Bergoglio sosta davanti al presepe
Paolo Rodari per la Repubblica
Dice di voler «sostenere la bella tradizione delle nostre famiglie, che nei giorni precedenti il Natale preparano il presepe ». E, insieme, «la consuetudine di allestirlo nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri, nelle piazze...».
Papa Bergoglio arriva nel primo pomeriggio al santuario di Greccio (Rieti) dove nel 1223 Francesco di Assisi realizzò il primo presepe vivente della storia con l' aiuto di Giovanni Velita, castellano del paese. E firma la Lettera apostolica "Admirabile signum" con la quale, dopo i mesi di retorica sovranista sul presepe e le conseguenti accuse (mosse al Papa anche dall' estero) di non difendere la tradizione, si riappropria del vero significato dello stesso presepe, «mirabile segno» da portare in tutti i luoghi pubblici, «una genuina forma per riproporre la bellezza della nostra fede con semplicità».
Bergoglio sosta davanti al presepe
È chiaro che per il Papa è una tradizione da promuovere non per imporre la propria identità sugli altri, quanto quale via di «spogliazione» e «povertà». Ed è evidente che, ancora una volta, con le sue parole Francesco si conferma Papa del popolo, vicino alle sue tradizioni: la dimensione di relativismo, ha ricordato non a caso l' altroieri alla Commissione teologica internazionale, rimanga tra i teologi, «ma mai portare questo al popolo, perché allora il popolo perde l' orientamento e la fede».
Bergoglio sosta davanti al presepe
In Vaticano conoscono bene la strumentalizzazione dei simboli religiosi portata avanti negli ultimi mesi da Salvini e altri. Non a caso è Rino Fisichella, presidente della Nuova evangelizzazione, a scrivere in una introduzione al testo della Lettera, pubblicato dalla Libreria editrice vaticana, che «il presepe appartiene a tutti, non può essere strumentalizzato » perché «quel bambino che tende le braccia si lascia abbracciare da chiunque si accosta a lui».
Bergoglio sosta davanti al presepe
Nella grotta del santuario di Greccio, incastonata fra le rocce a 700 metri di altezza davanti alla conca reatina, Francesco si siede, chiude gli occhi e prega in silenzio, come prima di lui fece il santo del quale il 13 marzo 2013, alla fine del conclave, volle prendere il nome. Davanti a lui il silenzio di un dipinto raffigurante il presepe - praesepium , in latino, è la mangiatoia - attribuito a Giotto e del sole che fuori tramonta dietro le montagne.
BERGOGLIO AL PRESEPE VIVENTE
Bergoglio arrivò qui a sorpresa già nel gennaio 2016. Il ritorno ieri, 26 anni dopo la visita di Giovanni Paolo II, è per rifare propria una tradizione spesso bistrattata, insistere su una «pratica» che si augura «non venga mai meno». «Anzi - dice - spero che, là dove fosse caduta in disuso, possa essere riscoperta e rivitalizzata».
BERGOGLIO AL PRESEPE VIVENTE
Francesco passa in rassegna anche i vari segni del presepe illustrandone il significato, dal «cielo stellato nel buio della notte» ai paesaggi, spesso con «rovine di case e palazzi ». Poi gli angeli, la stella cometa, le statuine simboliche, per prime quelle di pastori e mendicanti: «I poveri sono i privilegiati di questo mistero e, spesso, coloro che maggiormente riescono a riconoscere Dio in mezzo a noi», dice.
Bergoglio sosta davanti al presepe
Per Bergoglio, «dal presepe emerge chiaro il messaggio che non possiamo lasciarci illudere dalla ricchezza e da tante proposte effimere di felicità». E ancora: «Nascendo nel presepe, Dio stesso inizia l' unica vera rivoluzione che dà speranza e dignità ai diseredati, agli emarginati: la rivoluzione dell' amore, la rivoluzione della tenerezza».
LA NATIVITÀ È UN VANGELO IN DIALETTO
MARINO NIOLA
Marino Niola per la Repubblica
Il presepe è il Vangelo in dialetto. È la Natività di Cristo spiegata al popolo che la ripete con parole sue. E la trasforma in tradizione locale, memoria famigliare, teatro popolare. Ecco perché ogni paese ne fa la rappresentazione di sé stesso.
BERGOGLIO AL PRESEPE VIVENTE
Un «mirabile segno», lo ha definito papa Francesco, per riproporre con semplicità la bellezza della fede. A cominciare dal primo presepe, quello inventato da San Francesco d' Assisi che la notte di Natale del 1223 vestì gli abitanti di Greccio con i panni dei pastori e dei Magi, di San Giuseppe e della Madonna.
BERGOGLIO AL PRESEPE VIVENTE
Sul presepe le pallide astrazioni della teologia assumono un colorito umano, traducendo in simboli accessibili a tutti il dogma impervio del dio che si fa uomo. E nasce al freddo in una mangiatoia, scaldato dal bue e dall' asinello, due animali sacri alla fatica contadina.
I nostri presepi con le montagne alte, i ruscelli scroscianti, le osterie con i salami appesi e qualche volta con i personaggi dell' attualità in veste di pastori, non somigliano a Betlemme.
Ma è proprio la riambientazione localistica a rendere universale il messaggio di questo giocattolo rituale, a rendere la Buona Novella predicabile in ogni lingua. Così, anche se la location originale è la Palestina, questa Palestina ciascuno se la costruisce a sua immagine e somiglianza. A Napoli con il Vesuvio come sfondo, in Sicilia su una quinta da opera dei pupi, in Trentino su uno scenario alpino.
BERGOGLIO AL PRESEPE VIVENTE
E per la stessa ragione a fare da fondale alle crèches francesi è la Provenza mentre quello delle Krippen tedesche inquadra tanto fedelmente i pascoli della Baviera che sembra di sentire l' odore dell' erba e del latte. Ma per quanto diversa sia la georeferenziazione della sacra nascita, per quanto localistico, folcloristico, etnico sia l' identikit del Bambinello e dei suoi venerandi genitori, sulla scena aleggia quello che Fabrizio de André chiamava «odore di Gerusalemme».
BERGOGLIO AL PRESEPE VIVENTE
Che tiene sospeso il presepe fra fantasia e teologia, utopia e liturgia, in un fermo immagine fiabesco. In fondo è proprio questa natura double face, colta e popolare a fare la fortuna del presepe. Che fa rinascere la Natività come teatro di popolo.
Trasformando il mistero in festa per i grandi, divertimento per i piccoli.
Con l' effetto di rendere quotidiana l' eternità.
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