Cesare Zapperi per il "Corriere della Sera"
cristian invernizzi
Il Covid l'ha visto sul volto sofferente di suo padre Fiorino. Medico di base ed odontoiatra che pur avvertito della pericolosità del virus nella primavera di un anno fa, tra marzo e aprile, è finito in ospedale per un mese e mezzo (terapia intensiva compresa).
È anche per questo, da bergamasco che ha vissuto in mezzo allo tsunami che nella sua provincia ha mietuto più di 6 mila vittime, che il deputato leghista Cristian Invernizzi ha un sussulto di rabbia, non sempre facile da trattenere come quando nei giorni scorsi è venuto quasi alle mani con il collega Guglielmo Golinelli che criticava il green pass («adesso basta stupidaggini, avete rotto il ...»),
guglielmo golinelli
quando sente mettere in dubbio la validità dei vaccini o combattere il certificato verde, in versione base o rafforzata. «Mio padre l'abbiamo preso per i capelli, per fortuna - ha raccontato al Corriere Bergamo - ma ho perso degli amici». Quando la tragedia ti sfiora non c'è tempo né voglia di perdersi in teorie da aspiranti scienziati.
«Primum vivere» è il motto che si porta dietro dai suoi studi al Classico. Leghista sì, della prima ora e sempre assolutamente allineato (come quando, in sede di discussione del contestato ddl Zan fece ribollire l'Aula della Camera con quel saluto a «colleghi, colleghe e a chi non ha ancora maturato una chiara identità sessuale...»).
Quarantaquattro anni portati con baldanza, capello lungo e fama da dongiovanni, nella e per la Lega ha fatto un po' di tutto: il segretario provinciale a Bergamo dal 2006 al 2013 (e da pochi mesi è stato nominato di nuovo referente locale), il candidato sindaco nel suo paese natale Arcene nel 2009 (stesso numero di voti con lo sfidante al primo turno, ballottaggio perso per soli 3 voti), assessore alla Sicurezza del Comune di Bergamo dal 2009 al 2013, commissario e segretario regionale della Lega Calabria dal 2019 al 2020.
cristian invernizzi
Nonostante il curriculum a prova di bomba, però, nella vicenda Covid Invernizzi si è ritrovato più sulle posizioni di Massimiliano Fedriga e di Luca Zaia che in quelle del segretario Matteo Salvini, per non parlare di quelle dei no green pass tendenza Claudio Borghi.
«Sono per il green pass e ancora di più per il vaccino. Appena ho potuto l'ho fatto e di corsa» la sua scelta. A chi ha occasione di affrontare il tema con lui, il deputato non si stanca di ricordare che a Bergamo più che altrove, senza bisogno di evocare immagini strazianti, certe posizioni sono inconcepibili, quando non suonano oltraggiose per tanti amici e parenti che non ci sono più.
L'insofferenza c'è, da tempo. Ed è condivisa dai militanti come dai piccoli imprenditori e dagli artigiani che pur votando Lega, e lo sottolineano al deputato, non capiscono l'atteggiamento ondivago del partito. Il litigio di Invernizzi con Golinelli è il segno di una fatica sempre maggiore a comprendere chi strizza l'occhio ai no vax e no green pass, tanto più se crede nei medesimi ideali politici.
matteo salvini
È stata una fiammata, tipica di chi cova la rabbia sotto la cenere. Anche se poi, pubblicamente, deve sempre prevalere la fedeltà. «La Lega è un movimento serio. Si discute ma è il segretario che fa la sintesi». E pazienza se sul green pass ha prevalso un'altra linea.