Paolo Mastrolilli per “la Stampa”
bob dylan
Bob Dylan? Che violenta una ragazzina di 12 anni, quando stava con Joan Baez ed era lanciato verso il successo planetario? Lui nega persino di esserci stato, nel luogo dove sarebbe avvenuto il fattaccio, ma la causa ormai è stata presentata e trascina il «menestrello del Minnesota», premio Pulitzer e premio Nobel per la letteratura, nel tritacarne del movimento #MeToo. Almeno fino a prova contraria. Il procedimento è stato avviato venerdì scorso presso la Manhattan Supreme Court di New York dagli avvocati Daniel Isaacs e Peter Gleason, a nome di una donna identificata solo con le iniziali J.C., che oggi ha 68 anni e vive a Greenwich, in Connecticut.
BOB DYLAN SHADOW KINGDOM
I fatti risalgono al periodo tra aprile e maggio del 1965, e sarebbero avvenuti nell'Hotel Chelsea, famosa e famigerata residenza di molti artisti, dove nel 1978 sarebbe poi morta anche Nancy Spungen, fidanzata del bassista dei Sex Pistols Sid Vicious. Secondo l'accusa, «durante il corso di sei settimane il cantante aveva fatto amicizia e stabilito una connessione emotiva» con la sua vittima.
JOAN BAEZ BOB DYLAN
Gli avvocati di J.C. sostengono che Dylan aveva preso di mira la loro cliente per «abbassare le sue inibizioni, con l'obiettivo di abusarne sessualmente, cosa che egli aveva fatto, aggiungendo la fornitura di droghe, alcool e le minacce di violenza fisica, lasciandola emotivamente ferita e psicologicamente danneggiata fino ad oggi». Le tredici pagine di documenti legali, pubblicati dal giornale Usa Today, affermano che Bob aveva usato la sua fama di musicista per «adescare J.C. allo scopo di conquistare la sua fiducia e ottenere il controllo su di lei». Quindi ne aveva abusato sessualmente, «in certe occasioni» nel suo appartamento all'Hotel Chelsea. Lei aveva sofferto «seri e severi problemi mentali, angoscia, umiliazione, imbarazzo, così come perdite di natura economica».
bob dylan
Perciò chiede insieme la punizione giudiziaria di Dylan e la compensazione monetaria, anche perché i danni fisici subiti l'hanno costretta a cure mediche molto costose. Alla Cnn, che cercava dettagli più chiari sulle accuse, l'avvocato Isaacs ha risposto che «la causa parla da sola. Proveremo tutte le accuse in tribunale. Il procedimento è stato presentato dopo molte ricerche e verifiche, e non c'è dubbio che lei sia stata sua vittima all'Hotel Chelsea». La causa è stata avviata il giorno prima della scadenza del New York Child Victims Act, una legge varata nel 2019 proprio per concedere alle vittime di simili abusi una finestra di tempo per portare i loro aggressori davanti ai giudici, anche se i reati sarebbero ormai in prescrizione.
Joan Baez Bob Dylan
Un portavoce di Dylan ha detto a Usa Today che «questa accusa vecchia di 56 anni non è vera, e ci difenderemo vigorosamente». I fan di Bob si sono subito mobilitati per smontare il procedimento, andando a guardare il calendario dei suoi impegni all'epoca delle presunte molestie. Così hanno scoperto che tra marzo e aprile del 1965 era con la fidanzata Joan Baez in Gran Bretagna, dove aveva concluso il tour con un concerto tenuto alla Royal Albert Hall il 10 maggio.
Se le cose stanno effettivamente così, Dylan non sarebbe stato neppure presente a New York, durante il periodo delle violenze contro la minorenne J.C. Ai suoi avvocati quindi basterebbe dimostrare che tra aprile e maggio del 1965 era in un altro continente, e quindi di sicuro non poteva ospitare la sua vittima all'Hotel Chelsea per molestarla. Il clima creato dal movimento #MeToo ha però cambiato la dinamica di questi procedimenti, anche perché spesso in passato le donne che denunciavano abusi non venivano neppure ascoltate. Perciò Bob dovrà fare molta attenzione ai dettagli della sua difesa, per dimostrare la propria innocenza.
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2. ERA L'ANNO DI "LIKE A ROLLING STONE" MA IL TEMPO NON CANCELLA I CRIMINI
Michela Marzano per “la Stampa”
Era il 1965, pochi mesi prima dell'uscita di Like a Rolling Stone, una delle più belle canzoni di tutti i tempi. Era il 1965 e, se le accuse di JC (che aveva allora 12 anni) dovessero essere confermate, Bob Dylan, utilizzando alcool e droghe, molestava sessualmente una bambina. Certo, non sta a noi pronunciarci sulla veridicità o meno della denuncia depositata venerdì scorso dalla donna presso la Corte Suprema di New York - il portavoce di Dylan ha già fatto sapere alla BBC che si tratta di «un'accusa vecchia di 56 anni, falsa e che sarà rigorosamente contestata».
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Ma anche se non conosciamo i fatti, possiamo comunque interrogarci su una serie di questioni etiche che solleva questa brutta storia. Il fatto che le violenze risalirebbero al 1965 le rende meno gravi? Si può applicare la prescrizione a crimini come le molestie sessuali o la pedofilia? Ha senso lasciar correre perché l'accusato cambiò per sempre il corso della musica e, nel 2016, venne insignito del premio Nobel? Perché ci sono voluti così tanti anni prima che la donna rivelasse di essere stata stuprata? Proviamo a partire dal contesto.
Negli anni Sessanta e Settanta, infatti, ci fu chi legittimò la pedofila in nome della liberazione sessuale. Anche grandi figure intellettuali dell'epoca si lasciarono andare a dichiarazioni che oggi farebbero venire la pelle d'oca a chiunque. Come le parole di una petizione, pubblicata sul quotidiano francese Le Monde - e firmata tra gli altri da Sartre, Althusser, Aragon, Deleuze e Sollers - in cui si chiedeva di abbassare la maggior età sessuale a 12 anni, e si avallava l'idea secondo cui la pedofilia fosse «una cultura volta a spezzare la tirannia borghese che fa degli amanti dei bambini dei mostri».
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Oggi, nessuno più si sognerebbe di affermare cose di questo genere. Ormai sono note le conseguenze terribili degli abusi sui più piccoli e sulle più piccole; abbiamo quasi tutti consapevolezza di cosa significhi, per un bambino o una bambina, abbandonarsi fiduciosi agli adulti e sentirsi traditi; conosciamo i sensi di colpa che ci si porta dentro quando si è stati abusati e la convinzione di essere all'origine di ogni male; sappiamo che l'identità personale si sbriciola e che il corpo perde i propri confini trasformandosi in un campo di battaglia.
Prima no. Prima, lo scandalo era considerato un vezzo borghese. Prima, non si immaginava che una bambina violentata potesse «rotolare come una pietra» e ci si illudeva che il tempo cancellasse tutto. E quindi? Basta il contesto a giustificare molestie e pedofilia? E poi, di nuovo, perché JC denuncia Dylan solo adesso? Chiunque abbia subito una violenza sessuale sa che ci possono volere anni prima di rielaborare il trauma subito, trovare le parole giuste per raccontare il dolore, togliersi dalla testa l'idea di essere colpevole e iniziare a ricostruirsi. Poco importa, allora, se il criminale è un grande intellettuale o un brillante scrittore o un idolo della musica o un premio Nobel. Ci sono crimini imperdonabili e imprescrittibili, come scrive Vladimir Janckélévitch spiegando che gli esseri umani sono «irrimediabilmente precari» e, per questo, «infinitamente preziosi».
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Crimini che il tempo non cancella e non ripara, anche se di anni ne sono passati tantissimi, a volte troppi, e sembra assurdo tirar fuori dagli armadi scheletri di un'altra epoca. Tanto più che il contesto, se può spiegare determinati atteggiamenti e far capire all'interno di quale mondo una persona possa aver agito, non per questo giustifica o scusa. Soprattutto quando ci si trova di fronte a chi, abusando del proprio ruolo, della propria funzione, della propria aurea o del proprio potere, calpesta la fragilità di chi, infinitamente prezioso, dovrebbe essere protetto. How many roads must a man walk down, before you call him a man?
BOB DYLAN AL PREMIO NOBEL
«Quante strade deve percorrere un uomo per poter essere chiamato uomo?» cantava Bob Dylan, prima di chiedersi quante volte ci si può girare facendo finta di non vedere, e quante orecchie si dovrebbero avere per sentire piangere qualcuno. Parole bellissime di una canzone bellissima, come tante altre scritte e cantate da Dylan, e per le quali il leggendario cantautore meritava senz' altro un Nobel. Ma quante menzogne si possono raccontare prima che la verità venga a galla?
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Quante volte ancora dobbiamo assistere allo scempio della violenza sessuale e della pedofilia prima che sorgano dubbi sulla colpevolezza degli aguzzini? The answer is blowing in the wind, «la risposta se ne va nel vento». Anche perché, ammesso e non concesso che JC non menta - sarà la magistratura a stabilirlo - resta il dilemma della possibile separazione tra «autore» e «opera». Così come restano la rabbia, il dolore e l'impotenza di tutte coloro e tutti coloro che, proprio perché sono stati vittime di mostri sacri tanti anni fa, decidono di continuare a tacere.
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