BILAL ERDOGAN
Giuseppe Baldessarro per “la Repubblica”
C'è l' ombra dei soldi del petrolio dell'Is nell'inchiesta per riciclaggio che la Procura di Bologna sta conducendo da mesi e che ha come protagonista Bilal Erdogan, figlio del presidente Recep Tayyip. Diverse centinaia di milioni euro che potrebbero essere finiti su conti esteri riconducibili alla famiglia del leader turco.
Sumeyye Erdogan Bilal Erdogan
Per ora si tratta solo di una pista, dettata dalla denuncia di Mosca, che a inizio anno accusò Erdogan di commerciare con i terroristi, acquistando da loro 200 mila barili al giorno, attraverso uno dei figli a capo di una delle compagnie petrolifere nazionali e il genero ministro dell' Energia. Una tesi sempre respinta da Ankara, ma che fa il paio con le quattro pagine dattiloscritte che a ottobre scorso sono partite da Parigi per raggiungere Bologna, dove era domiciliato Bilal, ufficialmente per motivi di studio.
recep e bilal erdogan con la sorella sumeyye
Un documento da cui è partita l' indagine emiliana nei confronti del rampollo di casa Erdogan e che porta in calce la firma di Murat Hakan Uzan, noto imprenditore turco da anni esule in Francia. È il dossier italiano che è alla base dei guai giudiziari di Bilal Erdogan. Una vera e propria denuncia partita da Parigi nell' ottobre 2015, che invita la magistratura bolognese a verificare un possibile giro di riciclaggio. Secondo il grande accusatore di Erdogan, nell' autunno dello scorso, l' erede del leader politico turco potrebbe essere arrivato a Bologna (ufficialmente per concludere un dottorato di ricerca alla Johns Hopkins University avviato nel 2006) per riciclare una montagna di denaro frutto di tangenti.
bilal erdogan foto diffusa da sputnik news
Uzan nell' esposto contro Bilal ricorda un' inchiesta del 2013, quando la magistratura turca puntò l' indice contro il governo islamista e il partito Akp di Erdogan. Un ciclone che fece affiorare una sorta di "Tangentopoli del Bosforo" e che avrebbe potuto travolgere partito e governo, oltre che Erdogan. Mazzette per un miliardo di dollari svaniti nel nulla. Quell' inchiesta, a dire di Uzan, sarebbe stata poi insabbiata con il trasferimento di tutti i magistrati e dei funzionari non assoggettati al leader.
Dei soldi finiti nei forzieri della famiglia del presidente si parlava in alcune intercettazioni: «Figlio, stanno facendo una grande operazione anticorruzione. Prendi tutto quello che c' è a casa, ok?». «Padre, che cosa posso avere io! I tuoi soldi sono al sicuro». Frasi che facevano riferimenti a 30 milioni di euro ancora da far scomparire e che Erdogan ha sempre bollato come false e funzionali ad un possibile colpo di Stato. Per Uzan, invece, Bilal potrebbe essere stato mandato in Italia per mettere al sicuro quel denaro e non solo.
BILAL ERDOGAN
Accuse su cui indagano i pm Antonella Scandellari e Manuela Cavallo, chiamate a verificare la veridicità di quanto affermato nella denuncia e, di conseguenza, impegnate a scovare eventuali conti segreti. Ma chi è Uzan? A spiegarlo è lui stesso nell' esposto. «È membro della famiglia Uzan, al quale appartenevano fino a pochi anni fa numerose aziende che operavano in Turchia e nel Bosforo, per lo più nel settore energetico, dei media, delle costruzioni e delle telecomunicazioni». Un impero di 278 società con 40 mila addetti.
bilal erdogan a tavola con islamisti filo isis secondo i media russi
Degli Uzan erano il primo canale televisivo privato, alcuni quotidiani, la società di telecomunicazioni "Telsim" e la compagnia energetica "Cukurova Electric" e "Kepez Electric". Le disgrazie di Uzan hanno inizio quando, nel 2002, il fratello Cem decide di fondare un partito in contrapposizione di quello di Erdogan. Il "Genc Parti", "Partito della Gioventù". Una forza politica che alle elezioni di quell' anno riuscì a incassare il 7,3%. Da quel momento, sempre secondo l' accusatore di Erdogan, nei suoi confronti sarebbe partita la rappresaglia che ha portato al sequestro di tutte le sue aziende e che lo avrebbe costretto alla fuga in Francia.
La Guardia di Finanza ha già passato allo scanner 6 conti correnti italiani riferibili a Bilal e avrebbe avviato 4 rogatorie internazionali. Al momento non sarebbe affiorata alcuna anomalia, e non pare neppure plausibile una richieste di arresto. I magistrati tuttavia vogliono andare fino in fondo. Per questo hanno chiesto una proroga di indagine per altri 6 mesi. Bilal e la sua famiglia hanno lasciato Bologna a marzo ufficialmente per «ragioni di sicurezza».