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'BIDEN E RIMBAMBITO' - ALLA CASA BIANCA E TRA I DIPLOMATICI E SUCCESSO UN BORDELLO DOPO ...
DAGONEWS
tony blinken joe biden
Joe Biden è davvero rimbambito, come si mormora alla Casa Bianca, oppure la sua sparata su Xi Jinping (“È un dittatore”) è una mossa strategica? Entrambe, probabilmente.
Lo staff del presidente americano è saltato dalla sedia quando ha sentito pronunciare il giudizio tranchant al “commander-in-chief”, a meno di 24 ore dallo storico incontro del segretario di Stato, Antony Blinken, con il presidente cinese.
ANTONY BLINKEN XI JINPING
Eppure, Biden non è nuovo a espressioni crude e nette come questa, soprattutto in campagna elettorale. Scrivono Meryl Kornfield, John Hudson e Michael Birnbaum sul “Washington Post”: “In passato, Biden ha affermato che gli Stati Uniti avrebbero difeso militarmente Taiwan in caso di attacco da parte della Cina.
Ha definito il Presidente russo Vladimir Putin un "criminale di guerra" e le azioni di Mosca in Ucraina un "genocidio", anche se il Dipartimento di Stato non ha fatto alcuna dichiarazione in merito. L'anno scorso ha detto di Putin: "Per l'amor di Dio, quest'uomo non può rimanere al potere", prima di cercare di ammorbidire i toni”.
XI JINPING E JOE BIDEN GIOCANO A SCACCHI - IMMAGINE CREATA CON MIDJOURNEY
"Le osservazioni fuori luogo sono un segno distintivo di Joe Biden", ha dichiarato Daniel Russell, principale diplomatico statunitense per l'Asia orientale sotto la presidenza di Barack Obama. "Non è stato un giro di parole ben ponderato, per non dire altro".
Joe Biden, com’è ovvio, pensa soprattutto alla campagna elettorale: ha bisogno di cavalcare la propaganda anti-cinese, che fa presa sulla vecchia America, e dimostrare di non essere un mollaccione, come invece lo dipinge Donald Trump.
Continua il Washington Post: “L'incidente sottolinea come Biden, in occasione degli eventi della campagna elettorale, in presenza di donatori e altri democratici simpatizzanti, abbia avuto la tendenza a lasciarsi andare nei suoi commenti, offrendo a volte uno sguardo non riservato sui suoi pensieri in sedi che di solito sono meno programmate - e registrate - rispetto agli eventi della Casa Bianca.
barack obama joe biden
Biden è particolarmente a suo agio con il suo giudizio sugli affari esteri, avendo trascorso anni nella Commissione Affari Esteri del Senato e servito come uomo di punta per Obama su varie questioni globali. Prima di diventare presidente, aveva già trascorso ore e ore con Xi, Putin e altri leader mondiali, e non tarda a esprimere il suo parere su di loro.
Tuttavia, le sue osservazioni seguono uno schema che vede i presidenti in carica o aspiranti tali adottare una linea più dura contro la Cina durante gli eventi della campagna elettorale di quanto non facciano in veste ufficiale dall'Ala Ovest. Quando Obama era candidato, ha definito il Presidente George W. Bush "un capro espiatorio" nei suoi rapporti con la Cina, mentre Bill Clinton, da candidato alla presidenza, ha denunciato i "macellai di Pechino".
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"C'è sicuramente uno schema nella politica statunitense in cui i candidati durante le campagne presidenziali parlano con forza della Cina, e questo non è un caso unico", continua Russel”.
Sarà anche vero, ma a stridere è soprattutto la coincidenza con la visita di Antony Blinken a Pechino, e alla sua “retorica pubblica attentamente calibrata”: “Blinken ha danzato un difficile balletto per riconoscere le gravi differenze politiche senza scivolare in una critica senza mezzi termini.
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Quando durante una conferenza stampa gli è stato chiesto se Biden considera Xi un "pari", ad esempio, Blinken è stato attento a rispondere in modo da evitare di prendere di mira il sistema non democratico e monopartitico cinese.
Come scrive ancora il “Washington Post”, “secondo i diplomatici e gli esperti cinesi, la visita di Blinken sembrava aver fatto notevoli passi avanti nel ridurre le tensioni accese dopo l'abbattimento del pallone spia a febbraio. Quanto il commento di Biden influirà su questa dinamica è ancora da vedere, ma potrebbe rappresentare una notevole battuta d'arresto”. Se l’obiettivo del viaggio, come sembra, era ristabilire i contatti diplomatici e aprire la strada a un bilaterale tra “Sleepy Joe” e il “dittatore” Xi Jinping, le parole del presidente Usa l’hanno vanificato.
Daniel Russell
La reazione cinese non si è fatta attendere, con il portavoce del ministro degli esteri cinese, Mao Ning, che ha parlato di “aperta provocazione”. Con il Dragone, insomma, non ha senso farsi vedere troppo duri: meglio ricorrere alla cara, vecchia diplomazia. E questa è una lezione che Joe Biden dovrebbe aver imparato nella sua lunga carriera politica. E in questo, non ci sono elezioni che tengano.
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