Silvia Turin per il “Corriere della Sera”
PAOLO BONANNI
Occhi puntati anche dall'Italia verso gli Stati Uniti, dove l'epidemia sembra nuovamente decollare. L'aumento giornaliero dei nuovi casi è così massiccio da aver spinto alcuni Stati a chiudere zone e attività, oppure a rimandare le riaperture programmate. In Italia la situazione è sotto controllo, anche se ci sono focolai circoscritti.
Se dovessimo avere in autunno una recrudescenza di nuove infezioni sarebbe necessario un altro lockdown?
«Bisogna capire quanto crescono i casi - risponde Paolo Bonanni, esperto di Sanità Pubblica e professore ordinario di Igiene all'Università di Firenze -: se siamo capaci di contenerli là dove si manifestano, non sarà necessario bloccare di nuovo tutte le attività con un lockdown generalizzato. È cruciale valutare la velocità con cui i focolai si diffonderanno. Mi viene in mente la Liguria, dove ci sono stati pochi giorni fa 14 casi di cui 12 in una casa di riposo. Se succede questo, se si identificano precocemente i contatti stretti e si è in grado di fare il tracciamento dei soggetti che provengono tutti dallo stesso luogo, probabilmente saremo capaci di contenere il contagio con il solo isolamento di alcune zone».
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Negli Usa la crescita è così rapida che sembrano inevitabili nuove restrizioni.
«Se l'espansione diventa esponenziale, come è stato in Italia a marzo, si supera la capacità di contenimento. Non si riescono a tracciare i contatti: diventa un lavoro enorme, ma ogni dato sul numero dei nuovi casi giornalieri va calibrato su ciascun Paese e sulla relativa capacità di tracciamento in base alla dimensione della popolazione».
Com' è la situazione epidemiologica in Italia?
«Adesso siamo nella situazione ideale, perché abbiamo pochi nuovi positivi e siamo in grado di fare un tracciamento preciso. Tutto dipende dalla nostra bravura a tenere i focolai sotto controllo nelle prime fasi. Se i casi cominciano ad aumentare in maniera esponenziale, il lockdown diventa una scelta necessaria e drammatica. Credo che per la nostra economia sarebbe una tragedia assoluta».
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Come bisogna prepararsi per scongiurare il peggio?
«Sarebbe necessario ci fossero tracciatori di contatti diffusi in modo capillare sul territorio. La app "Immuni" è stata scaricata da poche persone e comunque non sarebbe bastata da sola, serve anche una forza lavoro umana. Non necessariamente devono essere medici specialisti in igiene, possono essere gli assistenti sanitari (che sono deputati a farlo per competenza professionale), ma anche semplici studenti di medicina degli ultimi anni opportunamente formati».
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Lo stiamo facendo?
«Dal mio osservatorio non posso dirlo con certezza per tutte le Regioni, che devono organizzarsi senza eccezioni per avere i tracciatori in caso di necessità. A marzo non eravamo pronti. Il momento di attrezzarsi in questo senso è adesso». Nel caso i nuovi positivi aumentassero in modo preoccupante, saremo costretti a chiudere? «Non credo ci troveremo nella stessa situazione di marzo. Bisogna fare piccole zone rosse circoscritte: meglio piccoli blocchi locali rispetto a un blocco generalizzato. Per una volta cerchiamo di investire in prevenzione in Italia e dotiamoci delle forze umane necessarie per tempo».
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