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    BIG BANG BOLT! L’UOMO PIU’ VELOCE DEL MONDO LANCIA IL DOCUMENTARIO CHE CELEBRA LE SUE GESTA: “LA MIA CARRIERA E’ FINITA. DOPO I MONDIALI NEL 2017 LASCIO L’ATLETICA. MI PIACEREBBE FARE IL CALCIATORE PROFESSIONISTA PER UN PAIO D' ANNI” - UN FUTURO DA ATTORE? NON MI INTERESSA"


     
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    BOLT BOLT

    Enrico Franceschini per “la Repubblica”

     

    Si comincia con lui che fotografa il giornalista che ha davanti: "Numero venticinque", annuncia. Si finisce con lui che accetta di buon cuore di posare per un selfie con l' intervistatore numero venticinque. È il giorno della prima mondiale di "I am Bolt", il film autobiografico sull' uomo più veloce della terra.

     

    In un grande albergo di Londra, il 30enne campione giamaicano, recordman dei 100 e dei 200, vincitore di 9 medaglie d' oro in tre Olimpiadi, incontra la stampa di tutto il mondo, tra cui "Repubblica", per lanciare il documentario che celebra le sue gesta.

     

    Perché ha voluto fare questo film?

    «Perché la gente veda cosa c' è dietro le mie medaglie. In pista faccio sembrare tutto facile, ma lavoro dannatamente per arrivare primo al traguardo».

    Di solito film o autobiografie del genere si fanno a fine carriera.

    «Ma la mia carriera è finita. Quello a cui tenevo erano le vittorie olimpiche. Questa è la mia ultima stagione, le gare che farò da qui ai mondiali di atletica nel 2017 a Londra sono un addio ai tifosi e allo sport. Poi mi ritirerò».

    E a quel punto cosa farà?

    BOLT BOLT

    «Vorrei restare con qualche ruolo nell' ambito dell' atletica. Vorrei continuare a ispirare i giovani. E occuparmi di più di beneficenza, particolarmente in Giamaica ».

    Nel film dice anche che vorrà farsi una famiglia.

    «Sì. Non è facile averne una e dedicarcisi, finché sei un professionista. Ora potrò averla e dedicarci il tempo che voglio».

     

    Vuole avere dei figli?

    «Tre. È un bel numero».

     

    Oro, argento e bronzo?

    «Anche tre d' oro, magari. Ma non li costringerò a fare atletica.

    Li incoraggerò a fare sport perché l' attività fisica fa bene, ma la scelta del professionismo dipende dalle qualità che hai e dalla volontà di fare i sacrifici necessari.

    Non la imporrei mai ai miei figli».

     

    Si ritirerà, ma è vero che poi intende allenarsi con una squadra di calcio, il Borussia Dortmund? Perché proprio quella? E con quale obiettivo?

    «Perché ho delle conoscenze legate al Borussia. Se dimostrerò di essere bravo, mi piacerebbe fare il calciatore professionista per un paio d' anni».

     

    Si sente davvero portato?

    BOLT BOLT

    «Gioco due volte alla settimana con gli amici. Sono bravino».

     

    Ruolo?

    «Centravanti».

     

    Non ha pensato, dopo "I am Bolt", di fare l' attore?

    «Mi dicono che potrei farlo, che me la cavo bene davanti alla cinepresa. Ma non m' interessa».

     

    Non le piace il cinema?

    «Mi piace, ma guardo soprattutto documentari, in particolare su natura e animali. E i film d' azione. I miei attori preferiti? Jason Statham e Angelina Jolie».

     

    E i suoi sportivi preferiti?

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    «Michael Johnson e Don Quarrie, per restare nell' atletica. Fuori dall' atletica, il mio eroe è Nadal. Mi riconoscono in lui. Ha avuto un sacco di infortuni, come me. E ha avuto sempre la forza per ripartire».

     

    Le prossime Olimpiadi le guarderà in tv?

    «Oh no, voglio seguirle dal vivo, poterle guardare da dentro uno stadio, senza l' ansia che avevo quando dovevo competere».

     

    A che età ha sentito di avere qualcosa di speciale?

    «A 17 anni. Prima correvo perché mi piaceva. Poi, quando sono diventato professionista, i miei allenatori mi hanno detto che avevo talento ma, per sfruttarlo, dovevo mettercela tutta».

     

    E quale è stato il suo momento più difficile?

    «Nel 2015. Ho avuto difficoltà per tutta la stagione, non riuscivo a capire il problema, avevo meno tempo per prepararmi. È stato l' unico momento in cui ho dubitato di me stesso».

     

    Cosa pensa della condizione dei neri negli Stati Uniti?

    «Sento il loro dolore, lo capisco. Ma in Giamaica, nel mio paese, siamo tutti neri. Lì non ci sono discriminazioni».

     

    BOLT BOLT

    Quale è il suo sogno, la cosa che le piacerebbe più fare in futuro?

    «Essere normale. Lo so che non succederà, che non è possibile. Ma il desiderio c' è comunque. Vorrei essere normale».

     

    E dove vorrà vivere?

    BOLT E I VELOCISTI GIAMAICANI A PECHINO BOLT E I VELOCISTI GIAMAICANI A PECHINO

    «In Giamaica, naturalmente.È il mio paese, il luogo dove mi sento più a casa. Non sto troppo bene nelle grandi città. Voglio trovarmi un posto in una zona rurale, vicino a una bella spiaggia.Vivrò lì».

    Quando avrà finito non correrà più? Non calcherà mai più una pista di atletica per misurarsi ogni tanto sui 100?

    «No. Non correrò più i 100 e neanche i 200. L' atletica non è come il tennis, che uno può continuare a fare anche tutta la vita. L' atletica non si fa per gioco. Quando toglierò le scarpette per la pista, sarà per sempre».

     

    E crede che qualcuno correrà mai i 100 metri più in fretta di lei? Magari in 9 secondi?

    BOLT BOLT

    «Se succederà, non sarà adesso. Non accadrà prima di altri quindici o vent' anni. Almeno spero. Voglio poter dire ai miei figli, per un bel po' di tempo: vostro padre è l' uomo più veloce che esiste ».

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