Carlo Antonelli per "Alla Carta Magazine"
marco giusti credit michele foti
Blob è la storia di un programma straordinario, che va in onda da decenni sul “terzo canale” della TV nazionale italiana. Blob è la storia di un gruppo incredibile di amici, tutti di grande talento. Amici che si sono incontrati prestissimo, nei primi anni del liceo. A Genova, nello stesso liceo classico che ho fatto io anni dopo. Amici che immediatamente si sono trovati perché divorati da un amore irraccontabile per il cinema, di ogni tipo. E per l’immagine in movimento, l’expanded cinema e quella che una volta chiamavano “videoarte”.
E, checché ne dicano, sono anche il frutto di una stagione politica, anni Settanta, diventata anarchia, anche culturale. È soprattutto il frutto di una “coppia bianca”, Marco Giusti ed Enrico Ghezzi, che si è amata per lunghissimi anni con la mente e poi è deflagrata, forse sommersa dal gigantesco “slime” che sommerge tutto il mondo e che dà il titolo al film e che a sua volta dà il titolo al programma (e ne fa da sigla).
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Blob è soprattutto la storia di un amore sconfinato per la TV di ogni tipo, vista con l’“occhio di vespa” di chi osserva tutto il possibile – e siamo pre-Internet e pre-social, e di parecchio – e indaga dentro la grana di quella TV, si infila dentro i pixel della camera che inquadra la TV e li rende spesso campionamenti, in modo pre-dance e pre-hip hop degli ultimi decenni – e costruisce una narrazione (decenni prima, ancora una volta) che forse solo oggi possiamo capire con gli scroll del telefono che sfiorano le varie stories, una via l’altra. Questa amicizia/amore si rompe anni fa. Uno dei due protagonisti, Enrico Ghezzi, si ammala gravemente. Rimane Marco Giusti, e da lui – con la sua versione – ci facciamo raccontare tutto questo.
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Carlo Antonelli: Proviamo a farla breve, questa faccenda dell’origine di Blob.
Marco Giusti: Ecco al Liceo Doria di Genova io ero diventato amico di Enrico (nda Ghezzi)...
Carlo Antonelli: L’ho fatto pure io...
Marco Giusti: Il Liceo Doria?
Carlo Antonelli: Certo, un po’ dopo.
Marco Giusti: Allora ecco, al Doria lo avevo incontrato perché stavamo facendo una cosa a teatro che si chiamava La ballata del Gran Macabro con Ghezzi attore! Io magrissimo e lui grasso.
Carlo Antonelli: Dove la facevate?
Marco Giusti: Non era al Teatro della Tosse (nda che tuttora esiste), ma era il CUT, Centro Universitario Teatrale.
Carlo Antonelli: Mamma mia che latrina.
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Marco Giusti: Ghezzi era grasso, grasso, molto zozzo e parzialmente innamorato di una che si chiamava Luisa Brianzi. Scriveva sempre “Brianza libera”.
Carlo Antonelli: Ma carina o...
Marco Giusti: Mah, era una che non gliel’avrebbe mai data ad Enrico. Sai come sono a Genova. Se la sentono come se ce l’avessero solo loro.
Carlo Antonelli: Ma senti, tu avevi il padre questore. Se c’era gente che aveva problemi, che ne so, perché erano stati trovati quattro etti di fumo, intervenivi?
Marco Giusti: Io? No, mai. E ci fu qualche caso… Però, insomma, no. Io andavo soltanto al cinema. Da quando ho memoria, nella prima parte della mia vita, sono andato soltanto al cinema.
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Carlo Antonelli: Però ti è andata bene perché a Genova già c’era il migliore cineclub d’Italia: il Film Story, con due sale: la De Mille e la Ford. Però rispetto a quel luogo storico di cineasti, io ed Enrico eravamo considerati dei pazzi, perché amavamo anche Totò, il cinema italiano melò… Cose che erano considerate di destra, invece noi eravamo rivoluzionari. Già, eravamo pro Antonio Margheriti, pro Mario Bava…
Carlo Antonelli: E a Savona?
Marco Giusti: Savona era come fosse all’estero! C’era Tatti Sanguineti, c’era Alberto Farassino, c’era Sergio Grmek Germani. C’era Carlo Freccero.
Carlo: Si parla proprio del mundialito della critica cinematografica italiana.
Marco Giusti: Era un mondo stupendo. Andavamo a Savona per vedere i film di Matarazzo, ma Carlo ci fece vedere anche La Regione Centrale di Michael Snow. Mi ricordo io, Enrico e Carlo, che stavamo insieme con questa cosa che girava. Altro che gli acidi!
Carlo Antonelli: Acidi mai?
Marco Giusti: No, io manco una canna, giuro. Andavo sempre al cinema ed era uguale.
Carlo Antonelli: Ma botte di tre film al giorno?
Marco Giusti: Sì, ma perché io andavo gratis, in quanto figlio del questore. Andavo gratis e portavo Enrico.
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Carlo Antonelli: Comunque eravate proprio una coppia straordinaria di stra-amici.
Marco Giusti: Eravamo una coppia molto forte devo dire. Eravamo proprio Stanlio e Ollio, e non potevamo non fare le cose insieme. Ho quintali di lettere. Lui mi scriveva sempre, io pure. Passavo molto tempo fuori, perché mio padre stava a Perugia e io andavo sempre in giro.
Carlo Antonelli: Però ora vorrei capire da dove nasce l’“occhio di vespa”.
Marco Giusti: Beh, io guardavo 400 film all’anno.
Carlo Antonelli: Però guardavi anche la televisione di brutta maniera, no?
Marco Giusti: No, molto meno.
Carlo Antonelli: Le TV private?
Marco Giusti: Molto.
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Carlo Antonelli: Volevo capire da dove nasce la fermentazione della “pasta” di Blob, come avrai ben capito.
Marco Giusti: Beh, per iniziare, andando al cinema gratis e uscendo da casa appena mio padre usciva, circa alle 15. Dovevo tornare prima che lui tornasse, così che lui potesse pensare che io studiavo. Quindi ho visto qualsiasi film, ma tutti a metà.
Carlo Antonelli: Ma come mai a te interessava stare nella dimensione del cinema?
Marco Giusti: Beh, io ho sempre pensato di essere il più bravo in assoluto, sempre.
Carlo Antonelli: Anche più di Enrico? Parliamoci chiaro.
Marco Giusti: Io amavo moltissimo Enrico, l’ho sempre amato come… Hai presente Quei Bravi Ragazzi? Ecco, così! Ho sempre voluto fare il gangster.
Carlo Antonelli: Hai sempre amato Enrico. Quindi ti sentivi alla pari con lui?
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Marco Giusti: Non lo so, era anche più grande di me. Un anno in più.
Carlo Antonelli: Eh vabbè, capirai.
Marco Giusti: Beh, allora bastava. Lo sentivo come un fratello.
Carlo Antonelli: Tu dici che eri più bravo, ma lui che cazzo era?
Marco Giusti: Enrico era più... Intanto parlava, rispetto a me. Io non aprivo bocca.
Carlo Antonelli: Hai bofonchiato qualcosa… Stavi per dire una cosa sulla nascita di Blob poi hai fatto una digressione.
Marco Giusti: Sì, fondamentale. Eravamo andati a vedere Il Pappagallo Verde fatto da Luca Ronconi nel 1978. Nella pausa tra un atto e l’altro, siamo andati a prendere la farinata ed Enrico mi presenta Gianni Buttafava, che era il personaggio chiave del vecchio “Patalogo Cinema” (nda una meravigliosa summa del meglio del meglio di ogni disciplina culturale). Allora Gianni mi fa scrivere un anno sul “Patalogo” e l’anno dopo divento il suo socio, il suo vice per la parte cinema, mentre Grasso aveva la parte TV, mentre la parte teatro erano Quadri e Pontedipino. Da quel tipo di esperienza là nasce Blob. Secondo Aldo Grasso (nda poi leggendario critico televisivo del “Corriere della Sera”), Blob nasce perché Gianni faceva montaggini di cose assurde.
MARCO GIUSTI ENRICO GHEZZI BLOB
Carlo Antonelli: Ma montaggini de che. Penso che però Gianni mi dette un po’ di gusto camp snob, ma forse c’era già! Io già guardavo i film con Alvaro Vitali. Quindi Gianni è stato il personaggio chiave. Però quando è nato Blob io ero sposato, Enrico pure.
Carlo Antonelli: No, aspetta, salti un pezzo. L’“Espresso” stava a Roma.
Marco Giusti: Eravamo andati a Roma.
Carlo Antonelli: Eh, dillo.
Marco Giusti: Enrico venne assunto alla Rai, prima alla TV regionale, poi a quella nazionale. C’era anche Gianni Buttafava, nella prima fase. Tagliando corto, tira che ti ritira, il palinsesto lo cura Enrico.
Carlo Antonelli: L’intero palinsesto della Rai?
BLOB
Marco Giusti: No, di Rai 3. Con Angelo Gugliemi (nda altra leggendaria figura culturale, ex elemento dell’avanguardia letteraria del Gruppo 63, poi direttore televisivo).
Carlo Antonelli: Ammazza.
Marco Giusti: La stanza era una merda, piccolissima. Tipica stanza dell’amante e della segretaria del direttore. Guglielmi amava Enrico alla follia.
Carlo Antonelli: Consapevole però che le tecniche di cut up esistevano perché te le aveva fatte vedere Alessandra, tua moglie (nda critica d’arte de “L’Espresso”).
Marco Giusti: Non lo so. Sta di fatto che io facevo questi montaggi. Li facevo anche quando scrivevo sull’Europeo, dove avevo una rubrica di TV in cui mettevo frasette attaccate e dava subito un senso alla Blob. Allora Blob in fondo era nell’aria perché c’era il gusto del frammento. Insomma, c’erano queste cose per cui mettevi un volto, una frase, un collage di cose diverse. Mettevi Duffy Duck con Craxi.
marco giusti foto di bacco
Carlo Antonelli: Torniamo, scusa l’ossessione, al rapporto con Ghezzi. Siamo vicini alla morbosità, anche se non è la parola giusta.
Marco Giusti: Il rapporto con Enrico andava oltre il sesso.
Carlo Antonelli: Era un romance, era un mindfuck.
Marco Giusti: Sì, assolutamente.
Carlo Antonelli: Scopavate tutto il giorno con la mente.
Marco Giusti: Sì, esatto.
Carlo Antonelli: Blob fu il frutto di queste scopate?
Marco Giusti: Come nasce? La mia storia mia è questa.
Carlo Antonelli: La storia di Ghezzi è un’altra, lo sappiamo.
Marco Giusti: Ok, la mia storia è questa. Mi chiama Andrea Barbato e mi dice “sto facendo Fluff” che era un programma sulla TV. Io gli dico “no, scusami, ti faccio il peggio della settimana prima o del giorno prima”. Questa era l’idea, e io la dico subito a Ghezzi, visto che con Enrico parlavo sempre di qualsiasi cosa.
Carlo Antonelli: Nel frattempo lui inventa pure uno show delirante dal vivo, con un sacco di ospiti che sguazzavano nello studio fino quasi al mattino: Fuori Orario. Pure con Cicciolina.
Marco Giusti: Il programma è morto subito e quindi anche Enrico perché aveva fatto un flop colossale. Roba che non ti riprendi più. Insomma la cosa strana è che io vengo chiamato e mi viene imposto di fare ’sto programma qua
GIUSTI E GHEZZI
Carlo Antonelli: Ma se hai detto che era venuto in mente a te.
Marco Giusti: No, lo so che è venuto in mente a me, però quella roba lì non ti viene in mente se non hai quel tipo di formazione. Ma dentro c’era realmente quello che sapevo fare io. Non poteva farla un altro. Io quindi ritorno da Rai 1 (perché nonostante tutto mi ero preso una pausa da Enrico, che stava a Rai 3), torno come se fossi stato Maradona e invento il titolo...
Carlo Antonelli: Che proviene dal noto film horror-fantascientifico del 1958 di Irvin S. Yeaworth Jr.
Marco Giusti: Esatto, la sigla. Enrico diceva “no”, però io ho detto sì. Per questo Blob me lo sono inventato io. Lui voleva chiamarlo “Di tutto di più”.
Carlo Antonelli: Nooo!
Marco Giusti: Perché era la frase della Rai.
Carlo Antonelli: La squadra chi la fa? Perché c’è anche Marco Melani. Poi c’era il gruppo di Officina Film Club, Ciro, Paolo e Fabrizio Grana, che poi è morto.
enrico ghezzi e marco giusti 1
Marco Giusti: Due ce li mette la rete. Io ho chiamato soltanto Alberto Piccinini un anno dopo, che è stato proprio scelto sia da me che da Ghezzi. Ho messo Peter Freeman perché usciva dal gabbio, quindi figurati. Nel frattempo io accetto definitivamente di entrare in Rai come giornalista.
Carlo Antonelli: Forse questo ci dice perché Blob si è potuto fare: perché è una trasmissione classificata come giornalistica. Altrimenti non si sarebbe potuto fare.
Marco Giusti: Io ero sicuro che ci avrebbero chiuso dopo un mese. Allora avevo anche detto ad Enrico “come facciamo con la SIAE?”. Si tentò. Di certo era impossibile farlo altrove.
Carlo Antonelli: Era impossibile farlo – ripeto – perché la classificazione italiana come programma giornalistico è una classificazione più o meno di ferro, mentre questa cosa qua (per questioni proprio di rottura di continuo uso di copyright altrui) era impensabile altrove. Lo stesso Freccero – quando tentò di copiarlo su France 2 – non ci riuscì. Per la Francia era impossibile. Per questo il programma più copiabile del mondo non è stato riprodotto nemmeno nei paesi più selvaggi. Perché incredibilmente si è fatto per un tacito accordo (con Mediaset, per esempio) e per il cappello giuridico del giornalismo, ripetiamo allo sfinimento.
enrico ghezzi e marco giusti 2
Carlo Antonelli: Dopo un bel po’ nasce il conflitto con Ghezzi.
Marco Giusti: Enrico diventa pazzo...
Carlo Antonelli: Ascolta, però: il programma continua a girare no?
Marco Giusti: Il programma in tutto questo va, certo. Però io nel ’96 io vado a Rai 2 e Enrico tenta di togliere il mio nome un paio di volte. Infamissimo. Abbiamo avuto interi periodi orrendi.
Carlo Antonelli: In che modo?
Marco Giusti: Toglie il mio nome da Blob 15 anni fa.. Blob rimane ma io scompaio. Il mio nome nel programma scompare.
Carlo Antonelli: Ah, scompare nello scroll?
Marco Giusti: Però io ci rimango molto male. Ho pensato anche di fare causa alla Rai.
Carlo Antonelli: Ma come si produce uno scazzo tale in questa infinita amicizia?
Marco Giusti: No, il vero scazzo attacca un po’ prima con delle lettere atroci di Enrico.
Carlo Antonelli: Come quelle vecchie di tanti anni prima.
marco giusti
Marco Giusti: Si ma tutte di odio. Mi diceva sei una merda, però se torni...
Carlo Antonelli: E sei tornato?
Marco Giusti: No.
Carlo Antonelli: Freeziamo un attimo la storia. Ci concentriamo sull’oggetto in sé. Il tuo oggetto, Blob. Che poi è sempre lo stesso, più o meno.
Marco Giusti: Più o meno è sempre lo stesso, ahimè, però è cambiato tutto il mondo intorno.
Carlo Antonelli: Quindi l’oggetto veniva fatto di pancia, ma poi aveva in qualche modo dei pilastri? Cioè, come veniva costruita la puntata? Le puntate erano 25 minuti…
Marco Giusti: Meno, 15.
Carlo Antonelli: E andava alle 20.10.
Marco Giusti: I pilastri erano quelli che gli avevo dato io. I pilastri erano una sigla che poi è stata tolta, é stata frantumata. Nasce come programma analogico, cioè come una lettera, come una cosa scritta a macchina. Io scrivo una parola e subito dopo ho un’altra parola. C’è un racconto, una narrazione di quello che hai visto il giorno prima. Ma era anche vedere subito anche roba del giorno stesso, tipo il caso dell’urlo “Ciroooo” di Sandra Milo viene fuori perché io tagliavo ’sta cosa Ciro chi, Ciro chi, cento volte, che è una cosa in realtà musicale, come il rap.
marco giusti red carpet di roma santa e dannata
Carlo Antonelli: Era un sample.
Marco Giusti: Allora il mio Blob, in 3/4 anni era diventato una cosa estremamente sperimentale. Tagli molto corti, Berlusconi, Craxi.
Carlo Antonelli: Però creavate anche delle star.
Marco Giusti: Sì, ma quello subito. Era una cosa un po’ più semplice. Però calcola quello che tu ora vedi su Twitter o su Facebook: lì non ce l’avevi. Blob era tutto il social del giorno prima e quindi era una potenza assoluta. Anche perché, tu non avevi visto il giorno prima, io te lo facevo vedere. Allora il primo anno montavo io tutti i giorni, con ogni settimana collaboratori diversi. Dopo un anno, Enrico disse “è meglio se fai tu”.
Carlo Antonelli: E scusa, Enrico non faceva un cazzo secondo te in quell’anno?
Marco Giusti: Enrico avrà montato 2 o 3 volte.
Carlo Antonelli: Ma le sovrapposizioni, le sue cose?
Marco Giusti: C’era un problema di tempi. Tu attaccavi alle 10-11 e dovevi chiudere alle 19 per inviarlo. Lui non riusciva a chiuderlo, perché Enrico voleva sempre fare una cosa più forte, più strana e non riusciva a farla. Enrico ha dei problemi seri: non ha mai scritto un vero libro, non ha mai fatto un film perché non riesce a chiudere le cose.
Carlo Antonelli: Gliele chiudono gli altri.
Marco Giusti: Allora ti dico i suoi Blob saranno in tutto 8-10 al massimo in 30 anni, e chiudono sempre con valanghe, cioè pezzi di 5 min che poi tappano il montaggio. Era una cosa assurda.
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Carlo Antonelli: Blob prende il titolo da un film di fantascienza. Com’è finita?
Marco Giusti: Ci fa causa quello che aveva fatto il produttore che aveva fatto il film originale. Quello americano. Rai 3 paga non mi ricordo quanto, perché lo avevamo rubato.
Carlo Antonelli: Avevate rubato il nome e pure il pezzo del film.
Marco Giusti: La nostra TV era volutamente rubata. Avevamo ’sta cosa teorica di fare le cose rubate gratis. Era molto anarchico il progetto.
Carlo Antonelli: E invece l’amore per la sgranatura, lo zoom, il “rallenty” (dico così anche se non credo esista)
Marco Giusti: Il rallenty lo usavo poco, ogni tanto c’era sulle tette di una, o sulle mutande mancante di Alba Parietti a Domenica In.
Carlo Antonelli: Comunque l’ossessione per la figa non vi ha mai abbandonato diciamo.
Marco Giusti: Appena c’era una cosa che si poteva mettere si metteva. I primi anni sì, sul sesso proprio. Io però avevo messo… Sai, no, che c’era Bugs Bunny finto che parlava, io avevo messo Berlusconi, la sua voce. Quelli della Warner Bros s’incazzarono. Stavano per farci causa.
Carlo Antonelli: Perché?
Marco Giusti: Perché offendevamo Bugs Bunny.
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Carlo Antonelli: Grande. Senti, torniamo per l’ultima volta indietro. Indietro indietro fino all’adolescenza. Ai 20 anni. È abbastanza interessante vedere in che modo – questa è la vecchia tesi, tra l’altro, contro i boomer, i boomer veri, quelli come te che iniziano alla fine degli anni ’60 ad occupare posti di potere…
Marco Giusti: Beh, io però non credevo fosse possibile vivere con la critica cinematografica.
Carlo Antonelli: Tutti i ragazzi del cineclub si sono tutti piazzati in un modo e nell’altro.
Marco Giusti: Beh, ecco, aspetta. I miei amici sono quasi tutti morti. La mafia cosiddetta ligure era una mafia culturale, di fatto. Tu vedila come vuoi, però Ricci, Freccero, Tatti: questi qui erano tutti bravi.
Carlo Antonelli: Forse è quello. Eravate tutti bravi.
Marco Giusti: Io ho aiutato solo i miei, ecco.
Carlo Antonelli: È un'altro programma.
marco giusti
Marco Giusti: Sì, è un’altra storia.
Carlo Antonelli: Tu lo sai che faccio i necrologi con Luca Guadagnino. Tu lo farai il necrologio a Enrico?
Marco Giusti: No.
Carlo Antonelli: No?
Marco Giusti: Per me Enrico è già morto.
Carlo Antonelli: Cut.