Estratto dell’articolo Francesca Rivano per “la Stampa”
POLIZIA PENITENZIARIA
Messo alla gogna. Marchiato da un'invisibile lettera scarlatta che non lo abbandona mai, mentre percorre i corridoi del carcere di Billiemme, periferia Sud di Vercelli dove oltre 300 detenuti e un risicato corpo di agenti condividono spazi spesso sovraffollati e che avrebbero urgente bisogno di una radicale ristrutturazione.
Sussurri, battute, un provvedimento disciplinare che lo costringe prima a rispondere «a domande ambigue» e poi a sottoporsi a un esame psichiatrico per «far chiarezza sulla personalità», cioè per verificare il suo orientamento sessuale.
POLIZIA PENITENZIARIA
Un incubo che sembra non finire mai quello in cui precipita un giovane agente scelto della Polizia penitenziaria: a innescare una spirale che rischia di trascinarlo verso il baratro sono le accuse di aver rivolto avances sessuali a due detenuti. Alla prova dei fatti si sarebbero rivelate accuse infondate, ma intanto bastano per far partire un procedimento disciplinare.
Dopo i primi colloqui, l'amministrazione penitenziaria ordina un test per «fare chiarezza» sulla personalità dell'uomo, pur in assenza di elementi concreti che facessero pensare a qualche tipo di disturbo psichiatrico.
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Un «atto arbitrario e privo di un valido supporto giuridico, oltreché tecnico-scientifico», decreta oggi il Tar Piemonte, al quale l'agente ha fatto ricorso dopo l'archiviazione del provvedimento nei suoi confronti.
Nella sentenza, i giudici riconoscono all'agente un risarcimento di 10mila euro per i danni morali patiti a causa di quella che viene definita «un'illegittima inferenza tra la presunta omosessualità dell'agente scelto e l'esistenza di un disturbo della personalità».
[…] Le contestazioni disciplinari vengono archiviate, ma intanto la vicenda diventa oggetto di chiacchiericcio e scherno, anche tra alcuni colleghi.
polizia penitenziaria
Alla fine l'agente, terrorizzato che le voci potessero arrivare anche alla porta di casa sua, mettendo a rischio la serenità familiare, chiede il trasferimento e lascia Vercelli. Ma non la battaglia per ottenere la riabilitazione.
«Una battaglia di civiltà, contro le discriminazioni e contro l'omofobia», dice Gerardo Romano, vice segretario del Organizzazione Sindacale Autonoma di Polizia Penitenziaria, che ha seguito il caso assieme al segretario nazionale, Leo Beneduci.
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La sentenza rileva che fu messa in dubbio l'idoneità al lavoro del poliziotto «veicolando l'idea per cui l'omosessualità attribuitagli potesse essere un disturbo della personalità». Da qui il riconoscimento di un risarcimento morale, per il forte stress e lo stigma sociale patito nella circostanza. Il risarcimento è a carico al Ministero della Giustizia, ma Osapp sta valutando se richiedere un riconoscimento di responsabilità nei confronti del dirigente che impose la visita.