Estratto dell’articolo di Rosaria Amato per www.repubblica.it
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L’espressione “bamboccioni” era infelice, e l’allora ministro Tommaso Padoa Schioppa venne molto criticato per averla usata per indicare i giovani italiani che vivono con i genitori. Ma l’intenzione era buona: un contributo per garantire affitti agevolati agli under 30.
Se si fosse proseguito su quella strada forse non ci ritroveremmo, come certifica oggi il Rapporto Annuale Istat, con il 67,4% dei giovani tra i 18 e i 34 anni che vivono con i loro genitori.
Una situazione che nel tempo è peggiorata, 8 punti percentuali in più tra il 2002 e il 2022. Soprattutto nel Mezzogiorno: il livello più alto è il 75,4% della Campania. Mentre nel Centro-Nord, con l’unica eccezione delle Marche (al 74,5%) si scende sotto la media nazionale.
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L’Istat solleva anche un allarme sul benessere dei giovani: si osserva in particolare un peggioramento degli indicatori di salute mentale, soprattutto per le ragazze. L'indice di salute mentale già ridottosi nel 2021 in concomitanza del periodo pandemico (arrivando a 65,9 su 100 tra le ragazze), scende ulteriormente nel 2023 (da 68,2 del 2022 a 66,5).
Naturalmente nessuno oggi oserebbe più parlare di bamboccioni, e non solo per il discredito che ne è venuto a Padoa Schioppa, ma perché i giovani sono la fascia di età meno valorizzata e peggio trattata in Italia.
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A cominciare dal mercato del lavoro, che li penalizza al punto che le condizioni lamentate dai predecessori della “Generazione Mille euro” a molti potrebbero sembrare un miraggio. Per esempio ai tanti intrappolati nel part-time involontario, una condizione che affligge oltre la metà dei lavoratori con contratto a tempo parziale, ma soprattutto giovani e donne.
[…] Senza contare che nelle Regioni in cui c’è il picco di giovani che vivono con i loro genitori c’è anche un tasso di disoccupazione particolarmente alto per quella fascia di età: in Campania e in Sicilia per esempio raggiunge il 30% per la fascia 18-34 anni.
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[…] I giovani, sottolinea l’Istat, sono i principali protagonisti del calo demografico in atto nella società italiana. Nel 2023 in Italia si contano poco più di 10 milioni 330 mila persone tra i 18 e i 34 anni, con una perdita di oltre 3 milioni dal 2002 (-22,9%).
Mentre rispetto al picco del 1994, il calo è di circa 5 milioni (-32,3%). Ma tra “bamboccioni”, Neet (giovani che non lavorano e non studiano) e “cervelli in fuga”, l’Italia trascura con noncuranza questo capitale sempre più prezioso, e sempre più esiguo.