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    “GUIDARE COME UN PAZZO A FARI SPENTI NELLA NOTTE? QUALCUNO MI HA DETTO DI AVERLO FATTO SUL SERIO…” – MOGOL SCATENATO IN UN LOCALE ROMANO: CANTA I SUOI SUCCESSI (VIDEO), RACCONTA DI BATTISTI E DELLE ACCUSE DI FASCISMO E MASCHILISMO, PARLA DI PAUL McCARTNEY, PETE TOWNSHEND DEGLI WHO, CELENTANO, MANGO - LE METAFORE SESSUALI SULLE “DISCESE ARDITE E LE RISALITE” - IL MISTERO (RISOLTO) DEL “MARE NERO” NELLA CANZONE DEL SOLE – I 50 ANNI DI “UN’AVVENTURA” E IL FILM-MUSICAL: “BELLISSIMO E MAI PREVEDIBILE” - VIDEO


     
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    mogol, gianmarco carroccia e gino castaldo al riverside di Roma

     

    Francesco Persili per Dagospia

     

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    “Guidare come un pazzo a fari spenti nella notte? Il bello è che qualcuno mi ha detto di averlo fatto sul serio”. E come è finita? “Una sbandatina”. Tu chiamale, se vuoi, rivelazioni. Gioca con pensieri, parole e con i ricordi, Mogol, in questa uggiosa serata romana. Al Riverside di Montesacro, non lontano dalla casa in cui abitava Rino Gaetano, va in scena uno spettacolo per celebrare Battisti e le canzoni scritte con Mogol che hanno segnato la storia della cultura popolare italiana. Spalleggiato da Gino Castaldo, giornalista di Repubblica, e dalle incursioni musicali del cantante Gianmarco Carroccia, il Poeta della canzone rammenta i 151 brani scritti e i 523 milioni di dischi venduti nel mondo. “Con me il destino non è stato benevolo, di più”, si schermisce prima di canticchiare (VIDEO) alcuni dei suoi più grandi successi.

    mogol lucio battisti mogol lucio battisti

     

    Gli aneddoti su Paul McCartney che aveva la collezione dei dischi di Battisti e su Pete Townshend degli Who che impazzì per “Emozioni” (“Gli piacque così tanto da chiamare 15 persone che erano lì nell’ufficio: Venite a sentire questo capolavoro”) si mescolano alla verità sull’origine del brano “L’arcobaleno”, cantato da Celentano. “Una medium mi contattò dicendo che Lucio le aveva detto di scrivere una canzone dal titolo “L’arcobaleno”. Poi su un mensile uscì un pezzo in cui si parlava di questo Arcobaleno battistiano. Lo raccontai a Gianni Bella che aveva in mano una cassetta. L’ho messa ed era la musica de “L’Arcobaleno”. A comporla ho impiegato un quarto d’ora, da Milano Nord a Lodi, l’ho dettata perché ero al volante. Ho mandato poi il testo a Celentano che la incise alle 3 di notte, sottovoce, in modo perfetto. La cosa più incredibile – prosegue Mogol – successe 10 anni dopo. Mio figlio raccolse in un cd tutte le canzoni scritte per Mango. Partimmo in auto destinazione Ancona, le ascoltammo e, una volta arrivati, notammo un meraviglioso arcobaleno. La mattina dopo scoprimmo che Mango era morto”.

     

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    Giulio Rapetti, in arte Mogol (pseudonimo che da tempo compare ufficialmente anche sulla carta d’identità) racconta di quel disco di canzoni in inglese “che non funzionò” e non si dà pace per il no di Battisti ai manager americani dei Beatles che gli proposero di fare un giro di concerti negli Usa: “Mi danno solo il 75 per cento dei guadagni”, disse Lucio. “Ma quella fu un’occasione persa”.

     

    La loro “scommessa di libertà” fu snobbata, se non osteggiata, dall’intellighenzia di sinistra. Sorretti da un anelito d’amore e di ricerca continua del cambiamento, si emanciparono dal conformismo ideologico, volarono sopra tutte le accuse, ad iniziare da quella di essere “fascisti”: “La verità è che non parlavamo di pugni chiusi e di “falce e martello” – spiega Mogol - E negli anni ’70 se non lo facevi, eri fascista. Ma né io né Lucio eravamo contraddistinti politicamente”.  

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    “Motocicletta dieci HP/ tutta cromata/ è tua se dici sì” fece arrabbiare le femministe.  L’abbraccio al mondo femminile di “Anche per te” (“Come cazzo ti è venuto in mente un pezzo del genere?”, gli chiede Gino Castaldo) è la risposta che mette a tacere le critiche. “Le donne hanno il 99 per cento della responsabilità della procreazione, e anche quell’1 per cento lasciato agli uomini è molto discutibile, evidentemente sono più affidabili”, il messaggio di Mogol destinato a chi lo accusa di maschilismo.

     

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    “Come può uno scoglio arginare il mare…” Parole che danno forma alla musica, parole che hanno il dono di seguire e svelare il senso profondo delle melodie come in “Io vorrei, non vorrei ma se vuoi” con il testo che accompagna l’altalenante andamento del brano, il volo, le discese ardite e le risalite e la disputata questione sulle metafore sessuali vere o presunte. Risolto, finalmente, il mistero del “mare nero” de “La canzone del sole” al centro di un florilegio di interpretazioni: il buio della coscienza, i mostri dell’inconscio, i turbamenti del sesso, il passaggio all’età adulta? Niente di tutto questo, la spiegazione è più semplice. Il mare è quello di Silvi, in Abruzzo. Nero perché era un po’ sporco al largo. “Il testo della Canzone del sole è nato pensando alle emozioni vissute da piccolo durante le vacanze estive a Silvi Marina. Fu lì che ho dato il primo bacio, a 15 anni…”.

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    Finale a sorpresa con Mogol scatenato sulle note di “Un’avventura”. “Io stonato? Non è vero. Tutto si può imparare. Nasciamo tutti con un talento latente che dobbiamo coltivare”. La canzone, che segnò la prima e unica partecipazione di Battisti a Sanremo nel 1969, dà il titolo 50 anni dopo a un film con la regia di Marco Danieli che uscirà nelle sale il 14 febbraio. Non un biopic alla "Bohemian Rhapsody" ma un musical con le canzoni di Battisti. Mogol l’ha visto e lo ha apprezzato: “Bellissimo e mai prevedibile”. Poi è ancora musica, è ancora "amore fatto solo di poesia". E’ ancora Mogol che canta Battisti. “Domani e sempre, sempre vivrà…”

     

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