Estratto dell’articolo di Alberto Simoni per “La Stampa”
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Il doppio fronte di Biden – da una parte la tensione con Netanyahu, dall'altra la morte dei tre militari Usa in Giordania –, si surriscalda. […]
funzionari dell'Amministrazione Biden intanto continuano a lavorare «senza sosta per far liberare gli ostaggi a Gaza e per una lunga pausa umanitaria». Il pressing è incessante e il lavorio diplomatico ha portato gli inviati statunitensi a fare la spola fra Doha e Parigi per cercare una tregua e un accordo più duraturo per la Striscia.
Le posizioni restano distanti, «ma l'obiettivo è fermare il conflitto e arrivare alla formazione dei Due Stati». È un tema su cui Biden spinge sin dalle prime settimane del conflitto e negli uffici del Policy Planning Staff del Dipartimento di Stato ci sono simulazioni che prevedono che Washington arrivi rapidamente, a ostilità cessate, al riconoscimento di uno Stato palestinese. Se la linea ufficiale americana è quella dei Due Stati, il cammino non è ancora tracciato. In ogni caso le pressioni su Netanyahu sono sempre più forti.
JOE BIDEN - BENJAMIN NETANYAHU
Ultima, la lettera di 800 funzionari Usa e Ue che denuncia il rischio di «pulizia etnica genocidio».
Tutto è da decidere, ma queste informazioni sono un segnale per Gerusalemme. Biden vuole spingere ulteriormente su Netanyahu affinché allenti la presa su Gaza e possa aprire a una soluzione diplomatica, mettendo fine al massacro: a oggi 27 mila morti nella Striscia.
JOE BIDEN - BENJAMIN NETANYAHU
All'indomani del leak sui Due Stati, la Casa Bianca ha assestato il secondo colpo: le sanzioni ai coloni che incitano o si macchiano di violenza. Svolta storica per Washington, che entra direttamente in questioni che Israele considera di domestico interesse. Ma il portavoce del Dipartimento di Stato, Matthew Miller, ha detto che «la responsabilità di questa violenza nella West Bank è del governo israeliano, siamo sempre stati molto chiari: devono fare di più per arrestare i coloni estremisti».
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Ci sono state telefonate – anche roventi – sul tema, fra Biden e Netanyahu. Il presidente americano a un certo punto ha ammesso che «è difficile trattare» con Bibi e ha parlato di «perdere la pazienza». Non trova invece conferma l'indiscrezione che Washington vorrebbe ridurre gli armamenti diretti a Israele.
JOE BIDEN CON BIBI NETANYAHU
È atteso nelle prossime ore Blinken a Gerusalemme, quinta missione dal 7 ottobre. Il Dipartimento di Stato non ha confermato il viaggio, comunicato invece a margine di un evento con la comunità ebraica mercoledì da John Kirby, portavoce del Consiglio di Sicurezza nazionale. Il tempismo della diffusione dell'ordine esecutivo contenente le sanzioni ai coloni è curioso. Mentre la Casa Bianca lo divulgava, Biden era in Michigan. È lo Stato dove vivono 287 mila arabo-americani. Il democratico ha vinto per 154 mila voti nel 2020 e gli arabi delle zone limitrofe a Detroit furono decisivi.
BENJAMIN NETANYAHU JOE BIDEN
In Michigan, Biden ha incontrato i sindacati dell'auto. Il capo della sua campagna, Julie Chavez Rodriguez, si è vista rifiutare l'incontro con i leader arabi. «È disumano quel che fanno, il loro primo incontro qui è per discutere di cose elettorali», hanno fatto sapere a La Stampa dal movimento #AbandonBiden. E fonti della campagna elettorale hanno sminuito il clima ostile: rispettiamo le proteste, ma Biden sta facendo il possibile per tutelare le vite umane. Biden, che oggi si misurerà nelle primarie democratiche in South Carolina, sta cercando di comporre un puzzle: da una parte, la sua Amministrazione ribadisce la necessità di annientare Hamas ed è schierata con Israele; dall'altra, preme su Netanyahu affinché chiuda l'esperienza bellica. […]
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