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    UNA SUONATA DI BACH PER SPADAFORA - IL TEMPO STRINGE: SERVE UNA SOLUZIONE PER L'AUTONOMIA DEL CONI ALTRIMENTI ALL'OLIMPIADE RISCHIAMO DI ANDARE SENZA INNO E BANDIERA. LA DECISIONE DEL CIO IL 27 GENNAIO. IL MINISTRO CI RI-PROVA: “RIPARTIAMO DAL DECRETO SULLA GOVERNANCE DELLO SPORT”. IL PROBLEMA È CHE PROPRIO SU QUEL DECRETO LA MAGGIORANZA SI ERA SCORNATA SULL' INCOMPATIBILITÀ FRA LE PRESIDENZE DI CONI E DEL COMITATO MILANO-CORTINA. UN PASSAGGIO CHE AVREBBE PREGIUDICATO LA RICANDIDATURA DI MALAGÒ…


     
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    Valerio Piccioni per La Gazzetta dello Sport

     

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    Serve una soluzione per l' autonomia del Coni. E in fretta vista la spada di Damocle delle sanzioni del Cio, che ha all' ordine del giorno il caso Italia nell' Esecutivo del 27 gennaio. «Rischiamo una colossale figuraccia internazionale», ha detto a più riprese il presidente del Coni, Giovanni Malagò, sottolineando il rischio di andare a Tokyo senza inno e bandiera.

     

    Ma il tempo è scaduto non solo a Losanna, siamo ormai distanti due anni dall' approvazione degli articoli della legge di stabilità 2019 che fissarono la cornice senza dipingere il quadro: il sistema è inceppato alla ricerca di una bussola sul chi fa cosa nello sport italiano. La strada della legge delega, dilatando i tempi in un modo pauroso - molto meglio sarebbe stato un disegno di legge da costruire con i necessari passaggi parlamentari - ha provocato un lunghissimo stillicidio di alternanze fra trattative e conflitti.

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    Ieri è tornato a parlare del problema governance il ministro dello sport Vincenzo Spadafora. «Malagò e il Cio - ha detto a "Speciale Agorà" su Rai 3 - ritengono che il Coni non abbia pienamente rispettato una serie di cose previste dalla Carta Olimpica: l' autonomia funzionale e quell' indipendenza che i comitati olimpici devono avere.

    In parte quello che dice Malagò è vero, noi però la soluzione l' avevamo trovata presentando un decreto che dava una serie di misure per la piena autonomia al Coni, ma le forze di maggioranza non l' hanno approvato. Ripartiremo da quel decreto e vedremo se in Consiglio dei Ministri si troverà la convergenza».

     

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    Il problema è che proprio su quel decreto ci si era scornati. Il banco, almeno questa fu l' interpretazione prevalente, saltò per la norma sull' incompatibilità fra le presidenze di Coni e del comitato Milano-Cortina.

     

    Un passaggio «contra personam» - per Pd e Italia Viva, sull' altro fronte i 5 Stelle - che avrebbe pregiudicato la ricandidatura di Malagò. Il braccio di ferro finì con un nulla di fatto: prima approvazione di cinque decreti, compreso quello sul lavoro sportivo (ora ci sono i passaggi nelle commissioni parlamentari e alla conferenza delle Regioni), al palo il discorso governance.

     

    Si era anche ipotizzato l' inserimento del tema nella legge di Bilancio, dagli uffici del Mef era venuto fuori un emendamento che disegnava un nuovo stato dell' arte e che ieri ha ripreso a circolare: più soldi (65 milioni e non i 40 attuali) al Coni, nascita della società Coni spa con presidente e a.d. «coincidenti con le cariche di vertice del Coni», a cui sarebbero stati trasferiti 250 dipendenti (nel decreto di Spadafora se ne prevedevano 119) di Sport e Salute (che ne ha 700) «nonché i beni, mobili e immobili strumentali al funzionamento del Coni». L' ipotesi potrebbe essere ancora in piedi in un diverso veicolo normativo.

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    Intanto l' atteggiamento dei 5 Stelle si sarebbe fatto in qualche modo più realista sul punto della discordia. «È assolutamente necessaria una norma che vada incontro alle richieste del Cio - dice l' ex sottosegretario Simone Valente - soprattutto sul tema del personale connesso all' attività del Coni. Io penso che una norma del genere possa essere approvata anche all' unanimità dal Parlamento, me lo auguro». E l' incompatibilità o i due mandati anziché tre? «Rimangono sul tavolo, però su questo la situazione è bloccata vista la contrarietà di Pd e Italia Viva». Dunque, un' apertura, almeno per un primo provvedimento, a rinviare il punto più divisivo.

     

    Anche se, precisa Valente, «bisognerà perimetrare i campi di azione dei diversi soggetti, quando sento dire del rischio che la politica organizzi i campionati». Il Pd non vuole ripartire dal decreto saltato.

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    «Serve un confronto partendo dalla maggioranza per completare il disegno della riforma che da tempo il mondo sportivo stava aspettando ma che non può essere fatta a prescindere da chi in quel mondo opera e lavora». Per Manuela Claysset (responsabile sport) e Stefano Vaccari (responsabile dell' organizzazione) «bisogna chiarire i ruoli e i compiti dei soggetti che si occupano di sport».

     

    Andrea Rossi, uno dei deputati più attivi sull' argomento, specifica: «Non ci sono più i confini della legge delega. È giusto allargare la riflessione e chiederci se un sistema con tre soggetti - Sport e Salute, Dipartimento, Coni - abbia ancora un senso». Per Daniela Sbrollini di Italia Viva «le parole di Malagò pongono problemi non eludibili. Troppe strutture e tanta burocrazia. Bisogna scegliere chi deve fare cosa. Oggi siamo al caos».

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    Nico Stumpo, che ha seguito il tavolo «sportivo» per Leu, accetta il richiamo di Spadafora: «Il decreto saltato rappresentava un equilibrio avanzato. Oggi, anche per la situazione politica complessiva, allontanarsi da quel testo complicherebbe le cose». Oltre alla sostanza c' è pure la forma. Cioè: il testo salva-autonomia in quale scatola finirebbe? Saltato il treno della legge di Bilancio, chiuso il canale del Milleproroghe, resta il nuovo decreto «ristori». Ma sta prevalendo l' idea di un decreto legge solo sullo sport. Di certo, non c' è più tempo da perdere.

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