVALUTATO ISIS”


     
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    1. PUTIN AVVERTE GLI USA: ARMERÒ ASSAD

    Maurizio Molinari per “la Stampa

     

    ASSAD PUTIN ASSAD PUTIN

    Il Cremlino sospetta che dietro l’intervento della coalizione in Siria contro lo Stato Islamico (Isis) ci sia l’intenzione di Washington di rovesciare Bashar Assad e così Mosca recapita un avvertimento alla Casa Bianca. «Se le forze della coalizione dovessero colpire quelle del governo siriano, siamo pronti a fornire armamenti aerei a Damasco» afferma un alto funzionario del Cremlino alla tv libanese «Al Maydin», specificando che si tratta di «cacciabombardieri, elicotteri e difese anti-aeree».

     

    La diffidenza di Mosca sull’intervento della coalizione era già trapelata nei giorni scorsi quando il ministro degli Esteri Sergei Lavrov da New York aveva chiesto ad Usa ed alleati di «concordare le operazioni con Damasco», messaggio ribadito dallo stesso Vladimir Putin in una telefonata al Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon. Washington fino a questo momento ha informato Damasco - con una lettera del Segretario di Stato John Kerry - dell’inizio dei raid ma il Pentagono evita ogni giorno di comunicare a Damasco il proprio piano di operazioni. Questo però è proprio ciò che vorrebbero Damasco e Mosca.

    OBAMA PUTIN OBAMA PUTIN

     

    Wadi al Muallem, ministro degli Esteri siriani, da 72 ore ripete alla volta della coalizione che «coordinando le azioni contro Isis possiamo renderle più efficaci» e poiché Washington continua a non rispondergli, è il Cremlino a rincarare la dose, facendo venire alla luce il vero timore: la Casa Bianca ha creato una coalizione che combatte Isis ma il cui vero intento è riuscire a rovesciare il regime di Assad.

     

    INCONTRO TRA PUTIN E OBAMA DURANTE IL G INCONTRO TRA PUTIN E OBAMA DURANTE IL G

    Da qui il riferimento alle «difese anti-aeree» ovvero gli S-300 che finora Putin non ha consegnato ad Assad ma che potrebbero rovesciare la situazione tattica, ostacolando i voli dei jet alleati. Secondo quanto esposto da Putin a Ban Ki moon l’obiezione sollevata è anche di legittimità internazionale. Una fonte diplomatica araba, da Ginevra, la spiega così: «A rendere legali i raid in territorio siriano non può bastare una lettera di Kerry, serve il coordinamento quotidiano con il governo in carica».

     

    Sergey Lavrov Sergey Lavrov

    Anche a Teheran c’è inquietudine per gli sviluppi militari innescati dall’intervento della coalizione e il generale Ahmad Reza Pourdestana, comandante delle forze di terra, avverte Isis: «Se le unità dei terroristi si avvicineranno ai nostri confini, attaccheremo in profondità dentro il territorio iracheno». Il riferimento è alla provincia di Dyala, a Nord di Baghdad, in parte controllata da Isis e confinante con l’Iran sciita, che accusa le monarchie sunnite del Golfo di sostenere lo Stato Islamico.

     

    I raid intanto continuano: aerei americani, sauditi e degli Emirati hanno colpito almeno quattro raffinerie petrolifere in mano ai jihadisti lungo il confine siriano con la Turchia, bersagliando per il secondo giorno di seguito le postazioni di Isis attorno alla città curda di Kobani. La battaglia per il controllo di Kobani infuria, con i guerriglieri curdi che sembrano al momento in grado di evitarne la caduta ma non di liberarla dall’assedio jihadista.

    sostenitori di isis festeggiano in siria sostenitori di isis festeggiano in siria

     

    «È presto per valutare l’efficacia degli attacchi ma riteniamo stiano avendo successo» spiega il portavoce del Comando Centrale Usa da Tampa, Florida, mentre il ministro degli Esteri saudita Saud al-Faisal sceglie la prudenza: «La guerra contro gli estremisti in Medio Oriente prenderà anni, non possiamo fermarci prima della completa eliminazione di tutti questi gruppi».

     

    Il fronte Al Nusra, espressione diretta di Al Qaeda, denuncia gli attacchi internazionali di Isis come una «guerra contro l’Islam» facendo appello a «tutti i jihadisti nel mondo» affinché «colpiscano le nazioni arabe e occidentali che ne sono responsabili». «Risponderemo a queste aggressioni - ha minaccio ieri il leader Abu Nohammad Al Golani -: porteremo la guerra le nazioni che le compiono».

     

     

    2. IL MEA CULPA DI OBAMA: “SOTTOVALUTATA LA FORZA DELL’ISIS”

    Francesco Semprini per “la Stampa

     

    isis in siria isis in siria

    L’ammissione di colpa ha il sapore di un rammarico profondo con il quale Barack Obama si sente in dovere di dare spiegazioni al suo popolo. Gli Stati Uniti hanno «sottostimato» i progressi dell'Isis in Siria e «sovrastimato» la capacità delle forze armate irachene di combattere gli estremisti, dice il presidente in un'intervista a «60 minutes» di Cbs. Il riferimento è alla facilità con la quale gli jihadisti al servizio di Abu Bakr al-Baghdadi hanno sfondato in Iraq nord-orientale incontrando una resistenza pressoché nulla dell’Esercito di Baghdad.

     

    BAN KI MOON SALUTA IL PANEL DEL WCIT BAN KI MOON SALUTA IL PANEL DEL WCIT

    Obama spiega che la lotta contro l'Isil deve essere doppia: da un lato l'organizzazione deve essere messa all'angolo militarmente, dall'altra è necessario «allentare le tensioni fra sunniti e sciiti in tutto il medioriente». Ecco pertanto la necessità di una strategia e una soluzione politica «perché la battaglia fra le due sette è la causa maggiore di conflitto nel mondo».

     

    Il presidente ricorda come nel conflitto in Iraq è stata proprio l’alleanza con le tribù sunnite, in particolare ad Anbar, a consentire agli Usa di sconfiggere Al Qaeda e di «farli tornare sottoterra». Secondo lo speaker della Camera, John Boehner, tuttavia, l’amministrazione «non avrà altra scelta» oltre a quella di inviare truppe di terra qualora la strategia dei raid e dell’addestramento di Peshmerga e forze irachene non dovesse sortire gli effetti sperati.

     

    monica maggioni intervista bashar al assad monica maggioni intervista bashar al assad

    A non credere a Obama sulla dottrina del «no boots on the ground» è, secondo un sondaggio condotto da Wall Street Journal e Nbc, il 72% degli americani, convinto invece che truppe saranno dispiegate a terra, contro un 20% che ritiene gli Stati Uniti non invieranno uomini.

     

    BASHAR ASSAD BASHAR ASSAD

     

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