Marco Consoli per “La Stampa”
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Atti impuri. Quale miglior tema potrebbe esserci per l'atteso ritorno in concorso a Cannes di Paul Verhoeven, 82enne regista olandese che nel 1992 ha impresso nella memoria degli spettatori di tutto il mondo il celebre accavallamento di gambe di Sharon Stone e le scene di sesso con Michael Douglas in Basic Instinct e dato poi scandalo cinque anni fa sulla Croisette insieme a Isabelle Huppert con il torbido Elle? È proprio ispirandosi all'omonimo saggio scritto da Judith Brown, che l'autore debutta oggi al festival con Benedetta, davvero atteso, tanto da essere stato programmato per l'edizione 2020, poi annullata per Covid, e riposto in un cassetto fino ad oggi.
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Il film, che si rifà alla «vita di una monaca lesbica nell'Italia del Rinascimento», come da sottotitolo del saggio (edizioni Es), ruota attorno alla figura di Benedetta Carlini (la a star belga Virginie Efira), suora che dopo aver avuto alcune visioni mistiche e ricevuto le stimmate, viene nominata badessa del convento di Pescia (il film è stato girato a Bevagna e in Toscana).
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Un giorno le viene affidata Bartolomea (Daphne Patakia), fuggita alle violenze del padre, ma il rapporto troppo intimo tra le due finisce per sfociare in una relazione sessuale, che allerta la precedente badessa (l'austera Charlotte Rampling) e convince il nunzio di Firenze (Lambert Wilson) che la donna deve essere sottoposta a processo ecclesiastico per blasfemia.
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Tra serpenti sibilanti simbolo del peccato (decapitati dalla spada di Gesù), stelle comete che annunciano sventura, autoflagellazioni e crocifissioni, Verhoeven usa ogni ingrediente possibile per eccitare il pubblico e sfidare la morale cattolica, senza risparmiare nulla in fatto di scene erotiche: le due suore si abbandonano al piacere e Bartolomea per soddisfare la sua amante finisce per intagliare una statuetta sacra e ricavarne un dildo.
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Il festival, che in 73 edizioni ha visto provocazioni a sfondo erotico di ogni tipo, dagli amplessi di Crash a quelli di Antichrist, dalla vera fellatio di The Brown Bunny all'amore lesbico di La vie d'Adèle, non manca neanche quest' anno di proporre scene a base di sesso, a partire dal film d'apertura, l'opera rock Annette, in cui Adam Driver, nel mezzo di uno dei suoi amplessi con Marion Cotillard, le pratica sesso orale per poi alzare il viso e cantare.
Diversi spettatori sono rimasti scioccati di fronte all'audacia di Joanna Hogg che nel film The Souvenir: Part 2, affronta quello che ancora oggi è considerato da molti un tabù: in una scena Honor Swinton Byrne (figlia di Tilda Swinton e John Byrne) fa sesso con Charlie Heaton e lui dopo essersi dedicato al suo piacere la bacia, lasciandole sulle labbra il segno delle mestruazioni.
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Il tema ritorna, ma in una scena onirica, in The Worst Person in the World di Joachim Trier, in concorso, in cui la protagonista, la giovane e bella Renate Hansen Reinsveen (di lei sentiremo parlare), dopo aver ingerito funghi allucinogeni, vede se stessa nuda e invecchiata, attorniata da uomini che la palpeggiano, per poi trovarsi davanti al padre che odia e gettargli in faccia un tampax. Il film farà parlare anche per un altro dei suoi 12 capitoli, intitolato Il sesso orale al tempo del #metoo, in cui la ragazza scrive un breve saggio chiedendosi se si possa essere femminista e al tempo stesso ammettere di provare piacere
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