denis bergamini
Arcangelo Badolati per www.lagazzettadelsud.it
Un delitto quasi perfetto. Con la vittima immobilizzata da più persone e poi soffocata usando una sciarpa di lana. Denis Bergamini sarebbe stato ucciso durante un convulso incontro avuto lungo la Statale 106 ionica, lontano da occhi indiscreti, in territorio di Roseto Capo Spulico. Quella del suicidio sarebbe stata, dunque, una messinscena attuata per celare un omicidio posto in essere usando un indumento destinato a non lasciare tracce evidenti.
Uno strangolamento, infatti, avrebbe provocato ematomi e lesioni chiaramente rilevabili, mentre il soffocamento produce effetti meno visibili. Siccome, però, i «morti parlano» come sanno tutti gli appassionati di medicina legale, la nuova perizia autoptica eseguita sul cadavere del calciatore del Cosenza a 28 anni di distanza dalla morte, ha rivelato elementi determinanti ai ni delle indagini.
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Elementi scientifici che dimostrerebbero l’attuazione di un’azione meccanica di soffocamento. Un’azione posta a cagione del decesso e realizzata con una forza fisica adeguata. Una forza capace di neutralizzare la naturale resistenza, la veemente reazione, di un atleta ventottenne, nel pieno del vigore e perfettamente allenato. Se, dunque, la consulenza depositata ieri al Gip di Castrovillari offre questo quadro e la chiave di lettura dell’evento è da ricondursi ad un omicidio, a soffocare l’idolo della tifoseria rossoblù non può essere stata una sola persona.
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Ciò significa che il procuratore di Castrovillari, Eugenio Facciolla, che conduce personalmente l’inchiesta, ha già messo gli investigatori al lavoro per individuare le persone che in quella tragica sera di novembre del 1989 erano insieme alla vittima. Con Denis Bergamini non vi era solo l’ex fidanzata, Isabella Internò, ma qualcun altro che raggiunse la coppia che s’era inspiegabilmente spostata da Cosenza a Roseto a bordo della Maserati del calciatore. Perché lasciare il capoluogo bruzio alla vigilia di un importante incontro di campionato?
Mai Bergamini in occasioni simili si era allontanato dai compagni di squadra. Perché dirigersi verso un’area della provincia tanto distante? Se la tesi dell’omicidio dovesse trovare definitiva conferma in sede processuale, se ne dedurrebbe che lo spostamento venne ideato e programmato per consentire agli aggressori di sfuggire ad eventuali testimoni. Denis Bergamini era un personaggio notissimo a Cosenza e Rende, facilmente riconoscibile da chiunque. Se qualcuno aveva deciso di “punirlo” non avrebbe certo potuto farlo nell’area urbana bruzia.
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Venne pertanto prima soffocato e poi “suicidato” a 100 chilometri di distanza. In una serata di pioggia e lungo un’arteria stradale lontana e trafficata. Il cadavere del calciatore venne ritrovato in una sera sferzata dal vento di tramontana al chilometro 401 della Statale 106. Denis venne travolto e ucciso da un Tir, sotto il quale - dissero la ex fidanzata e l’autista del mezzo, Raffaele Pisano originario di Rosarno - si era volontariamente lanciato.
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Una tesi che successivamente i giudici della Corte d’appello di Catanzaro fecero propria nella sentenza che mandò in archivio l’inchiesta sul decesso come «morte per suicidio». Nessuno tenne in considerazione le contraddizioni che pur emergevano dalle carte processuali. Donata Bergamini, sorella di Denis, ieri ha detto: «La mia famiglia ha lottato per 28 anni: mio fratello è morto per soffocamento senza se e senza ma. Finalmente si riconosce la verità».
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