Maurizio Belpietro per la Verità
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C' è un razzismo all' incontrario. Un nigeriano, da anni residente in Italia, si candida con la Lega e sostiene di essere contrario all' immigrazione clandestina - così come lo sono centinaia di immigrati regolari - e gli antirazzisti insorgono. Ma come?
Un africano che dà ragione a Matteo Salvini? Orrore. Ci mancava poi che Mario Balottelli mettesse un suo illuminato commento su Instagram: «Forse sono cieco io o forse non glielo hanno ancora detto che è nero. Ma vergogna!».
LA VERITA BELPIETRO
Eh, già, se uno è nero deve stare con i neri, la sua razza, non può mettersi con i bianchi.
Non può avere opinioni diverse sui profughi da quelle di Laura Boldrini. Se uno è nero deve per forza essere favorevole ai clandestini e a chi li aiuta, fossero anche i trafficanti che si arricchiscono a traghettarli in Italia.
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E se è nigeriano deve chiudere gli occhi sui crimini commessi dai nigeriani e non parlare di quello che è successo a Macerata. E se è africano non può condividere le opinioni di Salvini sugli stupratori di Rimini. Perché se è immigrato deve stare con gli immigrati. Sarebbe un po' come dire che se uno è bianco deve difendere i bianchi. Altro che accogliere chi arriva da Paesi lontani e ha la pelle scura.
Ognuno deve stare al proprio posto, con la propria razza.
Peccato che quando il candidato presidente alla Regione Lombardia, Attilio Fontana, ha parlato di razza sia stato travolto da un' ondata di critiche dagli stessi che adesso se la prendono con Toni Iwobi. Il quale ha il solo torto di essere integrato. Di essere arrivato in Italia regolarmente e non su un barcone, di aver studiato, aver girato il mondo e poi essersi sposato una signora di Bergamo, facendo due figli. Iwobi ha lavorato, si è fatto una posizione, addirittura fa l' imprenditore. Ma quel che è peggio, la pensa come Salvini.
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Anzi: è il responsabile della Lega per i problemi dell' immigrazione. Aiuto. Un nigeriano a capo di un dipartimento che si occupa di africani, della loro integrazione e, se del caso, della loro espulsione. Il razzismo all' incontrario - lo stesso che nelle ultime settimane ci ha riempito la testa con il dibattito su fascismo e antifascismo - si è subito mobilitato, lanciando una fatwa contro Iwobi, il primo senatore nero del Parlamento italiano. I partiti, quelli che si riempiono la bocca con l' integrazione, non avevano mai fatto sedere sui banchi di Palazzo Madama un italiano dalla pelle scura.
Lo ha fatto la Lega e questo rompe ogni schema, soprattutto spazza via ogni luogo comune. La Lega per l' intellighentia di sinistra è il Ku Klux Klan de noantri. Salvini è razzista e chi vota per il Caroccio è xenofobo.
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L' Italia è il Paese dove si spara ai neri. Poi però spunta Iwobi e tutte le teorie sul ritorno del razzismo vanno a gambe all' aria, come i voti per il Pd. E allora bisogna attaccare il rinnegato e dire che si deve vergognare. Che non è un bravo africano, perché non sta con i suoi fratelli africani. Non importa che tanti africani, nigeriani, senegalesi o egiziani, la pensino allo stesso modo (io stesso, venti giorni fa, durante una serata Rotary, ho sentito un immigrato che si chiedeva perché in Italia ci siano tanti clandestini). La logica del pensiero corretto e progressista, vuole che gli africani facciano gli africani. Cioè che stiano al loro posto di immigrati e non si integrino fino al punto di somigliare a Salvini. Bravi, compagni. A questo punto io suggerirei di tornare all' apartheid. I bianchi con i bianchi e i neri con i neri. Anzi, facciamo un Parlamento bicolor, uno per i neri e uno per bianchi. Gli scemi invece li lasciamo fuori da Palazzo Madama. Ne beneficeranno sia i bianchi che i neri.
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2. NELLA ROCCAFORTE DELLA LEGA
Davide Lessi per la Stampa
«E questa è la chiesa dove mi sono sposato. Era il primo luglio del 1978». Si ferma un attimo, aggiusta il cappello blu da pescatore per proteggersi dalla pioggia, poi sorride: «Sono passati quarant' anni, ormai sono diventato nonno».
Vista da questo selciato, quella di Toni Chike Iwobi, primo senatore nero d' Italia, sembra una storia di integrazione riuscita. Ma la parola giusta, forse, è assimilazione. «Ordine e legalità», ripete parlando dei migranti di oggi. Ma più delle parole, aiuta vederlo mentre si muove sicuro per le vie della piccola Spirano.
Bassa Bergamasca, capannoni e campi. È questo il suo Comune adottivo da quando, ventenne, arrivò con un visto da studente dalla Nigeria. «I primi mesi mi ospitò un connazionale». Poi il diploma nella vicina Treviglio, il matrimonio con un' italiana, le laurea, i due figli e il nipote. «Qui c' è tutta la mia vita: la ditta informatica che dirigo con 12 dipendenti, uno è indiano, e la mia casa, una villetta con giardino».
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Roma è lontana. Scivolano via le polemiche della comunità africana («la sua candidatura è una mossa politica astuta e pericolosa», sostiene qualcuno). E non turbano nemmeno le critiche social dell' ex azzurro Mario Balotelli («Vergogna»). «Preferisco ignorarlo, ognuno faccia il suo mestiere: sarei felicissimo di tifare per lui se giocasse in una delle mie squadre del cuore, Atalanta e Inter». Scrolla le spalle Iwobi.
Anche quando lo accusano di essere co-partecipe di un' operazione di marketing politico.
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«Io l' anti-Kyenge? Guardi che sono entrato nella Lega nel 1993, fui tra i primi a prendere la tessera in questo paese e ho quasi 25 anni di esperienza in consiglio comunale».
Dal suo ufficio il sindaco Giovanni Malanchini conferma. «Fu Iwobi a portarmi nella grande famiglia del Carroccio, non viceversa». L' aria è eccitata, i cellulari squillano di continuo: Malanchini, eletto domenica consigliere regionale lombardo con 6.194 preferenze, fa sentire la segreteria del telefono comunale: «Ascolta - dice fiero - prima parte in italiano, poi in bergamasco».
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Del resto, nei suoi due mandati da primo cittadino, ha portato avanti il culto del localismo. «Abbiamo rivisto la toponomastica delle strade, aggiungendo anche i rispettivi nomi bergamaschi originali». Senza contare le strisce pedonali «padane», rigorosamente tinteggiate di verde nel 2010, e una delle prime ordinanze contro i venditori di kebab nel centro del paese.
Dall' altra parte della scrivania, Iwobi annuisce. Anche quando il sindaco apre il discorso sui migranti. «Sono l' 11% dei circa 6000 abitanti di Spirano: 600-700 persone tutte con i documenti in regola.
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Ma i richiedenti asilo non li ospitiamo, mi sono rifiutato di parlarne con il prefetto di Bergamo: non voglio partecipare al business dell' accoglienza e preferisco occuparmi dei miei concittadini che rischiano lo sfratto», dice Malanchini rivendicando pure di non avere nel suo ufficio una fotografia del presidente Mattarella.
La ricetta di Iwobi, dal 2015 responsabile della Lega per l' immigrazione e la sicurezza, è più complessa. E la spiega, tra una stretta di mano e l' altra ai suoi compaesani, dentro al Win Bar Passion. «Come abbiamo scritto nel programma del centrodestra l' Italia deve eliminare la protezione umanitaria, una forma residuale di sostegno per chi non ha diritto al riconoscimento dello status di rifugiato.
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Solo i veri richiedenti asilo siano accolti, gli altri rimpatriati con accordi specifici con le ambasciate o respinti in mare prima dell' arrivo». Tira dritto anche quando gli si fa notare che rispetto al 1976, quando arrivò lui con un visto, è cambiato tutto a partire dalle leggi. «Le richieste di asilo devono essere analizzate in Africa, come sta provando a fare Macron in Niger».
Lo slogan è quello: «Ordine e legalità». Due parole che, con l' agognata ma poco definita flat tax, hanno convinto quasi metà degli abitanti di Spirano: domenica la Lega ha toccato il 46 per cento alla Camera, il 48 per cento al Senato. Dei voti che hanno contribuito a eleggere Iwobi, nonostante fosse terzo in lista al proporzionale.
Ma c' è anche chi scuote la testa. Al bar dei fratelli Zanotti, tra un caffè corretto e una partita a carte, Gerri, classe 1942, rivendica: «Sono stato io a fondare la prima sezione leghista a Spirano. Li ho votati ma l' unica Lega resta quella federalista che sognava Bossi. Cosa c' entra il Sud d' Italia con noi? Loro vogliono l' assistenzialismo e il reddito di cittadinanza». E Iwobi?: «È un bravo ragazzo, ma diverso da noi».
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