berlusconi
L'Aula della Camera ha approvato dl Aiuti con 266 voti favorevoli e 47 contrari. Il M5S conferma la linea dura non partecipando al voto e contestando alcune scelte del provvedimento in campo energetico e quella relativa, in particolare, al termovalorizzatore di Roma, considerata una 'forzatura'. "Il nostro sostegno al governo è stato esplicitato con la fiducia.
Oggi per questioni puntuali, pur rilevando l'utilità di parte delle misure ma non valutando bene i metodi, annuncio che il mio gruppo non partecipa alla votazione finale", aveva detto il capogruppo grillinno a Montecitorio, Davide Crippa, durante le dichiarazioni. Una posizione che apre scenari nuovi, con Silvio Berlusconi che ha chiesto una verifica della maggioranza "al fine di comprendere quali forze politiche intendano sostenere il governo, non a fasi alterne e per tornaconti elettorali, ma per fare le riforme e tutelare gli interessi degli italiani".
La settimana politica si è aperta dunque con il voto definitivo al decreto Aiuti alla Camera, dopo il via libera di giovedì scorso alla fiducia posta dal governo. Le tensioni interne alla maggioranza restano alte con il rischio di uno strappo del M5S. Che oggi non ha partecipato al voto finale: un solo deputato pentastellato non ha rispettato l'indicazione, Francesco Berti, che ha invece dato il suo ok come emerge dai tabulati. Intanto, Giuseppe Conte si aspetta una telefonata di Mario Draghi. Tra oggi e domani. Per capire che piega prenderà la crisi, per ora solo minacciata dai 5 Stelle.
CONTE DRAGHI
Il focus si sposta ora a Palazzo Madama dove approderà il provvedimento: in Senato non sono previste votazioni disgiunte rispetto alla questione di fiducia. Resta da capire se i pentastellati si asterranno o se lasceranno l'emiciclo. Mentre Giuseppe Conte attende un segnale da Mario Draghi, o meglio "risposte concrete" alle nove richieste che i grillini hanno avanzato al premier per capire se continuare a far parte del governo.
GIUSEPPE CONTE DOPO L INCONTRO CON MARIO DRAGHI
Per il momento, il M5S ha confermato la linea dura alla Camera. Al decreto Aiuti - dopo il sì alla fiducia della scorsa settimana - i deputati grillini hanno lasciato l'Aula non partecipando al voto di oggi sul testo del provvedimento. L'orientamento dei grillini era emerso la settimana scorsa in occasione del voto di fiducia a Montecitorio: per i 5S restano le criticità per la norma sull'inceneritore di Roma, la stretta sul reddito di cittadinanza (voluta da Lega e Forza Italia e inserita con l'ok in commissione a due emendamenti) e la responsabilità solidale sul superbonus, che i grillini mirano a eliminare (l'ipotesi è un intervento nel primo provvedimento utile, come il dl semplificazioni fiscali, anche se la misura costerebbe circa 3 miliardi e finora Mef e palazzo Chigi hanno frenato).
Differenza voto alla Camera e al Senato
giuseppe conte dopo l'incontro con draghi
Il banco di prova appunto sarà al Senato, dove giovedì approderà il decreto Aiuti. Il M5S, che aveva annunciato l'astensione sul provvedimento, ora deve decidere come votare a Palazzo Madama. Il regolamento dell'Aula del Senato infatti prevede un voto unico, su fiducia e provvedimento insieme (a Montecitorio invece è ammesso il voto disgiunto, prima fiducia a poi testo). Dunque, la questione per i 5 Stelle e per il governo di conseguenza sono destinate a complicarsi al Senato, dove il decreto è atteso questa settimana ma il voto finale è unico.
Incognita 5S
Il partito di Giuseppe Conte non potrà quindi replicare le modalità di voto annunciate a Montecitorio. Il ministro Stefano Patuanelli, capo-delegazione dei 5 Stelle nell'esecutivo, nel colloquio con Repubblica, non ha nascosto che il Movimento potrebbe optare per l'uscita dall'Aula. Ipotesi che in passato, per la verità, ha portato a provvedimenti duri come l'espulsione di alcuni parlamentari da M5S.
GIUSEPPE CONTE E MARIO DRAGHI
L'incognita sul voto tra i grillini è alta, così come i rischi per il governo, nel caso non incassasse la fiducia al Senato. E in queste ore si sta allargando il fronte a sostegno dell'esecutivo di Mario Draghi di chi, da destra a sinistra, sostiene che sia da irresponsabili fare cadere il governo in un momento di emergenza, economica e geopolitica, come quello attuale. Per ora, tra le principali ipotesi in campo c'è quella che i senatori pentastellati abbandonino l'Aula durante il voto: un escamotage per non dire sì al dl senza sfiduciare formalmente il governo.
No alla fiducia al Senato, conseguenze legali per i 5S
Ma non votare la fiducia al dl aiuti al Senato potrebbe avere persino contraccolpi legali per il Movimento. Lorenzo Borré, il legale che da anni ormai dà filo da torcere ai 5 Stelle, rimarca come molti parlamentari pentastellati - il primo è stato Gregorio De Falco - siano stati espulsi dal partito per violazione della clausola del codice etico che impone il voto di fiducia a governi il cui premier 'sia espressione del Movimento'. Non votare la fiducia, per l'avvocato, si tradurrebbe in una violazione delle regole M5S di fatto perseguibile. Per Borré, se il Movimento non partecipasse al voto di fiducia, "il Collegio dei probiviri dovrebbe espellere - per coerenza e rispetto delle regole interne - tutti coloro che non parteciperanno al voto, venendo meno il gruppo parlamentare del M5S al Senato.
INCONTRO DRAGHI CONTE - VIGNETTA BY ROLLI
Attesi contatti tra Draghi e Conte
È probabile che prima del voto al Senato si possa tenere un nuovo incontro tra lo stesso Conte e il presidente del Consiglio, come fatto trapelare da Palazzo Chigi, dopo il primo faccia a faccia della settimana scorsa.
Le reazioni
La mossa dei grillini non è proprio piaciuta a Berlusconi, che dopo aver richiesto una verifica della maggioranza, ha aggiunto: "Il Movimento 5Stelle, dopo un logorìo politico prossimo all'accanimento, ha deciso di disconoscere un provvedimento fondamentale per il Paese, come il dl Aiuti, e si appresta a non votarlo alla Camera dei deputati dopo aver dato la fiducia al governo - ha dichiarato poco prima del voto di Montecitorio - Si tratta di un atto di schizofrenia politica e soprattutto di un vulnus grave che rende palese un deficit di responsabilità e serietà.
BEPPE GRILLO - GIUSEPPE CONTE - MARIO DRAGHI - BY EDOARDO BARALDI
D'accordo con il suo leader, anche il capogruppo azzurro Paolo Barelli: "Si è verificato un fatto eccezionale per non dire grave: si è stati chiamati per un voto finale su un provvedimento che prevede 20 miliardi per le famiglie ed uno dei partiti di maggioranza non ha partecipato al voto. Questo non è un provvedimento qualsiasi ma siamo in un momento di grave crisi. Le motivazioni di Crippa assomigliano di più a quelle di un partito di opposizione".
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