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    BULLISMO EPILETTICO – IN UN ISTITUTO PROFESSIONALE DI TORINO, RAGAZZINE SI FANNO SELFIE NEI BAGNI CON LA COMPAGNA DI CLASSE IN CRISI EPILETTICA – LA FOTO SPEDITA POI SU WHATSAPP ALLA CLASSE – LA RAGAZZA MALATA PARAGONATA ALLA FIGLIA DI FANTOZZI


     
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    Federica Cravero per “la Repubblica”

     

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    C' è una foto, tremenda, in cui una ragazza si fa un selfie nei bagni della scuola facendo attenzione ad inquadrare sullo sfondo una compagna accasciata a terra. Una compagna che non si era sentita bene e che per questo era stata accompagnata fuori dall' aula da una studentessa che, anziché assisterla, l' ha dileggiata e poi ha spedito lo scatto sulla chat di WhatsApp della classe, cosicché tutti potessero vederla.

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    E c' è un' altra foto, anche quella un pugno nello stomaco, che vede la stessa compagna protagonista di una vignetta in cui viene paragonata alla figlia di Fantozzi. Anche questa immagine è stata fatta circolare sugli schermi dei telefonini, tra gli allievi di una prima in un istituto professionale di Torino, 14-15 anni. Da una condivisione all' altra è finita anche sotto gli occhi di alcuni genitori, che hanno poi segnalato il caso alla direzione della scuola.

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    Così si è venuti a sapere che sono state diverse le immagini offensive scattate a quell' allieva conosciuta da pochi mesi, affetta da gravi e frequenti crisi epilettiche. Tre ragazze sono state ritenute responsabili e sono già state punite con una sospensione di tre giorni, che dovranno spendere facendo volontariato in qualche associazione.

     

     

    La vicenda per molti aspetti riporta alla memoria il video girato anni fa all' istituto Steiner, sempre a Torino - in cui alcuni ragazzi si prendevano gioco di un compagno disabile - o quello di Varallo, nel Vercellese, dove un' altra ragazza con problemi psichici era stata malmenata senza che la professoressa intervenisse. In questo caso è possibile che la condivisione delle immagini sia stata limitato al circuito della classe, non sul web, e forse per questo finora non sono state sporte denunce.

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    «A scuola abbiamo un programma molto attento di prevenzione sul tema del bullismo - afferma il dirigente scolastico - E quando ci siamo accorti di quanto era accaduto abbiamo affrontato il problema. Però nei casi di bullismo occorre avere molta cautela con le vittime, perché non sentano ulteriormente il peso della diversità, e con i bulli, che sono adolescenti e spesso non si rendono conto della gravità delle loro azioni».

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    La punizione già comminata tuttavia ammorbidisce appena la durezza di tutta la vicenda e allevia poco la sofferenza della quattordicenne disabile isolata nella sua stessa classe. «È stata una ragazzata - ha detto con grande senso di responsabilità durante una riunione la madre della studentessa derisa - ma deve essere un' occasione perché tutti riflettano sul senso di solidarietà, sull' importanza di aiutarsi a vicenda, sia i ragazzi che gli adulti. Perché tutti, un giorno, potremmo avere bisogno di un aiuto, vuoi per una malattia, vuoi per la vecchiaia».

     

     

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    Una frase non detta a caso perché sua figlia è stata presa di mira proprio nel momento in cui era più fragile, durante le crisi di cui soffre. Da quando a settembre si era inserita nella nuova scuola, primo anno delle superiori, era accaduto diverse volte che si sentisse male in classe. In molti casi aveva chiesto di uscire dall' aula e il professore di turno aveva chiesto a qualche altra ragazza di accompagnarla per non lasciarla sola. E sarebbe stato proprio in queste occasioni che sarebbero state scattate le foto fatte poi circolare tra alcuni compagni sulle chat di Whatsapp.

     

     

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    Inizialmente era emerso solo un episodio. E già per questo la direzione della scuola aveva immediatamente preso provvedimenti, convocando un consiglio di classe a cui avevano partecipato genitori e ragazzi.

     

     

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    Proprio in quell' occasione, quando era stata decisa anche la punizione di tre giorni di sospensione, la madre della «bulla» aveva rivelato ciò che altri non sapevano o non volevano ammettere, ossia che quello non era il primo caso in cui la compagna disabile veniva vessata, che altre foto denigratorie erano state scattate ed erano state spedite con i telefonini. Così si è capito che ad agire, come spesso accade, era un gruppetto e la punizione è stata estesa ad altre due allieve.

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