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    AVETE VOLUTO LO SBLOCCO DEI LICENZIAMENTI? ECCO IL CONTO - TORNANO ALLA RIBALTA LE SITUAZIONI D’EMERGENZA DI EMBRACO, WHIRLPOOL, ILVA, ACC, JSW STEEL ITALY A PIOMBINO, ALCOA, CHE IN REALTÀ ERANO MESSE MALE BEN PRIMA DEL COVID: IL GOVERNO AGGIUNGE ALTRE 13 SETTIMANE DI CASSA INTEGRAZIONE A CHI HA PIÙ DI 1.000 DIPENDENTI - MA AI LAVORATORI IL PARACADUTE NON BASTA: “CON 700 EURO AL MESE NON SI PUÒ CONTINUARE A VIVERE”


     
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    1 - LAVORO, IL GOVERNO ALLARGA IL PARACADUTE, PIÙ CASSA INTEGRAZIONE PER EMBRACO E ILVA

    Rita Querzè per il “Corriere della Sera

     

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    Nel giorno in cui la protesta contro i licenziamenti dilaga in piazze e aeroporti, il governo risponde mobilitando nuove risorse. Si allarga infatti il paracadute degli ammortizzatori attraverso un decreto dal titolo che è già un programma - «Misure urgenti a tutela dei lavoratori delle aziende in crisi» - destinato in particolare a supportare l'ex Ilva e l'ex Embraco. Intanto sui fronti caldi di Whirlpool a Napoli e Gkn a Firenze tutto avanza (purtroppo) secondo copione.

     

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    La multinazionale degli elettrodomestici ha avviato ieri la procedura per licenziamento collettivo. Senza marce indietro, le lettere di licenziamento partiranno a fine settembre. Al tavolo su Gkn, a cui ha partecipato la viceministra dello Sviluppo economico Alessandra Todde, si sono inaspriti i toni del confronto: non si vedono spiragli per i 422 lavoratori coinvolti dalla procedura.

     

    A Napoli la rabbia degli addetti allo stabilimento Whirlpool - chiuso dallo scorso novembre - ha raggiunto ieri mattina gli imbarchi dell'aeroporto di Capodichino. Un centinaio di addetti del gruppo americano ha rallentato per un'ora gli imbarchi. «Non finisce qui», promettono i lavoratori.

     

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    Di certo non finisce a Firenze dove Cgil, Cisl e Uil hanno organizzato uno sciopero generale con manifestazione il 19 luglio

     

    Stessa cosa nella provincia di Monza e Brianza, il 20 luglio, a sostegno dei 152 licenziati della Giannetti ruote. Nella serata di ieri si rincorrevano poi le voci di una proclamazione a breve di tre ore di sciopero generale nazionale nel settore metalmeccanico.

     

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    Tornando ai contenuti del decreto varato dal Consiglio dei ministri, la misura più rilevante riguarda ulteriori 13 settimane di cassa integrazione Covid per le imprese, con un numero di lavoratori dipendenti non inferiore a mille, che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico. L'identikit è quello dell'ex Ilva di Taranto dove è ripartito il confronto tra azienda, Invitalia e sindacati.

     

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    Da notare: queste 13 settimane di cassa integrazione Covid per i grandi gruppi «strategici» si aggiungono alle ulteriori 13 settimane di cassa integrazione ordinaria senza addizionali introdotte dal decreto Sostegni e alle 13 settimane di cassa integrazione straordinaria aggiuntiva per le aziende che hanno terminato ogni ammortizzatore.

     

    Il decreto che ha avuto ieri il via libera prevede anche l'esonero dal pagamento delle quote di tfr per le imprese in procedura fallimentare o amministrazione straordinaria che richiedono la cassa straordinaria.

     

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    Questa misura consente all'ex Embraco, alle porte di Torino, di chiedere altri sei mesi di cassa integrazione straordinaria: il progetto di reindustrializzazione Italcomp è sfumato e il 22 luglio 400 dipendenti sarebbero rimasti senza ammortizzatore.

     

    In verità la gran parte delle crisi aziendali tornate alla ribalta dopo lo sblocco dei licenziamenti ha poco a che fare con l'emergenza Covid: Embraco, Whirlpool, Ilva, Acc, Jsw steel Italy a Piombino, Alcoa, per fare solo qualche nome, in realtà avevano visto addensarsi di nubi all'orizzonte ben prima del Covid.

     

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    Le nuove emergenze nel settore metalmeccanico si elencano sulle dita di una mano, al massimo due: Gkn a Firenze (422 lavoratori), Giannetti Ruote di Ceriano Laghetto, in Brianza (152 lavoratori) e, in prospettiva, Abb di Marostica, in Puglia (100 dipendenti, per ora la procedura di licenziamento collettivo non è partita anche se ne è stata comunicata l'intenzione).

     

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    E poi Elica a Fabriano (produzione di cappe, 409 esuberi). Ciò di cui ancora non si parla (ma preoccupa non poco) sono le prospettive per i settori coinvolti da radicali riconversioni. In primis l'automotive. Entro il 2035 l'Ue passerà all'auto elettrica. E per produrre le auto elettriche serve il 30-40% di lavoro in meno. Stellantis ha battuto un colpo annunciando che dal 2025 lo stabilimento di Termoli dove ora si producono motori a scoppio diventerà una gigafactory e sfornerà batterie.

     

    Resta da capire quale sarà il futuro degli altri stabilimenti che producono motori: Cento (Ferrara) e Pratola Serra (Avellino). Per non parlare delle imprese dell'indotto che lavorano per Stellantis ma anche per i grandi marchi tedeschi. «Siamo preoccupati - dice Michele De Palma della segreteria Fiom -. Per evitare le crisi di domani bisogna lavorare oggi, come stanno facendo Francia e Germania. Ma non vediamo per ora una mobilitazione adeguata».

     

    2 - "È SOLO UNA TOPPA, CON 700 EURO AL MESE NON SI PUÒ VIVERE"

    Maurizio Tropeano per “La Stampa

     

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    Nessuna festa ma la proroga della cassa integrazione per sei mesi ha evitato che la rabbia dei lavoratori ex Embraco si trasformasse in azioni di protesta più pesanti come quelle dei lavoratori della Whirlpool di Napoli.

     

    «Siamo stufi di vivere con 700 euro al mese, meno male che c'è il vescovo che ci dà una mano, ma adesso ci faremo sentire con più determinazione, dovremo andare anche noi a bloccare l’aeroporto».

     

    PROTESTE ALLA WHIRLPOOL DI NAPOLI PROTESTE ALLA WHIRLPOOL DI NAPOLI

    Sono le 17,45 quando i fratelli Vito e Franco Tesauro raccontano la loro frustrazione tra l'assenso di una ventina di lavoratori. Alle 17,48 sul telefono del cronista arriva un messaggio «Governo: ok Cdm norma prolungare cassa Embraco».

     

    Sette parole che raffreddano gli animi. «Verificheremo perché fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio. Non siamo morti, e questo è importante, ma adesso la priorità è il piano industriale», spiega Ugo Bolognesi della Fiom.

     

    PROTESTE ALLA WHIRLPOOL DI NAPOLI PROTESTE ALLA WHIRLPOOL DI NAPOLI

    E Ciro Marino, Ugl metalmeccanici, aggiunge: «Per ora siamo salvi ma se non trovano una soluzione industriale metteremo in campo altre forme di lotta». A differenza degli operai napoletani, il problema dei lavoratori ex Embracola è capacità di mobilitazione, tutta da ricostruire, fiaccata da quattro anni di cassa integrazione e da promesse vane da parte della politica.

     

    PROTESTE ALLA WHIRLPOOL DI NAPOLI PROTESTE ALLA WHIRLPOOL DI NAPOLI

    «Da noi sono passati tutti: Calenda, Di Maio, Patuanelli e adesso Giorgetti (i ministri dello Sviluppo passati e presenti) ma alla fine l'unico di cui ci fidiamo è Nosiglia», spiegano ancora i fratelli Tesauro. Peccato, però, che Nosiglia sia solo il vescovo di Torino: «È arrivata l'ora di riaprire i cancelli dello stabilimento di Riva di Chieri perché noi vogliamo lavorare e non vivere di assistenza».

     

    napoli, sciopero dei lavoratori whirlpool napoli, sciopero dei lavoratori whirlpool

    Per vincere questa sfida ci sono sei mesi di tempo e la partita la può giocare solo il governo, a partire dal Mise. Ieri, infatti, è stata messa una toppa ad una settimana dalla scadenza della vecchia Cig. Per dirla con il ministro del lavoro Andrea Orlando: «Con responsabilità stiamo lavorando per cercare soluzioni in grado di tutelare quanto più è possibile i lavoratori».

     

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    Ma il resto del percorso, cioè una soluzione industriale, è tutta da costruire. Operai e sindacalisti la invocano a gran voce «perché altrimenti a gennaio dell'anno prossimo ci troveremo nelle stesse condizioni di oggi e siamo davvero stufi dopo quattro anni».

     

    manifestazione operai whirlpool a roma manifestazione operai whirlpool a roma

    E adesso che è arrivata una boccata d'ossigeno «possiamo provare a sperare di nuovo». Certo, «dobbiamo fare i conti con i fallimenti dei piani del passato ma non vogliamo arrenderci». In quella piazza sanno che possono contare sull'appoggio della Chiesa torinese ma aspettano «una risposta definitiva dal governo» convinti che «volere è potere, lo hanno dimostrato ieri».

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