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    UN CAV IN TONO MINORE - BERLUSCONI RISCHIA UN FINALE ELETTORALE SENZA BOTTI E TEME DI RESTARE OSTAGGIO DELLA CAMPAGNA AGGRESSIVA DI SALVINI - NIENTE CONFRONTI TV AL SANGUE (COME CON SANTORO E TRAVAGLIO), TONI PACATI E “POMPIERE” DELLE SPARATE DI LEGA E FRATELLI D’ITALIA


     
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    Ugo Magri per “la Stampa”

     

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    Non c' è nulla di più frustrante che trovarsi a un passo dal podio senza riuscire a salirci sopra. Berlusconi sta vivendo personalmente questo dramma. Si batte come nemmeno i nostri atleti alle Olimpiadi, eppure manca sempre all' appello quel milione di voti che garantirebbero al centrodestra la maggioranza assoluta nel nuovo Parlamento. Anzi, più passano i giorni e meno speranze restano di colmare il gap.

     

    Potrebbe essere la salvezza di chi, come Renato Brunetta, ha scommesso talmente tante cene con gli amici, che in caso di vittoria rischierebbe la colecisti. Per Silvio invece sarebbe l'ultima occasione della vita, buttata al vento. Ecco perché scruta nervosamente i sondaggi (farli è permesso, pubblicarli vietato) domandandosi quale altro coniglio potrebbe estrarre dal suo cilindro, avendone già tirati fuori una quantità.

     

    VIETATO OSARE

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    Guai a sottovalutare Berlusconi, che fu protagonista di rimonte mostruose. Non a caso nel suo mondo ancora sperano nel «botto» finale, magari alla prossima comparsata da Vespa. Però sulla «flat tax» il Cav ha già saturato l'etere, idem su posti di lavoro, pensioni e condoni. Insistendo, verrebbe a noia. Perfino la barzelletta più divertente, a lungo andare, stufa. E qui vengono al pettine i nodi di una campagna elettorale berlusconiana fondata solo su promesse, promesse, promesse.

     

    Nell' poca d' oro non funzionava così. C'era una strategia propagandistica di cui si sono smarrite le tracce. I due pilastri propagandistici erano i celeberrimi poster 6 metri per 3 e gli slogan scientificamente studiati con l'obiettivo di fare tendenza («Meno tasse per tutti» fu il più riuscito). Ma i cartelloni per strada ormai costano troppo; e la fabbrica degli slogan è stata messa in liquidazione.

    BERLUSCONI SALVINI BERLUSCONI SALVINI

     

    Una volta Berlusconi sapeva osare in tivù, scatenando ondate emotive che accendevano su di lui i riflettori e costringevano gli avversari a combattere sul suo terreno. Nel 2013 per poco non vinse, sfidando Travaglio da Santoro, cioè nella tana del lupo, e poi cercando la rissa in altre trasmissioni sempre con l'obiettivo di fare il massimo fragore. Stavolta invece ha scelto di non rischiare, o qualcuno ha deciso per lui.

     

    Niente più confronti all'adrenalina, zero sfide tivù, soltanto interviste col «gobbo» (dove si legge guardando la telecamera in una finta spontaneità). Col risultato che ieri, mentre Salvini sceneggiava in piazza il suo giuramento da futuro premier (e chissà Mattarella come l'avrà presa), Berlusconi si esibiva in un paio di trasmissioni innocue, ma senza lo smalto del tempo che fu.

    MUSUMECI SALVINI MELONI BERLUSCONI MUSUMECI SALVINI MELONI BERLUSCONI

     

    Chi si intende di comunicazione vede Silvio mediaticamente surclassato da Matteo, costretto a minimizzarne le sparate, in molte circostanze a inseguirlo, e sempre a mostrare un volto condiscendente. Risultato: Berlusconi cessa di essere l'ancoraggio al buonsenso, il nemico degli eccessi, la garanzia dei moderati. Per quieto vivere con Salvini, ne può sembrare l'ostaggio.

     

    TRA BONINO E MELONI

    A frenare la rincorsa provvedono gli alleati. Giorgia Meloni, per esempio, cavalca a briglie sciolte la voce (segnalata da Francesco Verderami sul «Corsera»), secondo cui Berlusconi punterebbe su Emma Bonino per mettere insieme una maggioranza, casomai mancassero un po' di voti, offrendole nientemeno che la guida del governo.

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    La diretta interessata smentisce, parla di «stronzate», ma la Meloni ne profitta sadicamente per chiedere a Silvio chi metterebbe a Palazzo Chigi, lo svelasse una volta per tutte. Il guaio è che, se facesse un nome, Berlusconi perderebbe consensi: la sua gente si aspetta che governi lui, altro che sostituti. Per cui l'ex premier dice e non dice, traccia l'identikit di Antonio Tajani ma senza darlo per certo, deve restare ambiguo quanto basta per non deludere i propri fan. E il tormentone continua.

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