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Il verdetto dell’Eurostat è arrivato. E cambia pesantemente le carte in tavola: altro che “calo del debito/pil rispetto al 2016″, come rivendicato dal premier uscente Paolo Gentiloni l’1 marzo quando Istat aveva diffuso le sue statistiche su pil e indebitamento del 2017. Il rapporto in realtà è aumentato anche lo scorso anno.
L’Ufficio europeo di statistica ha infatti sancito che i soldi stanziati dallo Stato per liquidare Popolare di Vicenza e Veneto Banca e cederle a Intesa con una ricca dote pesano eccome sul debitopubblico. Che sale ben oltre i 2.256 miliardi di euro stimati dall’Istat l’1 marzo in attesa di questa decisione. La cifra va ritoccata all’insù di 11,2 miliardi, incluse le garanzie.
SPORTELLO BANCA INTESA
L’operazione sulle ex popolari venete ha invece un impatto di 4,7 miliardi sul deficit: in questo caso si prende in considerazione solo l’intervento di cassa a favore dell’istituto guidato da Carlo Messina.
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Per Eurostat “gli interventi del governo relativi alla liquidazione” delle due banche “devono essere classificati sulla base del loro impatto netto”. Quando all’impatto sul deficit 2017 “i flussi totali attesi in uscita possono essere stimati a 14,7 miliardi di euro, mentre il totale delle somme recuperate è atteso a 10 miliardi di euro. Come risultato dovrebbe essere dunque registrato nei conti un impatto negativo sul deficit per 4,7 miliardi”, intorno a 0,3 punti percentuali di pil in più rispetto alla stima del marzo. Quanto al debito pubblico, tenendo conto delle garanzie da 6,4 miliardi e dei 4,8 miliardi pagati cash a Intesa San Paolo, l’effetto “sia diretto che indiretto è pari a 11, 2 miliardi”.
carlo messina
Mercoledì Istat rivedrà di conseguenza i valori delle due grandezze rispetto al pil 2017. “Udite udite, cala il debito pubblico, è passato dal 132 (del 2016, ndr) al 131.5%”, aveva commentato Paolo Gentiloni un mese fa. Alla luce dei nuovi dati, però, il calo scompare: anzi, dal 132% si passa a 132,1.
Il rapporto deficit/Pil inizialmente stimato all’1,9% dovrebbe a sua volta salire raggiungendo o superando il 2,1% stimato dal governo nella Nota al Def di settembre.
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