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    “BISOGNA ISOLARE LO SCIMPANZÉ” – LA RABBIA DEL PADRE DI UNO STUDENTE DI UNA SCUOLA MEDIA DI SPOLETO CHE SI È SENTITO APPELLARE COME “SCIMPANZÉ” DA UNA PROF IL GIORNO IN CUI ERA ASSENTE: DA ALLORA IL RAGAZZO, CON PADRE NORDAFRICANO E MADRE ITALIANA, NON È PIÙ TORNATO A SCUOLA E SI È ISOLATO – “NON ABBIAMO RICEVUTO SCUSE DALL'ISTITUTO. NON SONO PER LE GOGNE, MA DOPO DUE, TRE TENTATIVI ANDATI A VUOTO SONO ANDATO A DENUNCIARE. UN’ALTRA INSEGNANTE SI OSTINA A CHIAMARLO…”


     
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    Luca Fiorucci per “La Stampa”

     

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    A scuola non ci è più tornato, ha seguito poco le lezioni in dad. Quando è stato possibile riprendere in presenza, in classe non ci è voluto tornare, inutile aver provato a cambiare istituto. «Bisogna isolare lo scimpanzè» avrebbe detto riferito a lui, padre nordafricano e madre italiana, una sua insegnante, un giorno di ottobre in cui era assente. I suoi compagni di classe lo avevano informato con un messaggio vocale, la famiglia aveva chiesto spiegazioni alla scuola.

     

    «Speravo si potesse trovare una soluzione veloce, l'accertamento di quello che era successo, le scuse. La questione si sarebbe conclusa lì. E, invece, niente» racconta il padre del ragazzino, studente di una scuola secondaria di primo grado di Spoleto. L'uomo, di origine marocchina, vive in Italia dal 1986, in Umbria ha formato la sua famiglia, «il mio impegno è verso la conciliazione, la risoluzione delle controversie, non sarei voluto arrivare a questo, non sono per le gogne, ma dopo due, tre tentativi andati a vuoto, cosa dovevo fare? Non posso far finta di niente di fronte a un comportamento così offensivo verso un ragazzo che ha subito un colpo durissimo».

     

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    L'incontro con il dirigente della scuola non ha avuto l'esito che sperava, racconta ancora. «Mi aspettava un'iniziativa di qualsiasi genere, una richiesta di chiarimenti alla professoressa. Non è successo niente. Alla fine il preside mi ha detto "Vada dai carabinieri" e così ho fatto». Lo scorso ottobre è stata presentata la denuncia poi, in questi giorni, ad anno scolastico concluso, quanto accaduto è stato reso pubblico dal genitore stesso. Di episodi simili ce ne sarebbero almeno due, uno con un compagno di classe, e un terzo con un altro docente che «chiamava mio figlio italianizzando il suo nome.

     

    Lui ha chiesto all'insegnante di usare il nome corretto e per tutta risposta si è sentito dire "Io ti chiamo come mi pare, se non ti sta bene torna al tuo Paese". Ma il suo Paese, il nostro Paese, è l'Italia. Sono arrivato qui più di trent' anni fa, ho trovato tante famiglie che mi hanno accolto come un figlio, che mi hanno aiutato quando ho avuto bisogno, mi hanno assistito quando sono stato male. Non mi era mai successa una cosa del genere».

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    Il ragazzino è stato seguito anche da un esperto per aiutare a farlo uscire da questo tunnel di angoscia che lo ha portato a rifiutare la scuola, a evitare contatti che lo potessero in qualche modo riportare a quella situazione di disagio vissuta.

     

    «Per fortuna lo sport, continua a praticarlo con la stessa passione che ha sempre avuto. È bravo, è un atleta promettente. Quello che non riesco a capire è come sia stato possibile che nessuno sia intervenuto a fronte di una lunga e continuata assenza. Nessuno ci è venuto a chiedere come mai nostro figlio non andava più a lezione, eppure frequenta la scuola dell'obbligo». Dalla scuola massimo riserbo, il dirigente Mario Lucidi spiega: «Stiamo facendo accertamenti interni, per il resto c'è un'indagine in corso, altro non posso aggiungere.

     

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    Da parte nostra faremo tutto quello che è necessario per ricostruire quello che è emerso e le eventuali responsabilità nel caso in cui le circostanze denunciate siano reali come nell'ipotesi in cui si rivelassero non corrispondenti al vero». Nei prossimi giorni, la direttrice dell'Ufficio scolastico regionale, Antonella Iunti, dovrebbe incontrarsi con il dirigente per un primo confronto. Intanto, il segretario nazionale di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni, annuncia un'interrogazione parlamentare: «È evidente che un docente che usa questo linguaggio deve essere immediatamente messo alla porta di qualunque scuola».

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