Filippo Facci per “Libero quotidiano”
filippo facci
La morale è che Milano se ne fotte, tutti ieri passavano dappertutto (a piedi) e non c' è negozio che abbia abbassato le serrande: non in questo pomeriggio fasciocomunista in cui mancavano i fasci e pure i comunisti, anche se qualche cialtrone non poteva mancare.
Abbiamo fatto la spola tra Piazza Moscova (presidio antifascista) e Piazza Cairoli (comizio CasaPound) e non abbiamo visto neppure le "tensioni" e gli "scontri" che hanno preluso al solo e unico tafferuglio che ha fatto titolo: una carichetta di alleggerimento dei celerini per arginare un gruppetto che non avrebbe sfondato neanche la carta velina, ma che si è avvicinato troppo al cordone dei poliziotti nell' improbabilissimo tentativo di improvvisare un corteo in direzione del nemico fascista.
Tra l'altro dalla parte sbagliata, perché il nemico era a Sud (CasaPound, o anche il comizio di Salvini in Piazza Duomo) e loro, tra le sei vie possibili, hanno scelto proprio via Volta, che li avrebbe allontanati verso Nord. L'antifascismo senza bussola.
VIGNETTA GIANNELLI - LA MARCIA ANTIFASCISTA DI RENZI E GENTILONI
Largo La Foppa, ore 14.15. Non drammatizzeremo il "presidio antifascista" nel tentativo di allertare lettori ed elettori. Il presidio era una babele inoffensiva eccezion fatta per una sparuta marmaglia di coglioncelli, gente arrivata molto più tardi e sprovvista, oltreché di bussola, anche di orologio: perché il finto tentativo di sfondare e improvvisare un corteo (verso il nemico) l'hanno fatto quando i comizi del nemico era già finiti, cioè verso le 16. Tutto il resto è stato un happening e c'era anche gente inoffensiva e gentile, benché fuori dal tempo.
VECCHIERELLI E SNOB
I primi a sfoderare striscione e bandiera sono stati i vecchierelli di Potere al Popolo, facce da grappino e briscola, poi gli snob dell'Associazione Italia-Cuba che erano sicuramente i meglio vestiti di tutti, addirittura con pelliccette ecologiche: uno di loro, giovanissimo, esibiva un cartello formato A3 (CasaPound è fuorilegge: questo dicevano più o meno tutti i cartelli) e ci teneva a far sapere che lui sfilava con Potere al Popolo, sì, ma da dissociato. Non si faticava a credergli. Un paio di tizi circolavano rasati e col bomber e gli anfibi, insomma, sembravano skinhead: «Se va male, cambio piazza» scherzava uno. Ma altri guardavano storto.
scontri tra polizia e anti fascisti a milano 4
«C'è puzza di topi di fogna nell'aria», diceva una ragazza chiaramente rivolta allo scrivente, accompagnata dal compagno e dal figlio sui dieci anni; «la tua presenza è una provocazione» le faceva eco lui. Ma sono eccezioni, cogli altri si chiacchierava: che fossero della Sinistra Rivoluzionaria o del Partito Comunista dei Lavoratori o anche solo del Partito Comunista con falce e martello.
Niente male neppure il personaggio che ci ha consegnato un volantino del Partito Comunista Internazionale: spiegava che «Il fascismo c'è già, si chiama democrazia». E mentre le camionette della polizia bloccavano tutti gli accessi motorizzati, ecco un camioncino con scritto «a noleggio» che scaricava musica reggae/funk e qualche ragazzotto che si sentiva molto al centro delle cose.
IN PASTICCERIA
scontri tra polizia e anti fascisti a milano 3
Dopo un po' è partito un comizio antifascista, o qualcosa del genere, e tutti guardavano verso il camioncino ma non si capiva chi fosse a parlare: infatti - mistero - i comizianti parlavano da dentro il camioncino. Boh. I discorsi erano tutti contro il ministro Minniti, Salvini, la Meloni, soprattutto Simone Di Stefano di CasaPound. Il presidio antifascista aveva ragione di essere perché «non si poteva permettere un sabato nero».
Ad anticipare i fumogeni, verso le 14.45, un clamoroso odore di marjuana, sempre in zona camioncino. Un senegalese vendeva cartine da una bancarella montata sulla bicicletta. E mentre cominciava a suonare l'attesissimo gruppo degli "Ottoni a scoppio", la vicina pasticceria Panariello non solo non serrava, ma faceva affari d'oro. Pane al popolo, ma anche brioches con la marmellata. Dopodiché ci siamo spostati - con la motoretta - in direzione CasaPound.
QUADRATI E DISCRETI
scontri tra polizia e anti fascisti a milano
Piazza Cairoli, ore 15.15. Che poi sarebbe Piazza Beltrami, a esser precisi: ecco l'ordinatissimo, quadrato, discreto, svizzero comizio di CasaPound. Tutto un altro colore - non necessariamente nero - ma qualcosa di cui è difficile scrivere, ora, per mancanza di fronzoli. C'era un servizio d'ordine di ragazzini perbene (all' apparenza) con la pettorina rossa, uno sfondo con scritto "Difendi Milano" e gente ferma immobile ad ascoltare.
Ha parlato prima Angela De Rosa (non proprio una trascinatrice) e poi, a braccio - non alzato - il candidato premier e segretario Simone Di Stefano. Presenti: non più di 250, tutti d'accordo nel non rinnegare le radici fasciste di CasaPound e la discendenza dal Movimento Sociale Italiano, «la cui storia si è conclusa nel 1994 per colpa di Fini».
Parole contro la Meloni, la Boldrini, Grasso, Berlusconi, non mancava nessuno: Di Stefano ha detto che dopo le elezioni si farà un governo tecnico e che lo "Ius Soli" sarà la prima cosa di cui si occuperà. «Faremo volare le sedie da una camera all' altra», ha tuonato Di Stefano aggiornando il «bivacco di manipoli» in cui ridurre il Parlamento: ma poi ha sdrammatizzato spiegando che le sedie dell' emiciclo sono agganciate al pavimento, che i giornalisti non si spaventassero.
scontri tra polizia e anti fascisti a milano
LE FOTOGRAFIE
Intanto c'era anche gente che non c'entrava niente, che curiosava e chiacchierava. Un gruppetto di fascio-alpinisti era tutto preso in una focosa discussione. Uno dei più simpatici e appassionati si era fatto 11 anni di galera per gli incidenti del giovedì nero di Milano (1973) in cui perse la vita un agente di polizia. Fuori dalle transenne, all' inizio del comizio, qualche tizio "dei centro sociali" faceva foto: «Lo fanno per schedarti e poi beccarti da solo, come negli anni Settanta». Fine del comizio, tutti a casa ordinatamente.
PETARDI E MANGANELLI
Largo La Foppa, ore 16. Eccoci ancora nel presidio antifascista, che intanto era almeno quintuplicato (almeno 2000) e che, proprio mentre arrivavamo, fingeva di voler sfondare il muro di polizia: un petardo, un inutile fumogeno, due canotti gonfiabili cui poggiarsi per sfondare (portati dal camioncino, ma rivelatisi controproducenti) e manganellate che andavano a farfalle.
Poi un elicottero della Polizia che circolava continuamente sopra la piazza (accolto dal grido «merde») e gruppi di studenti che stavano ancora progettando di invadere il comizio di CasaPound, ma non sapevano che era finito.
Quando gliel' ho detto ci sono rimasti male, poi mi hanno riconosciuto e non mi hanno più parlato. Sopra a uno striscione, piazzato proprio davanti al cordone di polizia, c' era la foto in bianco e nero con alcuni neri impiccati dall' esercito italiano (durante la Seconda guerra mondiale) e, affianco, un' immagine a colori di altri neri dietro a delle sbarre. C' era molta più tensione rispetto all' inizio, e anche molta più gente: ma mancava l' antagonista, il nemico, e i comizi ormai erano finiti. «È finita, no?» ho chiesto a un comunista generico; «no no, potrebbero arrivare altri centri sociali»; «a fare?»; «a tirare bottigliate»; «ma a chi, scusa?»; «come a chi? Al nemico»; «chi?»; «la polizia». Ma non è venuto nessuno, tranne l' imbrunire.