Massimo Franco per il “Corriere della Sera”
VIGNETTA GIANNELLI - GIORGIA MELONI E SILVIO BERLUSCONI
Sembravano critiche del passato remoto, quelle che Silvio Berlusconi aveva rivolto a Giorgia Meloni solo pochi giorni fa. E così le parole dette ai parlamentari di Forza Italia in favore di Vladimir Putin sulla guerra russa contro l'Ucraina. Il modo in cui ieri l'ex leader del centrodestra ha parlato tornando dopo nove anni di assenza forzata in Senato è stato un tentativo di cancellare le tensioni recenti; e di ritagliarsi il ruolo di padre politico del governo, con un intervento tutto rivolto agli anni in cui a Palazzo Chigi sedeva lui: una stagione di «miracoli» anche in politica estera, nella sua narrativa.
berlusconi meloni salvini alle consultazioni
E sempre, ha sostenuto, nel segno dell'europeismo e dell'atlantismo. È un modo per tentare di chiudere settimane roventi con la nuova premier; di fugare il sospetto che non abbia accettato ancora il ribaltamento dei rapporti di forza nel «suo» centrodestra; di far dimenticare la sbandata filo-Putin che ha acuito i sospetti sui rapporti con il presidente della Federazione russa, e messo in imbarazzo l'intera maggioranza; e di accreditare la vittoria del 25 settembre come punto finale dell'atto di fondazione del centrodestra, ventotto anni fa.
meloni berlusconi salvini al quirinale
Senza quell'inizio, è sembrato dire, neanche Meloni sarebbe mai arrivata alla presidenza del Consiglio. Un'impostazione molto berlusconiana, che tende a ridimensionare la rottura che il cambiamento degli equilibri nel suo schieramento ha provocato. Celebrando il passato, Berlusconi tende a farlo sopravvivere insieme con una stagione ormai finita. Rivendica una continuità che il voto del 25 settembre ha, se non sbriciolato, di certo archiviato.
La stessa verità «politica» secondo la quale il centrodestra è sempre stato unito appare funzionale a questa ricostruzione: dimenticando che se Meloni e il suo partito hanno vinto le elezioni, è stato anche perché sono rimasti all'opposizione dei governi degli ultimi anni, mentre sia la Lega, sia FI ne hanno fatto parte; prima divisi, poi insieme. Ma per un politico che cerca di ritagliarsi il ruolo di «padre nobile» di una maggioranza ormai egemonizzata dalla destra, l'unità è un mantra da riaffermare a ogni costo.
meloni salvini berlusconi al quirinale
Ancora di più ora che il virus della divisione sta colpendo anche FI, mettendo in discussione implicitamente la leadership del Cavaliere. L'unica arma che rimane è assecondare e piegare l'agenda dell'esecutivo anche senza avere ottenuto di inserire propri esponenti in alcuni ministeri per lui strategici.
L'insistenza sul rispetto della libertà, sull'abbassamento delle tasse, su una riforma in chiave garantista della giustizia, sono richieste che un Berlusconi indebolito e legittimato solo dal suo ruolo passato rivolge a una premier rafforzata dal voto; e con la quale vuole e sa di dovere ricucire i rapporti. L'operazione, almeno ieri, è riuscita. Ma forse sarebbe meglio dire che è cominciata, e alle condizioni di Meloni.
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