Ivan Zazzaroni per il Corriere dello Sport
tottenham mourinho smartphone
M a cosa fanno i calciatori - non tutti, troppi - a fine partita, una volta rientrati nello spogliatoio? La doccia? Con calma . Si preparano ad ascoltare il discorso dell’allenatore? Dipende . Scambiano due parole con i compagni di squadra? Raramente. Brindano alla vittoria e, in caso di sconfitta, si consolano con Stock 84? Un tempo.
Accendono lo smartphone, controllano i commenti sui loro profili Instagram e sempre più spesso postano qualcosa a uso e consumo di follower, siti e giornali. Reagiscono, polemizzano, si irritano. Comunicano.
Molti allenatori si lamentano di questa nuova e intollerabile distrazione. Aggiungendo di non poter far e nulla per evitarla: manca una regola comune. L’Nba, ad esempio, ha deciso per tutti vietando ai tesserati di frequentare la rete nelle ore immediatamente successive alla partita e ancor prima di aver parlato con la stampa. Ma noi non siamo negli Stati Uniti: noi siamo italiani.
ivan zazzaroni
Servirebbe probabilmente l’ennesima donna energica (altro non si può dire), una come Elena Ugolini, preside del Liceo Malpighi di Bologna, che ha vietato di portare i cellulari in classe e se n e è fregata d i reazioni e proteste. «Gli smartphone - ha stabilito - saranno consegnati a un insegnante all’arrivo a scuola, custoditi in sicurezza e restituiti solo al termine di tutte le lezioni».
Visto che il coraggio è arrivato fino alla porta dell’aula scolastica - dicono i tecnici - lo si usi anche all’ingresso degli spogliatoi, restituendo al post-partita la perduta, irrinunciabile sacralità.
QUELLA VOLTA ALLO UNITED: ROY KEANE COME JACK NICHOLSON IN "SHINING"
Da sport.sky.it
liverpool smartphone
Il difensore catalano ricorda il periodo di Manchester, in cui condivise lo spogliatoio con Roy Keane, paragonando il centrocampista irlandese al Jack Nicholson di Shining. Piqué aveva 17 anni quando lasciò Barcellona per firmare un contratto con i Red Devils, era il 2004. Il giovane difensore si trovò in un gruppo con personalità come Rio Ferdinand, Ruud van Nistelrooy e Ryan Giggs, uno spogliatoio con delle regole ferree, di cui Piqué non era a conoscenza.
L’aneddoto raccontato al Players’ Tribune è esilarante, nella sua drammaticità. Piqué riavvolge il nastro della sua carriera e torna indietro nel tempo con la memoria, ricordando quel pre-partita dello United: “Immaginatemi, io 18enne in quello spogliatoio in cui eravamo tutti vicini, mi stavo infilando i calzettoni e non mi sembrava vero di avere attorno Giggs, van Nistelrooy… e al mio fianco c’era Roy Keane.
ROY KEANE SHINING
Eravamo troppo vicini, le nostre gambe quasi si toccavano, non c’era spazio. Nel silenzio più assoluto, all’improvviso, si sente una vibrazione. Bzzzzzz…. Bzzzzz…. Oh cavolo. Capisco subito che è il mio cellulare. Avevo lasciato la vibrazione e il telefono è nella tasca dei miei pantaloni, che sono nella mia borsa posizionata giusto dietro la testa di Roy.
Lui non riesce a capire da dove provenga quel rumore, si aggira come un maniaco, i suoi occhi puntano a destra e a sinistra e mi sembra di vivere la scena di Shining in cui Jack Nicholson fa capolino da dietro la porta. Si mette a urlare: “Di chi è il telefono?!”. Silenzio. Nessuno risponde e torna a chiedere inferocito di chi fosse quel telefono. Al che io rispondo, mestamente: “Chiedo scusa, è il mio”. Roy impazzì, perse la testa e io imparai la lezione. Adesso, nel 2018, tutto è cambiato: tutti questi ragazzini attaccati ai loro iphone prima della partita. È un mondo diverso.
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