Luigi Mascheroni per "il Giornale"
guillermo mordillo
Era argentino, ma quando iniziò a lavorare per Paris Match negli anni '60 non parlava francese, e così le sue vignette erano senza parole. A suo modo fu una fortuna. Il silenzio dei suoi personaggi diventò un marchio di fabbrica. Il suo.
Guillermo Mordillo - noto in tutto il mondo col solo cognome, come è concesso solo ai grandi artisti - è morto nella sua casa di Maiorca. Aveva 86 anni. Era nato a Pueyrredon, Argentina, nel 1932: è il fumettista e cartoonist che con il suo umorismo muto e i suoi animali buffi ha conquistato un po' tutti noi...
Chi scrive si ricorda da piccolo serate intere a incastrare i pezzi dei suoi puzzle (ma c' erano anche diari e poster): campi di calcio affollati da centinaia di omini-giocatori, animali in posa per una foto nella giungla, arche di Noè, deserti e circhi irresistibili... Era il suo mondo. Erano i suoi disegni: caratterizzati da colori accesi, un umorismo straniante, buffi personaggi, animali dagli occhi enormi, elefanti più tondi del dovuto e giraffe dal collo più lungo di quanto la zoologia conceda...
Nessuna parola, tante espressioni. Il resto è sur-realtà.
guillermo mordillo
Nato da una famiglia di emigrati spagnoli in Sudamerica, cominciò l' attività di illustratore di libri per l' infanzia a 18 anni. Poi cominciò a occuparsi anche di cinema lavorando come pubblicitario e vignettista. Nel 1960 è New York, dove lavora alla Paramount come disegnatore per alcuni cortometraggi animati, come Braccio di Ferro e Little Lulu. Poi arriva il grande successo in Europa: Parigi e Germania. Tra gli anni '70 e '80 è uno dei cartoonist maggiormente pubblicati nel mondo, vincendo molti premi ma facendo poche mostre. Peccato.
Simpatia contagiosa e stile intuitivo (quasi infantile, con il calcio e gli animali come temi ricorrenti) Mordillo ha lavorato fino all' ultimo. In un' intervista con la rivista tedesca Deutsche Welle, per il suo 80° compleanno, fece il punto della sua vita, passata a far ridere le persone coi suoi disegni, e commentò che «ne valeva la pena». Aveva ragione.
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