1. USA 2016: 'OBAMA TEME VIOLENZA SE TRUMP PERDE'
OBAMA TRUMP
(ANSA) - Barack Obama e' preoccupato da una possibile esplosione di violenza se Donald Trump perde le elezioni per la Casa Bianca l'8 novembre. Lo ha detto nel briefing quotidiano con la stampa Josh Earnest, portavoce della Casa Bianca, sottolineando che per Obama non c'e' spazio per nessuno nella democrazia americana per usare la violenza a scopi politici. Il tycoon continua ad agitare il rischio di brogli su larga scala ma senza prove. Earnest ha ribadito che tale rischio non esiste, anche per il sistema decentrato del voto.
2. TRUMP, L’ULTIMO VELENO “BROGLI NELLE ELEZIONI”
Federico Rampini per la Repubblica
sostenitore di donald trump
Non ho mai visto, nel corso della mia vita e nella storia politica moderna, un candidato presidenziale che cerchi di screditare il voto e il sistema elettorale prima ancora che i cittadini vadano alle urne». Il severo giudizio di Barack Obama si riferisce all’ultima trovata di Donald Trump, una delle più inquietanti. Il candidato repubblicano denuncia brogli, parla di “elezioni truccate”, a 19 giorni dal fatidico 8 novembre.
È un altro colpo di piccone sferrato contro la tradizione, contro il costume civile, il rispetto delle istituzioni. Il linguaggio di Trump, come sempre, è apocalittico: «I brogli sono sistematici. Guardate Philadelphia, Chicago, Saint Louis. Succedono cose orrende». Segue, ad ogni comizio del candidato repubblicano negli ultimi giorni, un appello ai suoi seguaci perché vadano a vigilare ai seggi. Magari armati? C’è poco da scherzare su questo tema. In un’elezione già segnata da un grave degrado del linguaggio e del costume, ci manca solo che bande di esaltati vadano a presidiare i seggi in cerca del casus belli.
sostenitori di trump con il cartello hillary joker
I brogli elettorali, ci ricordano tutti gli esperti indipendenti o bipartisan, sono pressoché inesistenti negli Stati Uniti da molti decenni. L’ultimo caso significativo sembra essere accaduto nel lontano 1960 quando — forse — la vittoria di John Kennedy fu favorita dal sindaco di Chicago che fece “votare migliaia di morti”. Dopo di allora le verifiche su irregolarità rivelano che siamo scesi allo zero virgola zero qualcosa per mille, episodi rari e irrilevanti. Unica elezione sospetta di irregolarità nei tempi recenti, fu quella del 2000, quando un conteggio pasticciato in Florida, un intervento scorretto delle autorità locali (repubblicane) e una decisione molto controversa della Corte suprema (a maggioranza repubblicana) regalarono la Casa Bianca a George W. Bush.
Nonostante le solide ragioni per opporsi, Al Gore fece un sacrificio per rispetto della democrazia: chiuse le polemiche rapidamente e riconobbe il vincitore. Alcuni democratici non gliel’hanno perdonata a tutt’oggi, ma quel gesto rimane emblematico di un Paese dove la fiducia comune verso la democrazia era considerata più importante della vittoria delle proprie idee. Tutto il contrario del messaggio tossico che Trump sta diffondendo in questi giorni.
melania e donald trump
Un’interpretazione sdrammatizzante delle parole di Trump è questa: sta solo cercando di preparare scuse per la propria disfatta. Visto che i sondaggi non gli sono favorevoli, pur di non ammettere i propri errori il tycoon immobiliare cerca capri espiatori. Un po’ se la prende con l’establishment repubblicano accusandolo di remargli contro. Un po’ denuncia i brogli, per poter dire il 9 novembre che ha perso un’elezione “rigged”, truccata, manipolata. A questa interpretazione allude lo stesso Obama quando dice: «Trump la smetta di piagnucolare e cerchi di convincere gli elettori delle ragioni per votarlo».
la statua di hillary clinton a new york
Ma c’è un altro messaggio subliminale di Trump che non va sottovalutato. Bisogna rileggersi l’elenco delle tre città dove lui sostiene avvengano cose “orrende”. Guarda caso Chicago, Philadelphia e Saint Louis hanno grosse minoranze afroamericane. Da sempre la destra, soprattutto la frangia razzista e fanatica del profondo Sud, quando denuncia “brogli” usa una parola in codice. Il vero significato va tradotto così: troppi neri che vanno a votare. Non a caso in molti Stati del Sud è in corso da anni una sistematica offensiva per ostacolare l’iscrizione dei neri ai registri elettorali, accampando ogni sorta di cavillo burocratico.
È un pezzo d’America che non ha digerito le battaglie per i diritti civili, Martin Luther King, la fine della segregazione negli anni Sessanta. In certi casi non ha digerito neppure la vittoria nordista nella guerra di secessione. Trump in questa campagna ha corteggiato sfacciatamente le frange razziste, non ha mai preso le distanze dall’endorsement di un leader legato al Ku Klux Klan. Le denunce sui brogli vanno lette anche così. Il rischio è che in alcuni seggi elettorali si presentino dei “vigilantes” con lo scopo di intimidire le minoranze etniche sgradite, neri o ispanici.
donald trump
Infine, questa polemica preventiva sul voto truccato può preludere ad un altro evento senza precedenti. In molti ormai si chiedono se nella notte fra l’8 e il 9 novembre, qualora vinca Hillary, il suo avversario le rifiuterà il gesto che da sempre chiude le battaglie elettorali: la telefonata della “concessione”, in cui lo sconfitto si congratula col vincitore. Nel 2008, alla prima vittoria di Obama, il suo avversario John McCain pronunciò parole bellissime in cui si diceva onorato di servire il Paese sotto la guida del nuovo presidente. Il senatore Mc-Cain è un galantuomo, le cui parole sembrano appartenere a un’epoca remota.