galeazzi maradona rummenigge
Marco Cicala per Il Venerdì di Repubblica
Gian Piero Galeazzi sta sul divano di casa sua. Ha un ginocchio in crisi, una barba più sale che pepe alla Akim Tamiroff e sbircia indomito le news sportive sul televideo. Ha quasi settant’anni. È in pensione da cinque. Oggi che fa? «Fisioterapia. Oppure scrivo. Qui in poltrona, a mano». Il suo terzo libro, un’autobiografia giornalistica appena uscita da Rai Eri, s’intitola ‘’L’inviato non nasce per caso’’.
Però lei nasce statistico.
«Laurea in economia con specializzazione in statistica».
Titolo della tesi?
Galeazzi
«Metodo statistico applicato alle discipline sportive. Dovevo andare alla Doxa, ma non c’avevo voglia. Capirà, ero il cocchetto del circolo canottieri, un bel ragazzo, famiglia medio borghese».
Come approdò in Rai?
PAnnolone Costanzo e Bisteccone Galeazzi
«Portavo le notizie alla redazione sportiva del giornale radio a via del Babuino. Il cappuccino di Rosati a Sandro Ciotti. Che però non pagava. Lo pagavo io. Mica potevi chiedere i soldi a uno come Ciotti».
GIAMPIERO GALEAZZI
Sia mai. Oggi che effetto le fanno i giovani al microfono?
«Più preparati, ma un po’ troppo costruiti. Meno spontaneità, meno cuore».
GIAMPIERO GALEAZZI
Lei fu a lungo un commentatore composto. Poi nell’88 a Seul la mutazione: con l’oro degli Abbagnale perse la brocca urlando oltre ogni decibel. Che accadde?
«Vengo dal canottaggio. Con loro vedevo realizzarsi il mio sogno. C’ero anch’io su quella barca. Ero il terzo a remare. In certe situazioni come puoi zittire l’istinto? Col K2 di Rossi e Bonomi a Sydney ho strillato pure peggio».
In quelle telecronache temevamo per la sua salute. Dopo che faceva? Si stendeva per terra, le praticavano degli impacchi?
«Restavo in trance. A Seul m’hanno buttato in acqua. La più sporca di tutte le Coree».
0mara03 giampiero galeazzi CIOTTI AMERI
L’urlatore Caressa è un suo discepolo?
«Non lo so. Però è stato l’unico che mi sia venuto a ringraziare per quello che ho fatto. Me lo disse nel 2006, ai Mondiali di Germania».
Dopo diec’anni da showman a Domenica in i colleghi fecero qualche ostacolo al suo reintegro dentro Rai sport.
«Qualche ostacolo? Manco ‘na sedia m’avevano lasciato. Azzerato. Solo invidia e pochi amici».
galeazzi
Per Mara Venier l’abbiamo vista travestirsi da Batman, da Tarzan, da topo, da coniglio. Perfino noi che le abbiamo sempre voluto bene ci facevamo qualche domanda.
«Anche i miei figli erano perplessi. Non mi salutavano più. Mia moglie mi diceva: Ma che cazzo stai affà?».
E lei che rispondeva?
«Mi chiamavano giullare, ma non mi sentivo ridicolo. Raddoppiai il mio pubblico».
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Uno e bino: entertainer e cronista. Perché l’ha fatto?
«Dissero per venalità, perché ero scemo, orrendamente narcisista. Ma la ragione vera non l’ha mai capita nessuno».
Nemmeno lei?
«Io sì. Dentro Domenica in conducevo 90simo minuto, e volevo salvarlo. Stavano per farlo fuori dal palinsesto».
2mis10 giampiero galeazzi
Ha guadagnato bei soldi.
«Certo, ma il 54 per cento se lo prendevano le tasse. Comunque avevo anche io i miei dubbi. Chiesi a Brando Giordani: Secondo te mi conviene il doppio ruolo? Disse: Non sarai mai un giornalista televisivo se te fermi a intervistà er terzino della Cremonese».
Dal libro scopriamo che il copyright dell’appellativo Bisteccone non spetta a Mara Venier.
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«No, quando da ragazzo giravo per le redazioni c’era sempre quello che chiedeva: Ahò, è chi è ‘sto bisteccone? I settentrionali pensano che sia dispregiativo. Noi romani no. Rivolto a una donna, Bella bisteccona è un complimento. Significa una in salute, ma pure ‘na bella magnata. Non so se rendo...».
Alla perfezione. Lei ha commentato tanti successi italiani. Però oggi vinciamo poco. Sportivamente siamo diventati Paese di seconda fascia.
lucci cancellieri galeazzi
«Senza gli Abbagnale o Panatta sarei rimasto al palo. Adesso negli sport importanti facciamo fatica. Ma nel nuoto abbiamo campioni a tutte le andature. Ai miei tempi le donne della Germania Est erano più veloci dei maschi italiani».
Erano donne per modo di dire.
«E oggi (sogghigna) i maschi ‘so omini per modo di dire...».
Che fa, tavecchieggia? Non è da lei. Che ne pensa del Presidente?
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«La Federazione avrebbe bisogno di un nuovo organico, nuove leggi. Finché restiamo così sarà sempre un gioco al massacro dove resta a galla gente come Tavecchio. E Lotito, che se li lega tutti».
Detto da un laziale...
«Sono laziale perché sono figlio di un non romano. Altrimenti sarei stato della Roma».
MICHEL PLATINI E GIANNI AGNELLI
Gianni Agnelli le disse: Ma come fa a essere della Lazio?
«Nei corridoi del 23simo scudetto della Juve gli chiesi: Avvocato, in Italia ci sono più juventini o democristiani? Rispose: Favò un’indagine. Comunque questa convevsazione mi piace e vovvei pvosegvivla a cena».
Quella serata è uno dei momenti alti del libro.
«Da mangiare ce n’era, ma nessuno osava cominciare. A un certo punto il cameriere sbaglia la curva di approccio e io lo blocco co’ na fame della madonna. Agnelli mi nota: Cavo Galeazzi, vedo che non le manca l’appetito... In quel momento arriva la pirofila dell’Avvocato. La scoperchiano. Dentro, solo un pugno di riso in bianco. Robba che nemmeno un prigioniero vietnamita. Mentre me sto affà du’ panini col vitel tonné, la segretaria mi dice: L’Avvocato la vorrebbe nello studio per l’intervista».
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Con Berlusconi si mangiava meglio.
«Cene alla Luigi XIV. Il Cavaliere mi disse: Ma come fa a essere della Rai?»
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Gli pareva contronatura. Mediaset non l’ha mai tentata?
«All’inizio. Ma Biagio Agnes mi bloccò per strada: Sei della Rai e devi rimanerci. Restai. Mi sentivo protetto».
Giampiero Galeazzi
Per chi vota?
«Mio padre era socialista, mia madre aveva i dischi coi discorsi di Mussolini. Andavo a scuola al San Giuseppe de Merode, ambiente di destra. Poi all’università sono diventato di sinistra. Dopo ho votato Dc. E una volta Berlusconi. Adesso di nuovo sinistra».
Ha detto: Non sono mai stato un gran mangione. Scherzava.
«No. La letteratura ha superato le mie gesta. Certo, tendevo a ingrassare. M’hanno fregato gli anni di Domenica in».
stadio02 galeazzi
A quanto è arrivato?
«174. Oggi 146».
La stazza l’ha aiutata. Secondo un sondaggio, vent’anni fa lei era il corpulento più popolare d’Italia dopo Costanzo e Magalli.
«Sì, ma sono un metro e 93. Costanzo e Magalli non c’arrivano manco a cavacecio».
Di quale piatto non può far a meno?
«La pasta».
Grosse mangiate con Panatta a Parigi durante i Roland Garros...
«Nella prima settimana del torneo ordinavamo sogliola alla mugnaia, asparagi, un petit peu de vin... Ma non durava. Poi ce buttavamo nei ristoranti napoletani».
galeazzi smaila
È vero che negli anni 80 andava a rimorchiare con Maradona?
«Ma no, dopo la pizza da Ciro a Mergellina, si girava un po’ per locali. Una volta, per il compleanno, una signora regalò a Diego un portafoglio di Vuitton. Falso. Di cartone. Glielo feci notare. E lei: Tanto chillo nemmeno lo guarda, l’importante è il pensiero».
Anche con Platini fece tandem.
John Elkann con Gianni Agnelli allo stadio
«Mi stava antipatico, poi simpatizzammo. Ma era tirato. Giocavamo a tennis. Mai che abbia pagato un campo. Quand’era giocatore, la Juve non voleva che prendesse soldi dai ritrovi bianconeri. Così si faceva regalare vino. Da Asti ad Alessandria. Mise su una gran cantina. A una festa portò bottiglie sue, ma all’uscita fu fermato dal proprietario del ristorante perché non aveva pagato lo champagne. L’Avvocato diceva: L’abbiamo pveso pev un tozzo di pane e bisogna mantenevlo a ostviche e champagne. Siamo stati amici. Mi dispiace per quello che gli è successo in Fifa».
Tra i colleghi chi non dimentica?
CARESSA
«Ciotti, Beppe Viola, imbattibile nel racconto. E Brera. Siccome un pezzo della mia famiglia viene dal Lago Maggiore, mi considerava un nordico come lui. A Mosca andammo a mangiare in un ristorante italiano. Il proprietario era di Fiumicino, si faceva arrivare tutti i giorni le mozzarelle fresche. Dopo la seconda bottiglia di Dolcetto, Brera ne chiede una terza. Ma della stessa marca non ce l’avevano. Protestò. Gli dissi: Gianni, nun te incazzà, siamo a Mosca: ringrazia Dio se ce n’hanno già trovate due».
Chi vince lo scudetto?
mancini sarri
«Chi potrà fermare questa Juve?».
gianni brera 4
Nella polemicaccia Sarri-Mancini chi aveva ragione?
«Mancini ha avuto spesso da ridire con i giornalisti. Li odia. Che uno così si appelli alla correttezza suona un po’ strano. Ha fatto bene a denunciare la cosa, ma doveva fermarsi lì».
Oggi la vita sedentaria le pesa?
«Non ero mai stato a casa. L’ho scoperta».
Nell’ultimo capitolo scrive: «Mi sono risvegliato in mezzo alle macerie del castello che avevo costruito in una vita di lavoro». Che cosa si rimprovera?
fotomontaggi e parodie sarri mancini 13
«Avrei dovuto pensare di più alla salute. Alla carriera. Ho lasciato la Rai da caporedattore, ma oggi so’ tutti direttori».
Finale amaro per un libro.
«Forse un po’ troppo triste. Però mentre lo scrivevo guardavo fuori, e a Roma pioveva»