bomba carabinieri 11
Alessia Marani per il Messaggero
La bomba davanti al portone della caserma dei carabinieri a San Giovanni nella notte, l'incontro dibattito alla Casa del popolo a Torpignattara la sera: la chiamata alle armi degli anarchici a Roma non è stata casuale, almeno seguendo la data sul calendario, 7 dicembre, giornata in cui alle 19, a poche ore dallo scoppio, in via Bordoni, ha parlato il fratello di Santiago Maldonado, Sergio, insieme con Taty Almeida, scrittrice e membro delle Madres de Plaza de Mayo e Carlos Pisoni militante di Hijos, organizzazione argentina per i diritti umanitari. Incontro dibattito sulla cui platea si sono inevitabilmente accesi anche i fari dell'intelligence dell'Arma e del Ros che indagano sull'ordigno piazzato ai piedi della caserma Caccamo da due giovani incappucciati.
Il raid era stato, infatti, rivendicato intorno alle 17 su un sito d'area, a firma della Fai, Federazione anarchica informale affiliata al Fri, Fronte rivoluzionario internazionale e per l'occasione battezzata «Cellula Santiago Maldonado», in memoria dell'attivista argentino morto in circostanze misteriose nei terreni della Patagonia dove è in atto la resistenza Mapuche all'avanzata della multinazionale Benetton. Proprio di questo si parlava giovedì. I genitori di Maldonado erano stati già ricevuti mercoledì da Papa Bergoglio.
ANALOGIE E DIFFERENZEL'obiettivo sarebbe stato ben studiato: la Caccamo è una delle rare caserme prive di cancellate in ferro esterne e con accesso diretto dal marciapiede. La posizione è strategica: in un'area centrale, a due passi dalla prima basilica di Roma e vicina a metro e stazioni.
bomba roma carabinieri san giovanni
Oltre ai controlli d'obbligo nella non distante Torpignattara, i militari che lavorano sottotraccia nei nuclei Informativo e Investigativo procedono senza sosta nell'acquisizione e nella visione di una montagna di immagini registrate dalle videocamere pubbliche e private di zona, alla ricerca del più piccolo particolare che possa tradire i due giovani incappucciati ripresi dalle telecamere della caserma mentre posizionavano l'ordigno, un thermos di metallo con dentro 1,6 kg di polvere pirica collegati con cavi a batterie a 9 volts e a un timer-sveglia, per poi dileguarsi, sempre a piedi, su via Dacia.
Allo stesso tempo si lavora su tracciati online e tabulati telefonici, nella speranza che la strategia anarco-insurrezionalista passata alla pratica sia incappata in sbavature.
Nel mirino anche i movimenti sospetti davanti alla Caccamo nei giorni precedenti, sopralluoghi effettuati magari in notturna approfittando del bar sempre aperto dall'altro lato della strada. Intanto, a piazzale Clodio, il fascicolo aperto contro ignoti per terrorismo è stato affidato alla pm Tiziana Cugini perché lo faccia confluire nella inchiesta già avviata sulle due esplosioni di maggio all'ufficio postale di via Marmorata, a Ostiense. Tra i due episodi vi sarebbero delle analogie, a partire dalla matrice, da subito ricollegata dalla Digos alla galassia Fai; ma anche delle differenze: l'ordigno che è esploso a San Giovanni sarebbe stato confezionato da mani più esperte e per Ostiense non è mai arrivata una rivendicazione.
ANARCHICI 1
C'è da capire se nella Capitale si sia attivata (o risvegliata) una cellula insurrezionalista strutturata e pronta a colpire di nuovo. O se a fare da detonatore sia stata la presenza dei Maldonado a Roma; striscioni di solidarietà con l'effige anarchica erano apparsi nei giorni scorsi ad Atene e Vienna. Nella lente degli investigatori anche gli attentati incendiari a un'auto del corpo diplomatico in agosto (firmato Comitiva allegri incendiari) e al car-sharing Enjoy, simbolo capitalista, il 1 dicembre a Montesacro. Sorvegliati a debita distanza restano i centri sociali Bencinvenga (qui nel 2014 trovò riparo un anarchico catalano) e Torre Maura Occupata, location comparsa nelle inchieste sugli anarchici viterbesi e sempre in prima linea nella raccolta sussidiaria per gli anarchici in prigione.