Greta Pagani
«Sono l’uomo del diavolo (...) non contrastare il malvagio (...) a me la vendetta». Questo il messaggio WhatsApp che Alexander Boettcher avrebbe inviato nell’agosto 2014 ad un’amica di Martina Levato, Greta Pagani. La ragazza lo ha raccontato testimoniando nel processo milanese a carico del broker, accusato di associazione per delinquere per una serie di aggressioni con l’acido.
Assieme a quel messaggio, letto in aula dalla teste e nel quale Alex diceva anche «deve ancora nascere la ragazzina che mi prende in giro» e «occhio per occhio, dente per dente», il broker avrebbe inviato all’amica di Martina anche una foto della «guancia» della bocconiana «scarnificata» con una segno a forma di A. La ragazza ovviamente si spaventò e non rispose, pensando «di avere a che fare con un pazzo».
ALEXANDER BOETTCHER
IL FLIRT CON GIULIANO
Le due studentesse si erano conosciute nelle aule dell’università Cattolica di Milano ed erano diventate molto amiche. «All’inizio - ha spiegato la ragazza - Martina era innamorata, ma Alex non le dava molta importanza e la loro era una relazione molto libera».
Infatti, entrambi avrebbero avuto altri flirt durante la loro frequentazione. In particolare, una sera di febbraio 2014, «Martina ha conosciuto in discoteca Giuliano Carparelli», il fotografo che si trovava al Divina con i suoi fratelli e di cui lei e Greta, che l’accompagnava, conoscevano solo il nome di battesimo e la professione. I due - secondo l’amica - si sarebbero scambiati delle effusioni delle quali «Martina non si era pentita subito, perché nei giorni successivi a quella sera ne parlava ed era contenta», spiega Greta interrogata dal pm Marcello Musso.
ALEXANDER BOETTCHER E LA MOGLIE GORANA
MESSAGGI SCRITTI DA ALEX A NOME DI MARTINA
Mesi dopo però, a giugno, Greta ha dichiarato di aver ricevuto messaggi dai profili Facebook e Whatsapp della studentessa bocconiana, con richieste insistenti di dettagli su quella famosa serata al Divina. Martina (ma più probabilmente Alex, che si spacciava per lei) scriveva che voleva particolari perché si sentiva in colpa nei confronti di Alex che, nel frattempo, era diventato il suo fidanzato.
«Ho subito pensato che non fosse lei a scrivermi - ha riferito alla corte Greta - perché mi chiedeva cose riguardo ai suoi comportamenti e ai suoi pensieri relativi a quella serata, che lei avrebbe dovuto conoscere meglio di me». In seguito Giuliano scampò a un agguato con l’acido riparandosi con l’ombrello, e al tentativo successivo la coppia diabolica sbagliò bersaglio e colpì Stefano Savi, sfigurandolo.
ALEXANDER BOETTCHER
GELOSO ANCHE DELLE AMICHE
I rapporti tra Greta e Martina - sempre secondo il racconto della ragazza - si sarebbero interrotti quando, al ritorno di Alexander da un viaggio in Thailandia, le cose tra lui e Martina si sarebbero fatte più serie. La stessa cosa era successa con Emanuela Manzo, l’amica del cuore di Martina, che Alex aveva voluto che la ragazza smettesse di frequentare per «punirla» di avergli mentito sui suoi tradimenti. «Ho incontrato Emanuela a settembre - ha continuato Greta - e lei mi ha detto che Alexander aveva voluto punire Martina dandole due opzioni: chiudere l’amicizia con Emanuela o assistere mentre lui aveva con lei un rapporto sessuale».
ALEXANDER BOETTCHER
IL TESTIMONE
«Ho visto una ragazza con una specie di bicchierone in mano che sorrideva, dentro un’auto c’erano due persone e avevano tutti e tre un atteggiamento come se stessero festeggiando qualcosa, un atteggiamento quasi ludico».
Così un testimone ha raccontato in aula gli istanti prima del lancio di acido del 28 dicembre 2014 contro Pietro Barbini, un lancio, ha spiegato ancora il teste, che «a me era sembrato un gavettone d’acqua». «Nessuno si è reso conto della gravità di quel che stava accadendo», ha spiegato il testimone, Ermanno G., che quel pomeriggio stava passando in via Giulio Carcano in macchina con la moglie.
L’INSEGUIMENTO
stefano savi
«Ho visto del liquido volare verso destra, non ho visto chi lo lanciava - ha chiarito il teste, che ha raccontato anche di aver visto un ragazzo «a torso nudo» (probabilmente Barbini, che si era tolto i vestiti dopo essere stato colpito dall’acido), «che inseguiva un ragazzo con un cappuccio in testa e lo bloccava». In quel momento, ha aggiunto, «ho pensato ancora, come altri in strada, che fosse una banale lite, che stessero ancora litigando per quel gavettone». La moglie del testimone ha raccontato che mentre erano in macchina il marito gli disse: «Guarda questi ragazzi che si tirano i gavettoni a dicembre». La donna ha spiegato di aver visto «una ragazza che scappava e due giovani che si inseguivano».
andrea magnani
L’INVESTIGATORE
Poco prima un investigatore, sempre testimoniando nel processo a carico di Boettcher accusato di una serie di aggressioni (Martina Levato è a processo con rito abbreviato con il complice Andrea Magnani), aveva spiegato di aver visto Barbini quel pomeriggio «sofferente e col viso corroso», mentre Boettcher «era stato bloccato a terra, ad un certo punto, da una massa di 10-15 persone».
LA PAURA DOPO L’AGGRESSIONE
Durante l’udienza è stato sentito anche Ariosto Corrieri, l’amico di Giuliano Carparelli, il fotografo scampato all’aggressione con l’acido grazie all’ombrello e alla sua prontezza di riflessi. Il giovane ha descritto un Carparelli «terrorizzato» dopo la tentata aggressione del 15 novembre 2014 e ha riferito di aver accettato di ospitarlo, visto che lui non si sentiva più tranquillo a dormire in casa propria.
martina levato 2
Corrieri ha anche raccontato del pomeriggio del 26 novembre 2014 quando, dopo aver ricevuto la chiamata di un presunto corriere che gli chiedeva di andare a ritirare un pacco in via Pacini, Carparelli ha deciso di recarsi sul posto con due suoi amici, tra i quali proprio Corrieri, «con caschi e una mazza». In questo modo evitò un secondo agguato.
DUE ESPERTE PER DECIDERE SULLA CAPACITÀ GENITORIALE
Intanto il Tribunale per i minorenni di Milano ha deciso che occorre una «consulenza tecnica d’ufficio» su profili «psico-diagnostici» per stabilire l’eventuale capacità «genitoriale» di Alexander Boettcher e Martina Levato, entrambi già condannati a 14 anni nel primo processo, e per valutare se i loro genitori hanno o meno una capacità «accuditiva».
martina levato 1
Questo nell’ambito del procedimento di adottabilità del bimbo partorito dalla giovane lo scorso Ferragosto e che è stato temporaneamente collocato in una casa famiglia lontano dal capoluogo lombardo. I giudici minorili, dopo che i servizi sociali del Comune di Milano avevano depositato la loro relazione sul nucleo familiare e chiesto più tempo per fare valutazioni, hanno deciso con un provvedimento che è necessaria una consulenza tecnica e l’hanno affidata a due esperte: Cecilia Ragaini, neuropsichiatra e psicoterapeuta, e Simona Taccani, psichiatra e psicoanalista.
MARTINA LEVATO
Nel frattempo, sempre con lo stesso provvedimento, il Tribunale ha respinto ogni richiesta di collocamento del minore in un luogo diverso e, dunque, il piccolo rimarrà nella casa famiglia fino alla conclusione del procedimento. In un’udienza, fissata per il prossimo 24 novembre, i giudici indicheranno ai consulenti il termine per depositare la relazione.