DAGOREPORT - TONY EFFE VIA DAL CONCERTO DI CAPODANNO A ROMA PER I TESTI “VIOLENTI E MISOGINI”? MA…
Melania Rizzoli per "Libero Quotidiano"
Succede di frequente la mattina, quando ci laviamo in bagno, ci vestiamo o facciamo colazione ascoltando la radio, colpisce il 98% degli individui, si insinua nelle orecchie proprio quando non facciamo attenzione, quando siamo distratti o pensiamo agli impegni della giornata, eppure quel motivetto musicale sentito senza ascoltarlo risale silenzioso fino al cervello quando questi ha meno difese, quando non è in preda a processi emozionali, e quel ritornello continua a suonare nella nostra testa, riavvolgendo il nastro più e più volte, continuando a tuonarci in mente senza possibilità di cancellarlo volontariamente. È quello che accade quando una canzone ci entra in testa e non esce più, restando come un’eco insistente o un sottofondo melodico che interferisce con i nostri pensieri e che sfugge al nostro controllo.
Melania Rizzoli foto di bacco (3)
Quello di non riuscire a togliersi dalla mente una canzone è un fenomeno passeggero, innocuo e frequente, che colpisce particolarmente i soggetti più stanchi, più stressati, nostalgici o che hanno dormito poco, il cui cervello risulta bloccato in uno stato emotivo particolare, per cui avvia schemi ripetitivi soprattutto in presenza di stimoli musicali.
La scienza ha inquadrato questo episodio definendolo “ earworm”, ovvero un ‘tarlo’ che entra dall’ orecchio e si annida nella nostra testa per un tempo variabile, attivando molte connessioni neurali rimaste in stand-by o a riposo durante la notte e costringendoci a canticchiare ed ascoltare mentalmente la melodia, una sorta di risveglio neurologico che rievoca ricordi ed innesca cariche emotive. Il cervello, lo sappiamo, per molti versi è ancora un mistero, ma ama ricordare mantenendo e recuperando memoria, fino a che l’importanza emotiva del brano si spegne e si blocca di fonte ad altre attività che impegnano altre regioni dell’ encefalo.
L’ area encefalica che presiede la memoria musicale è la corteccia auditiva, la stessa cioè che gestisce le informazioni provenienti direttamente dalle orecchie, e secondo studi recenti la musica a basso volume diffusa durante le fasi di sonno profondo migliora la memoria ed aumenta la capacità del cervello a ricordare, poiché tiene attivi i neuroni per il consolidamento della memoria, al punto che nei deficit mnemonici i neurologi utilizzano i ritmi sonori musicali , dotati di un significato funzionale riconosciuto, per controllare e rafforzare l’attenzione, in modo da poter ricordare e non perdere, cerebralmente parlando, le esperienze uditive ascoltate.
Le informazioni acustiche di una percezione melodica che restano in mente infatti, servono al recupero della memoria associata allo stato d’animo del momento, facendo sì che abbia effetti sull’umore, poiché la memoria emotiva è spesso collegata in modo diretto con quella musicale.
La musica ascoltata infatti, richiede l’attività di molte aree cerebrali e soprattutto coinvolge il pensiero e i sentimenti, anche se non ce ne accorgiamo, e l’elaborazione musicale contribuisce a stimolare la comunicazione tra i due emisferi cerebrali, tanto che negli anziani , per esempio, aumenta la capacità di decodificare i discorsi e di conseguenza la loro capacità di comunicare in ambienti complessi o rumorosi. Inoltre la memoria musicale resta impressa nel cervello anche se non la ricordiamo, al punto che una persona che durante la vita diventa sorda per qualunque patologia e da udente amava l’armonia musicale, non potrà più ascoltare o suonare la musica, ma sarà certamente in grado di comporla.
La musica scientificamente è considerata terapeutica ed in Medicina il cosiddetto “effetto Mozart” usa la musica come strumento in grado di modificare in senso positivo lo stato emotivo, fisico e mentale di una persona con disturbi della personalità o della coscienza. La musica quindi non è soltanto “rumore” come affermava con ironia Luciano De Crescenzo, ma può essere di aiuto in molte condizioni patologiche, se solo pensiamo che nei reparti di terapia intensiva e nelle sale operatorie è spesso presente in modo diffuso e a basso volume per rasserenare gli animi e risvegliare la memoria cerebrale.
Alle ‘ vittime dello earworm” , cioè delle memorie musicali involontarie che restano in mente e ne sono infastidite, i neurologi consigliano di ascoltare un’altra canzone conosciuta, per evitare che questa si appiccichi all’ altra, mentre altri studiosi raccomandano di masticare una gomma per diminuire l’effetto, perché pare che il movimento della mandibola interferisca con il ricordo musicale.
Comunque, per tutte le ragioni elencate, quando accade il fenomeno dello earworm la cosa migliore è lasciarsi trasportare senza opporre resistenza, fino a che quel motivetto attaccato ai nostri neuroni perderà gradualmente forza fino a scomparire dal cervello e dalla nostra memoria del momento.
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