RENZI BOSCHI
Maurizio Belpietro per “Libero Quotidiano”
La miglior sintesi del dibattito attorno alla riforma costituzionale che anche ieri ha occupato le prime pagine dei giornali l' ho sentita pronunciare da Massimo Cacciari. Il filosofo travestito da politico - o il politico travestito da filosofo, vedete voi -, intervistato su Canale 5 ha così spiegato la propria opinione riguardo alla legge che abolisce, ma solo parzialmente, il Senato.
BELPIETRO
«La riforma è inguardabile da ogni punto di vista, ciò nonostante voterò Sì». L' ex sindaco di Venezia ha motivato il paradosso con poche ma definitive parole: in caso di vittoria dei No, cioè di bocciatura della legge, Renzi sarebbe costretto a dimettersi e questo sarebbe un guaio per il Paese. Chiaro, no?
Dunque non è in discussione il merito delle modifiche alla Costituzione, se siano cambiamenti utili oppure dannosi, se davvero si risparmino soldi pubblici o se anche in questo caso gli italiani rischino di essere presi per i fondelli, come già è accaduto in passato con l' abolizione delle Province. Né il nocciolo della questione si riduce alla necessità di dare una risposta, dopo 63 governi dormienti, a una richiesta di cambiamento che proviene dall' opinione pubblica.
Niente di tutto questo: a ottobre si vota pro o contro Renzi. Punto. Se il presidente del Consiglio vince, si pappa tutto, istituzioni comprese, così come è stato spiegato più volte. Eliminato il Senato e alcune regole che oggi gli ingombrano il passo, avrà la vita e il governo più facile e potrà nominarsi il capo dello Stato e i giudici costituzionali che più gli piacciono, senza avere più neppure l' imbarazzo di negoziare con qualche alleato.
Può essere un bene, se si ritiene che Renzi sia un bene o faccia il bene del Paese, o anche soltanto se si è convinti che sia indispensabile avere a Palazzo Chigi un condottiero più che un presidente del Consiglio.
FEDERICA GUIDI MARIA ELENA BOSCHI MATTEO RENZI
Se però il premier perdesse il plebiscito su se stesso, gli scenari che si aprirebbero sono altri e incerti. C' è chi ipotizza la cosa più sensata, cioè quella che si dovrebbe fare ogni qual volta si configuri una crisi di governo, ovvero, essendo fino a prova contraria l' Italia ancora una democrazia, andare al più presto alle elezioni, affidando agli italiani la scelta di chi debba guidare il Paese.
Ma alla cosa più sensata si contrappone quella meno sensata, che però guarda caso risulta anche la soluzione che abbiamo visto applicata più frequentemente negli ultimi anni. Caduto il governo, invece di affidare la pratica nelle mani degli elettori, si è scelto di metterla in quelle di un professore e poi, a consultazione popolare avvenuta, in quelle di chi non aveva vinto le elezioni. Uno scenario che a mio parere non ha prodotto risultati apprezzabili, non per l' Italia quanto meno, perché al di là della propaganda sparsa a piene mani tramite tg e giornali, il bilancio dal punto di vista pratico, cioè economico, resta scarso se non sconfortante.
BELPIETRO RENZI
Come dar torto a Cacciari? L' essenza del problema è Renzi. E il referendum sarà un referendum sul suo operato, il primo vero voto a cui verrà sottoposto dopo due anni di governo e a cui, se non ci saranno inquinamenti tipo 80 euro o altre meraviglie, dovrà assoggettarsi. Naturalmente da qui a ottobre molte cose potranno avvenire e tra meno di un mese la più importante saranno le elezioni comunali.
A differenza di quanto fece alle Regionali, il presidente del Consiglio ha finora evitato di impegnarsi in prima persona. Lo si è visto poco a Napoli, a spalleggiare la candidata sindaca, e ancor meno lo si è potuto notare al fianco di Roberto Giachetti, l' uomo scelto dal Pd nella Capitale. Renzi ha evitato anche Torino e Bologna, altre due città che andranno al voto.
CACCIARI
L' unico posto invece dove il premier ha fatto tappa è Milano, a sostegno di Beppe Sala. E il motivo è chiaro: quella nel capoluogo lombardo è l' unica sfida che Renzi non può perdere. Il manager Expo lo ha voluto lui e lo ha scelto anche in netto disaccordo con l' attuale sindaco Giuliano Pisapia. Se Sala perde contro Parisi, dunque, perde il presidente del Consiglio.
Ovvio, Milano è importante, ma non a tal punto da affondare un governo. Eppure, una sconfitta nella capitale economica potrebbe portare a conseguenze anche sulla sfida di ottobre, quella che, come abbiamo visto, è decisiva per il futuro di Matteo, in quanto si vota pro o contro di lui.
I sondaggi dicono che la maggioranza sia favorevole alle riforme e dunque anche a quella del Senato. Ma i sondaggi tacciono una cosa e cioè che sempre di più gli italiani non votano a favore di qualche cosa, ma votano contro qualche cosa, perché essere contro unisce. Non c' è un programma di governo da condividere, c' è solo qualcuno da battere. Al dunque, un plebiscito su Matteo può essere un trionfo o una disastrosa disfatta.
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matteo renzi giuseppe sala