Leonardo Martinelli per la Stampa
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Doveva finire così, l' inevitabile cronaca di un tracollo annunciato: al Louvre, altrimenti osannato come il museo di tutti i record, i dipendenti, alle prese con un numero di visitatori debordante e in continuo aumento, hanno detto basta e incrociato le braccia. Lunedì la gloriosa istituzione ha chiuso i battenti e i turisti che si sono presentati all' ingresso, dinanzi alla piramide trasparente dell' architetto Ieoh Ming Pei, da poco scomparso, sono rimasti a bocca asciutta, perfino chi aveva già prenotato online chissà da quanti mesi e dai Paesi più lontani, asiatici soprattutto.
Non c' è stato niente da fare.
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Ieri, martedì, era il consueto giorno di chiusura settimanale. E oggi non si sa bene che cosa accadrà. Un portavoce del museo ha già messo le mani avanti: «Prevediamo ancora flussi elevati nei prossimi giorni. Solo chi ha prenotato il suo biglietto su Internet avrà la garanzia di poter entrare».
Ma in realtà neanche questo è sicuro, perché stamani, prima delle nove, l' orario di apertura, è prevista una nuova assemblea dei dipendenti. Se, come lunedì, la maggioranza deciderà a sorpresa lo sciopero, non ci sarà molto da fare, bisognerà chiudere comunque e per tutti.
Ma cosa sta succedendo?
Fino a poche settimane fa non si faceva che parlare bene del Louvre, esempio di gestione impeccabile (scrutato con una gelosia a stento malcelata dal suolo italiano). Nel 2018 ha macinato il nuovo record di visitatori, 10,2 milioni di persone, il massimo per un museo a livello mondiale.
louvre beyonce' jay-z
Proprio sfruttando la «manna» che ne consegue (il biglietto costa 15 euro e 17 se comprati sulla rete), è solo il 40% del budget totale a pesare sulle casse pubbliche, percentuale davvero bassa per un' istituzione del genere.
Sì, però, come sottolineato da uno dei sindacati più agguerriti, Sud Culture Solidaires, «i visitatori sono aumentati del 20% rispetto al 2009 ma il palazzo non è diventato più grande e i dipendenti sono sempre meno, scesi nel frattempo da 2161 a 2005. Il personale può constatare un degrado senza precedenti delle condizioni di lavoro e di quelle delle visite». Uno dei sorveglianti, con lo pseudonimo di Denis Becker, ha scritto un libro sulla sua esperienza da insider, che uscirà nei prossimi mesi. «Il Louvre sta diventando un marchio», aveva dichiarato in un' intervista alla Stampa , «alla fine si convertirà in un supermercato».
la gioconda monna lisa
Il problema (anche se teoricamente non sarebbe tale) è che il numero di visitatori continua a crescere inesorabilmente. Secondo le ultime stime, dall' inizio dell' anno ce ne sarebbero 100 mila in più al mese e la media diurna tocca ormai le 40 mila presenze. Al successo contribuiscono iniziative che da certi punti di vista sono considerate esempi di «modernità» e di «efficienza» da parte del direttore Jean-Luc Martinez, vedi la possibilità data a Beyoncé e a Jay Z di girare lì il loro nuovo video o il concorso indetto assieme a Airbnb, che ha consentito per la prima volta a una coppia di dormire dentro il museo, sotto la famosa piramide, lo scorso 30 aprile. Ma è ancora il sindacato Sud Culture Solidaires a sottolineare che «il Louvre, vittima del turismo di massa, non deve diventare una Disneyland culturale».
Più prosaicamente si segnalano ammassi di turisti che si spintonano davanti alla Gioconda , a fare la gara per il selfie più bello. E sorveglianti che gridano costantemente sui visitatori, beccati a toccare con le mani le tele del Rinascimento. «Il Louvre sta soffocando », continua il sindacato. I rappresentanti dei lavoratori hanno incontrato la direzione e i rappresentanti del ministero della Cultura. Ma non si sa ancora se siano riusciti a placarli.
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