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    ''BEVI LACRIME, SANGUE E ALCOL''. MA ALLORA LA MAFIA NIGERIANA ESISTE! (E LO SCRIVE PURE ''REPUBBLICA'') - DUE PENTITI PORTANO ALL'ARRESTO DI 13 NIGERIANI A PALERMO. VIDEO: IL RITO DI INIZIAZIONE, ''APRI LA BOCCA, CHIUDI GLI OCCHI, INGOIA INGOIA INGOIA! GIURO DI SOSTENERE LA CONFRATERNITA EIYE'' - PORRO: ''CHI PARLAVA DI MAFIA NIGERIANA VENIVA INSULTATO, SEMBRAVA CHE VOLEVAMO ATTACCARE L'ACCOGLIENZA. MA SUI BARCONI CI SONO PURE I DELINQUENTI''


     
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    GLI ARRESTI DELLA MAFIA NIGERIANA A PALERMO

    https://palermo.repubblica.it/cronaca/2019/04/04/news/mafia_nigeriana_palermo-223215942/?source=AWI_DISPLAY&awc=15069_1554455941_078c71fda1799dfc7e2d79fb46fe37e1#gallery-slider=223250234

     

    1. I SEGRETI DELLA MAFIA NIGERIANA «BEVI LACRIME, SANGUE E ALCOL»

    Valentina Raffa per ''il Giornale''

    mafia nigeriana mafia nigeriana

     

    Botte e schiaffi. Seguono lamenti e ancora rumore di schiaffi, mentre gli altri cantano una canzone dal sapore rituale tribale, con evocazioni spirituali che richiamano il «volo», «l' aria» e «gli uccelli». Servono lacrime e sangue per giurare fedeltà alla mafia nigeriana. Il battesimo del nuovo «Bird», l' adepto del clan «Eiye» di matrice cultista, con base operativa nel quartiere storico di Ballarò, nel cuore di Palermo, clan sgominato dalla Squadra mobile palermitana, coordinata dalla Dda, è un rito doloroso quanto disgustoso visto che l' adepto deve bere un intruglio senza fiatare, così come in rispettoso silenzio dovrà eseguire gli ordini, senza palesare rimostranze. È in ballo la sua vita.

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    È diventato il nuovo schiavo dei membri più anziani del clan mafioso e, come tale, non ha diritti.

     

    Due pentiti nigeriani, reduci da contrasti in ordine al comando del clan, vuotano il sacco e ogni singolo particolare raccapricciante raccontato agli inquirenti viene confermato dalla registrazione di una microspia piazzata ad hoc dalla Mobile che, con l' operazione «No Fly Zone», ha disarticolato il sodalizio mafioso ramificato su tutto il territorio nazionale, arrestando 13 nigeriani, tra i 21 e i 33 anni, per associazione mafiosa. «Avvicinano del peperoncino sulla testa e la faccia. Intanto, feriscono il corpo con un rasoio. Il peperoncino fa lacrimare l' occhio, loro raccolgono la lacrima che viene mescolata con il sangue delle ferite.

     

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    Lacrime e sangue vengono mescolate con alcol, riso e tapioca, viene chiesto di giurare fedeltà e totale silenzio sulle pratiche dell' organizzazione». Dopo avere ingurgitato l' intruglio, con tanto di ordine urlato: «Ingoia, ingoia!» segue il giuramento: «Debitamente giuro di sostenere Eiye confraternita moralmente, spiritualmente, finanziariamente e in qualsiasi altro modo e se non lo faccio che il vulture (avvoltoio) spietato mi strappasse gli occhi».

     

    Un altro spietato criminale è pronto a farsi valere per compiacere i capi e passare al livello successivo. Sono i due collaboratori di giustizia, a dirlo: «Poi, nel gruppo, sali di grado in base a quanti reati commetti». È grazie ai due che la squadra mobile di Palermo ha arrestato i 13 nigeriani, sette dei quali si trovavano ancora a Palermo, due nel Cara di Mineo, dove a gennaio sono stati decimati dalla mobile di Catania, coordinata dalla Dda etnea, i vertici e gli affiliati del clan cultista «Vikings» o «Supreme Vikings Confraternit».

    Altri due sono stati fermati a Castelvolturno, uno a Treviso, uno a Vicenza.

     

    Fondamentale è stata pure la denuncia di una ragazza nigeriana vittima di tratta e di sfruttamento della prostituzione, che ha fornito elementi significativi in ordine all' appartenenza agli Eiye del suo sfruttatore. La casa utilizzata per costringere le ragazze a prostituirsi era a Ballarò. Dopo il blitz, gli investigatori hanno via via ricostruito l' organigramma dell' associazione a livello locale, fino all' individuazione dei vertici.

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    Prostituzione e spaccio di sostanze stupefacenti erano le attività principali del clan per fare soldi e, per imporre la propria egemonia contro l' avanzare di altri gruppi cultisti nigeriani, non mancano episodi di inaudita violenza, come alcuni scontri armati avvenuti nel 2010 per le vie di Palermo tra gli Eiye e il gruppo cultista Blake Axe decimato negli anni scorsi dalla mobile palermitana, che ha scoperto come in gran parte i nigeriani affiliati alla mafia siano giunti in Sicilia via mare.

     

    Esulta il ministro dell' Interno, Matteo Salvini: «Altro colpo alla mafia nigeriana, con tredici fermi disposti dalla Direzione distrettuale Antimafia di Palermo. Violenti, organizzati, senza scrupoli: i boss africani rappresentano un pericolo crescente che va subito estirpato. Grazie a forze dell' ordine e inquirenti».

     

     

    2. «IO IL PRIMO A DENUNCIARE UN FENOMENO PERICOLOSO COPERTO DALL' ACCOGLIENZA»

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    Jacopo Granzotto per ''il Giornale''

     

    Direttore, Quarta Repubblica è stata la prima testata a occuparsi di mafia nigeriana come un problema che si stava sottovalutando.

    «Da novembre abbiamo cominciato a scavare nel mondo della mafia nigeriana in Italia, un' inchiesta che ha toccato varie tappe, da Mineo in Sicilia, a Castevolturno in Campania, passando per le baraccopoli del Sud Italia, per arrivare nei ghetti torinesi e delle grandi città del Nord».

     

    La magistratura sembra confermarlo, con i barconi arriva anche la manovalanza di una nuova, cruenta organizzazione criminale.

    «Si. Però all' inizio i miei ospiti non volavano sentir parlare di mafia nigeriana. Sembrava l' ennesimo attacco all' accoglienza. Si volava negare il problema».

     

    Malafede?

    «Si voleva dare il messaggio che nei barconi non c' erano delinquenti. E comunque una volta qui sarebbero stati gestiti da un' unica mafia, la nostra».

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    E invece?

    «Invece i nigeriani lavorano in proprio».

    Torniamo a «Quarta Colonna». Avete intervistato in esclusiva un ex affiliato alla mafia nigeriana.

    «Si. E seguito la maxinchiesta che ha portato allo smantellamento della cellula al Cara di Mineo, 16 nigeriani di cui 3 donne, dedita a droga, prostituzione, riti voodoo, patti di sangue, violenze brutali. In quell' inchiesta si è capito come il cuore dell' organizzazione in Nigeria opera per infiltrare la propria manovalanza criminale sui barconi di disperati per farli arrivare in Italia».

     

    E poi l' altra grande storia dell' omicidio della povera Pamela Mastropietro.

    «Oseghale è accusato di averla fatta a pezzi, il processo stabilirà se è colpevole. Un fatto è certo, una nostra cronista ha visto quel corpo così terribilmente mutilato e dissanguato. Chi l' ha ridotta così aveva una mano esperta e anche su questo caso aleggia lo spettro della mafia nigeriana. Il potere di un' organizzazione criminale si misura in base al volume di affari e questi cult, così vengono chiamate le cosche nigeriane, gestiscono milioni di euro. Ma si insinuano anche in piccoli racket: disperati che chiedono l' elemosina e che vengono taglieggiati dai capi. Una nuova mafia in Italia».

     

    Prossima mossa?

    «Andremo in Nigeria, nel cuore nero della nuova mafia».

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