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    GLI ASSISTENTI VOCALI CI ASCOLTANO ANCHE QUANDO NON SONO ATTIVI? - I SOFTWARE CHE INTERPRETANO IL LINGUAGGIO SONO STATI ACCUSATI DI VIOLARE LA NOSTRA PRIVACY MA CI "SPIANO" DAVVERO? - I DISPOSITIVI RACCOLGONO MOLTI DATI PERSONALI, COME IL NOSTRO NOME, LA NOSTRA POSIZIONE E L'INDIRIZZO IP, MA PER ESSERE ATTIVATI BISOGNA PRONUNCIARE UNA "PAROLA D'ORDINE" SENZA LA QUALE RESTANO SPENTI - TEMETE CHE SIRI O ALEXA VI ASCOLTINO? PREOCCUPATEVI DI COSA LASCIATE IN GIRO PER IL WEB…


     
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    Giuditta Mosca per www.ilgiornale.it

     

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    Tecnologia e privacy sono due facce della medaglia, un matrimonio combinato non esente da bisticci e incomprensioni.

     

    Guido Scorza, avvocato e membro del collegio del Garante per la protezione dei dati personali, è tornato a parlarne in un’intervista rilasciata al Messaggero, concentrandosi sugli assistenti vocali, ovvero Alexa di Amazon, Google ma anche quelli che usiamo su computer e dispositivi mobili, come Cortana (di Microsoft) e Siri di Apple e, ovviamente, ancora una volta quello di Google nella sua versione per smartphone o tablet.

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    I RISCHI

    Sono tecnologie che raccolgono tanti dati personali, sottolinea Guido Scorza, con conseguenti problemi per la privacy. Sono dispositivi che raccolgono il nome dell’utente, la sua posizione (o quella del dispositivo mobile), il numero di telefono e l’indirizzo Ip. Più questi assistenti sanno di noi, più diventano efficienti. In alcuni casi imparano anche dalle nostre abitudini, soprattutto se associati a dispositivi intelligenti come, per esempio, i termostati.

     

    COSA C’È DI VERO

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    È anche vero che parte di ciò che registrano, tra conversazioni che abbiamo con gli assistenti vocali, l’elenco della navigazione web e tutto ciò che è associato ai relativi account utilizzati. Ogni assistente vocale necessita di un profilo utente: Alexa vuole un account Amazon, Cortana ne esige uno Microsoft e così fanno Google e Apple.

     

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    I produttori negano di utilizzare i rispettivi assistenti come “spie anti-privacy”, ma ci sono argomenti per relativizzare queste garanzie. Amazon sostiene di ascoltare l’1% circa dei comandi vocali mentre Google dice che i propri impiegati ne ascoltano meno, circa lo 0,2%, al fine di migliorare i servizi che sono in grado di offrire. C’è da credere però che anche la più piccola ingerenza sia fatta con lo scopo di profilarci a fini commerciali.

     

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    Il timore espresso da più fonti è che questi assistenti ci ascoltino anche quando non dovrebbero, ovvero quando non li abbiamo autorizzati a farlo pronunciando quella che viene definita wake word, la parola con cui li attiviamo (OK Google, Alexa, Cortana, Ehi Siri…) e, in questo caso, occorre sfatare un mito.

     

    I FALSI MITI

    La convinzione che gli assistenti vocali ci ascoltino sempre è fuorviante per due motivi su tutti. Il primo è che non c’è evidenza che ciò sia vero: i test fatti suggeriscono che non svolgano attività di rilievo in ambienti poco rumorosi, anche se i medesimi esperimenti hanno notato una maggiore ingerenza nella privacy da parte di diverse applicazioni per Android soprattutto in ambienti più rumorosi. Succede che gli assistenti vocali si attivino quando pronunciamo parole simili alle wake word e ascoltino per qualche attimo prima di capire che si è trattato di un errore.

     

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    Il secondo motivo dovrebbe fare riflettere: lasciamo così tante informazioni su di noi in Rete da rendere inutile l’ascolto di ciò che diciamo. I Big del tech sanno già tutto di noi: il nostro nome e cognome, il nostro indirizzo fisico e quello Ip, quale professione svogliamo, i nostri orari di lavoro, con quale mezzo ci spostiamo e quanto tempo impieghiamo per raggiungere il luogo in cui lavoriamo.

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    Conoscono il nostro orientamento politico, i luoghi che frequentiamo con maggiore piacere o frequenza, a casa di chi andiamo o chi ospitiamo in casa nostra. Sono decine di migliaia le categorie nelle quali i nostri gusti e le nostre peculiarità vengono archiviate (ci sono anche categorie in cui vengono inseriti i profili più difficili da profilare). A che pro ascoltare, violando così pesantemente i principi della privacy e incappare in ammende salate se non ce n’è bisogno?

     

    TRA FIDUCIA E DIFFIDENZA

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    Avere piena fiducia è indicato in pochi casi, soprattutto quando si parla di tecnologie il cui funzionamento ci sfugge nella sua totalità. L’atteggiamento inverso, ovvero la diffidenza a prescindere, è altrettanto controindicata. Le tecnologie ci aiutano a vivere meglio e rifuggirle a priori è un’autorete.

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     Non ci sono soltanto gli assistenti vocali, dei quali abbiamo fatto a meno per secoli e potremmo tranquillamente continuare a fare a meno, ci sono tecnologie abilitanti che creano vero progresso, aumentano la sicurezza degli individui e ne coadiuvano anche l’inserimento sociale. Il rischio paranoide è di diventare come la Cina che di quando in quando fa la guerra a Tesla perché convinta che le automobili svolgano attività di spionaggio.

     

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    I RIMEDI

    Vige una regola orizzontale, quindi applicabile a qualsiasi tecnologia di consumo: vale per i social network così come per gli assistenti vocali, per le email e per qualsiasi altro mezzo di comunicazione moderno. Non dire mai quello che non si direbbe in un ascensore davanti a estranei. Fare parte della società senza ricorrere agli strumenti di comunicazione che la tecnologia ci mette a disposizione è utopico, ma usarli con discrezione e saggezza no.

     

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