Luigi Ippolito per “il Corriere della sera”
BORIS JOHNSON
Boris Johnson rischia il processo per le menzogne sulla Brexit. Con una decisione senza precedenti, la giudice distrettuale Margot Coleman ha deciso di dar corso a una querela privata presentata lo scorso febbraio contro l' ex sindaco di Londra, che si vede accusato di «cattiva condotta in pubblico ufficio»: un reato raro, che risale al 1200 e che può essere punito addirittura con l' ergastolo.
Si tratta di uno sviluppo straordinario nella corsa alla successione di Theresa May: perché Boris Johnson è il favorito e potrebbe ritrovarsi imputato quando sarà ormai già diventato primo ministro. La querela è stata sporta da Marcus Ball, un attivista di «Brexit Justice Limited», che è riuscito a raccogliere tra il pubblico 200 mila sterline per sostenere la sua azione legale.
BORIS JOHNSON COME MILEY CYRUS
La «menzogna» in questione è l' ormai celebre asserzione dei sostenitori della Brexit - dipinta a caratteri cubitali su autobus rossi durante la campagna referendaria del 2016 - secondo cui la Gran Bretagna paga 350 milioni di sterline alla settimana alla Ue: fondi che invece potrebbero essere destinati al servizio sanitario nazionale. Un' affermazione ripetuta più volte a quell' epoca da Boris Johnson, che era il leader della campagna per la Brexit, ma che era del tutto priva di fondamento.
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La giudice Coleman non ha deliberato sui fatti in questione, ma ha ritenuto che ci fossero elementi sufficienti per non lasciar cadere il caso, come invece chiesto dai legali di Johnson: e ha dunque deciso che l' ex sindaco di Londra dovrà presentarsi in tribunale, in un' udienza che si terrà entro 3-4 settimane. In quella sede potrebbe esser deciso il rinvio a giudizio di Boris: ma il processo, se si terrà, non si aprirà probabilmente prima di altri sei mesi. Ossia quando Johnson potrebbe essersi già insediato a Downing Street.
I legali di Ball hanno sostenuto che la condotta di Johnson è stata «irresponsabile e disonesta: la democrazia richiede una leadership responsabile e onesta da parte di coloro che ricoprono un incarico pubblico». I sostenitori di Boris hanno invece definito la decisione della giudice «straordinaria», qualcosa che «rischia di minare la nostra democrazia».
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«Se questo caso sarà autorizzato a procedere - hanno aggiunto - allora sarà lo Stato, invece che il pubblico, a essere incaricato di determinare la forza degli argomenti elettorali». «È un grave errore usare un processo legale per risolvere questioni politiche», ha commentato Jacob Ress-Mogg, il deputato conservatore capofila degli ultrà pro Brexit.