massacro bucha associated press e frontline pbs
Lorenzo Cremonesi per il “Corriere della Sera”
Li vedevamo arrivare nella capitale ucraina quei poveri sfollati che scappavano dai soldati russi in marzo. Spaventati, infreddoliti, con i bambini per mano, cani e gatti con loro, poche povere cose a tracolla raccolte in fretta e furia. Fuggivano da posti come Bucha, Irpin, Hostomel e tanti altri villaggi alle porte di Kiev.
militari russi a bucha
Un mese dopo, ai primi di aprile, specie a Bucha, scoprimmo l'orrore dei cadaveri abbandonati per la strada: il vecchio vicino alla sua bicicletta riverso sul marciapiede con il cibo sparso sul selciato, i giovani uomini morti con le mani legate dietro la schiena, il sangue appena rappreso vicino alle tracce dei cingoli dei carri armati, le fosse comuni scavate di fresco, le abitazioni svaligiate e trasformate in bivacchi. Soprattutto c'erano le auto crivellate di colpi, con le valigie aperte, gli orsacchiotti di peluche sui sedili posteriori, vestiti da donna inzaccherati di fango, bagnati dalla pioggia.
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Si parlò subito di «crimini di guerra», Putin negava, accusava la «propaganda nemica» di falsificare la realtà, anche in Italia ci fu chi accusò i giornalisti di essere strumento dei portavoce ucraini. Ma era tutto lì, concreto e crudo davanti ai nostri occhi. Sin dai primi giorni dall'inizio dell'invasione voluta da Putin fu evidente che la macchina militare russa non aveva fatto i conti con la modernità della guerra, con i social media, i sistemi satellitari, la possibilità di monitorare le conversazioni telefoniche tra soldati, le loro chiamate alle famiglie.
artem gorodilov 234esimo reggimento paracadutisti
«I russi sono talmente primitivi che utilizzano le mappe geografiche della Seconda guerra mondiale e tra loro parlano con i cellulari, che oggi persino i nostri studenti tra i volontari al fronte possono ascoltare», dicevano i comandi ucraini. Gli abusi contro i civili erano insomma documentabili con accuratezza.
i militari del 234esimo reggimento paracadutisti
E ora il New York Times rimette insieme i pezzi di quel puzzle dell'orrore. Lo fa utilizzando i filmati delle telecamere locali, i racconti dei sopravvissuti, i video dei droni diffusi dai volontari, le memorie dei reporter sul posto. In particolare, le persone uccise a Bucha furono circa 400 e il giornale americano documenta con accuratezza le ultime ore di almeno 36 di loro.
massacro di bucha
La maggioranza delle vittime sono maschi di età compresa tra i 15 e 65 anni. Una delle unità che pare si sia macchiata dei crimini più feroci e prolungati è il 234esimo reggimento paracadutisti comandato dal colonnello Artyom Gorodilov. Sin dall'invasione le unità sul campo misero in pratica una politica di sistematica aggressione contro chiunque, anche tra i civili, potesse venire percepito come ostile. E i tanti che indugiarono prima di fuggire, nel tentativo di portare con loro i genitori anziani o malati, furono uccisi senza pietà.
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