Mario Sconcerti per il "Corriere della Sera"
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È stata una partita grandiosa e sbagliata, ormai storica, ma quando siamo andati ai rigori mi sono sentito sicuro. Mancini piace alla fortuna, ha qualche cosa di sorpreso e femminile che lo rende universale. La fortuna non ci ha aiutato, siamo noi che l'abbiamo sedotta. La Spagna ha giocato meglio, è stata molto più squadra, se volete parliamo di tattica ma di vero non è successo niente.
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Ha deciso un rigore dopo due ore di gioco, una piuma nell' aria che sposta la storia. Quasi inaccettabile, è vero, ma stavolta è toccato agli altri. E a tratti, in quel lungo tempo supplementare triste come una sconfitta annunciata, ho visto la vecchia Italia, quella che avrebbe avuto una gran voglia di difendere il gol di Chiesa, di non essere più moderna, ma non l' ha fatto.
Ha solo sofferto un avversario che conosce il calcio meglio di noi, ma non ci è stato superiore. Ve l' avevo detto, il problema con la Spagna è riuscire a prendergli il pallone. Né Verratti, né Barella, e stavolta nemmeno troppo Jorginho, che ha giocato annullandosi con Pedri, ci sono mai riusciti. Abbiamo corso tanto per cercare da ogni parte un pallone che non trovavamo mai. È mancata tanto la profondità di Spinazzola, la sua facilità di saltare l' uomo e spingere Insigne oltre l' avversario.
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Così abbiamo perso anche Insigne. Ma siamo sempre rimasti in partita, in difficoltà, mai travolti, perfino a lungo in vantaggio. Potevamo perdere, a un certo punto forse lo meritavamo anche, ma non sarebbe cambiato niente, avevamo dato tutto, avevamo comunque giocato il nostro calcio. Siamo solo un po' caduti in una trappola impossibile da evitare. Ma c' è stata ovunque grande qualità.
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Olmo è un fantasista nuovo, Chiesa è un attaccante confermato, Bonucci e Chiellini giocatori eterni. Nessuno ha giocato male, qualcuno non ha solo potuto farlo perché portato contro avversari diversi. Ma è finita come doveva, la Spagna lo sentiva già, la faccia triste di Luis Enrique lo diceva, i dubbi sul suo portiere anche. Eppoi c' era la buona dea di Mancini, che come Venere alla grotta di Enea, ha accompagnato i rigoristi italiani. E lì era chiaro che avremmo violato Wembley e presa in mano la finale.
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