Giuseppe Salvaggiulo per "la Stampa"
marta cartabia mario draghi
Il tempo della discussione, pur prolungato per consentire ai partiti di adeguarsi al clima di unità nazionale, è scaduto. Ieri la ministra della Giustizia Marta Cartabia ha incontrato, separatamente, i rappresentanti dei partiti di maggioranza. Oggi ultimo passaggio politico: cabina di regia a Palazzo Chigi con i ministri-capi delegazione. Domani quello istituzionale: approdo, varo e blindatura in Consiglio dei ministri della riforma della giustizia penale.
Riforma Cartabia a tutti gli effetti, nel metodo e nel merito, sebbene formalmente trapiantata, a colpi di emendamenti, su quella Bonafede.
MARTA CARTABIA
Metodo Cartabia, dunque: lunga decantazione, commissioni tecniche al ministero per ipotizzare su ogni tema diverse opzioni, mediazione con i partiti, flessibilità, zero decisionismo, sigillo in Consiglio dei ministri per scongiurare il Vietnam parlamentare. L'innesto sulla riforma Bonafede, oltre che clausola di stile e mossa tattica, è anche sostanza. Molte previsioni originarie restano, il che potrà consentire ai pentastellati, chissà con quanta convinzione, di rivendicare continuità. Ma novità ci sono.
alfonso bonafede
Gli obiettivi risuonano stancamente da decenni: ridurre numero e lunghezza dei processi, razionalizzare un sistema «arlecchino». Molteplici gli strumenti. Ribaltato il criterio del rinvio a giudizio, per cui si va a processo solo se le prove sono tali da giustificare una prognosi di condanna, e non solo «idonei a sostenere un giudizio».
Più stringente controllo del gip sui tempi delle indagini, dall' iscrizione dell' indagato all' intimazione al pm di chiudere, in un senso o nell' altro, quando il tempo è spirato. Introdotto il concetto, caro alla ministra, della giustizia riparativa: non nella forma più avanzata dell' archiviazione condizionata alla riparazione del danno, ma in quella più prudente dell' allargamento della messa in prova per evitare il processo. Estesi e incentivati i patteggiamenti, anche per reati più gravi e pene alternative. Istituzionalizzati i criteri di priorità dell' azione penale.
marta cartabia sergio mattarella
Dal punto di vista politico, il nodo gordiano è sempre la prescrizione. Ammansite Forza Italia e Lega, il problema erano (sono?) le resistenze del M5S, per cui l' abolizione della prescrizione è un totem. Alla fine la Cartabia ha scelto una soluzione ipotizzata dal Pd, che ha il pregio tecnico di evitare processi infiniti e quello politico di consentire a tutti di cantare (un po') vittoria.
Il meccanismo prevede che il decorso della prescrizione sostanziale (del reato) s' interrompa con la sentenza di primo grado, come previsto da Bonafede. Ma poi il processo non può durare in eterno. S' introduce una prescrizione processuale, tarata secondo le fasi. Due anni per concludere il processo di appello, uno per quello in Cassazione. Se anche solo uno di questi termini di fase viene sforato, il processo muore.
marta cartabia
La speranza della Cartabia è questa soluzione sia pragmaticamente accettabile da tutti i partiti, senza che nessuno si senta completamente soccombente né vincitore.
Certo, il M5S deve capitolare (è anche questione di numeri) rispetto all' intangibilità della riforma Bonafede. E il centrodestra (più Italia Viva) non potrà celebrarne il falò. Il malumore tra i pentastellati è palpabile, ma nella maggioranza si escludono harakiri.
Aiuta la sentenza della Corte costituzionale, che giusto ieri ha cassato la norma del decreto Covid che sospendeva la prescrizione. Rispetto alle bozze iniziali, depennata la norma che limitava per pm (soprattutto) e avvocati la possibilità di appellare le sentenza di primo grado. Il ministero ha valutato che il potenziale beneficio deflattivo non giustifica un doppio frontale con magistrati e avvocati.