maria elena boschi
La sottosegretaria alla presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi ieri ha acceso la discussione nella rete con un tweet postato nel primo pomeriggio: «Norvegia: sancita parità salariale tra calciatori e calciatrici. Domani con @LottiLuca daremo vita a tavolo di lavoro su questi temi. #avanti». Sono seguiti centinaia di commenti, tra favorevoli e contrari.
Critico il politologo Gianfranco Pasquino: «Parità salariale fra calciatori (Cristiano Ronaldo?) e calciatrici, eroica battaglia. A ognuno le sue priorità».
SANCITA PARITA' SALARIALE TRA CALCIATORI E CALCIATRICI
NAZIONALE CALCIO NORVEGESE
Luigi Offeddi per il Corriere della Sera
Meglio tardi che mai. Diceva l'ultima protesta, pochi giorni fa, sul sito Twitter dell' Unione mondiale delle calciatrici: «Sconvolgente: dormire sull' autobus, stipendi miseri, condizioni inaccettabili. Per favore sosteneteci».
Ed ecco, l' appello è stato ascoltato, almeno per la parte economica e almeno nel Nord d' Europa: i calciatori della nazionale maschile norvegese hanno accettato di ridurre i loro compensi, dal 2018, per renderli uguali a quelli delle loro colleghe della nazionale femminile, da sempre assai inferiori, come nel resto del mondo.
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È una «prima» storica. In soldoni: i calciatori di Oslo, che fino a oggi hanno incassato come collettivo di squadra l' equivalente di circa 697 mila euro all' anno, anche quando hanno portato a casa punteggi e risultati peggiori rispetto alle colleghe, scenderanno a circa 639 mila euro, rinunciando fra l' altro a una parte degli introiti derivanti dalle sponsorizzazioni commerciali; e le calciatrici raggiungeranno la stessa cifra, partendo però dagli attuali 330 mila euro, cioè da una paga che finora non ha mai raggiunto la metà.
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Il raddoppio o quasi dei loro stipendi segna la fine di un' obiettiva discriminazione di genere, e una campionessa come Caroline Graham Hansen, membro della nazionale dal 2011, ha già voluto ringraziare su Instagram - anche se con un pizzico di ironia - i compagni dell' altra metà del cielo, cioè i colleghi maschi, ritratti in una foto della squadra: «Questo può essere forse un piccolo sacrificio per voi, nei nostri confronti.
Può darsi che non compaia neppure nelle vostre buste-paga mensili. E forse era per voi una mossa ovvia da fare! Tuttavia, per noi significa tutto! Per la nostra squadra! Per il nostro sport! E non ultimo, per tutte le atlete che fanno lo stesso lavoro, lo stesso sport degli uomini, ma vengono pagate di meno!
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Il fatto che diciate che una paga uguale sia la cosa giusta, mi fa desiderare di gridare e di abbracciarvi tutti. Grazie per aver fatto questo passo per noi. Per aver dimostrato equità ed averci aiutato tutte a inseguire i nostri sogni. A farli avverare!».
Joachim Walltin, il presidente della Federcalcio maschile di Oslo, ha commentato l' accordo dal suo punto di vista: «La Norvegia è un Paese dove la parità è molto importante, quindi credo sia un bene per il nostro Paese e per lo sport. In Danimarca stanno ancora negoziando e negli Usa le cose sono migliorate, ma potremmo essere l' unico Paese dove ci sia un trattamento uguale».
CAROLINE GRAHAM HANSEN
E ancora: «Farà certamente una differenza per le ragazze. Alcune lavorano e studiano, oltre che giocare a calcio, e così è difficile migliorare la situazione. Per loro, il sentimento di essere veramente rispettate è molto importante».
In Danimarca, invece, si sta negoziando come dice Walltin, ma intanto si sono avute non poche grane per questo problema: una partita amichevole femminile contro l' Olanda è stata annullata dopo un' accesa discussione sulle paghe disuguali rispetto a quelle dei maschi.
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E le calciatrici «combattono» anche negli Stati Uniti. Una celebre campionessa della nazionale americana, Hope Solo, ha così commentato su Twitter gli articoli sulla svolta norvegese: «L' uguaglianza è possibile, etica, legittima, ed è la cosa giusta da fare». Proprio Hope Solo, con altre 4 campionesse, nel 2016 si era rivolta alla Commissione federale per le pari opportunità.
Dalla protesta è poi nato un accordo tra le federazioni americane, che accorda alle calciatrici qualche aumento nelle paghe di base e nei «bonus» per le vittorie, e più sostegno finanziario nei casi di gravidanza. Ma la distanza rispetto alle paghe dei colleghi maschi è nel complesso rimasta. Ora la svolta norvegese potrebbe cambiare qualcosa anche a Washington. Meglio tardi che mai.
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