NE VEDREMO DELLE BELLE: VOLANO GIÀ GLI STRACCI TRA I TECNO-PAPERONI CONVERTITI AL TRUMPISMO – ELON…
Stefano Righi per il “Corriere della Sera”
Mancano più di sei miliardi. Se considerate le 13 banche commerciali italiane di interesse europeo (c’è anche Mediobanca ma le sue attività sono solo in parte rivolte alla clientela retail ), la somma dei bilanci 2014 porta a un disavanzo di 6.204 milioni di euro.
Un buco enorme determinato dalla differenza tra gli utili di Unicredit, Intesa, Popolare di Milano, Popolare dell’Emilia-Romagna, Popolare di Sondrio e Credito Emiliano (3.787 milioni) e le perdite cumulate da Monte dei Paschi di Siena, Banco Popolare, Ubi, Veneto Banca, Carige, Credito Valtellinese e Popolare di Vicenza (9.991 milioni).
Sono seimiladuecento milioni di inefficienze, errori, previsioni sbagliate. Le banche d’Italia, che peraltro durante la grande crisi internazionale hanno retto meglio degli istituti di Germania, Francia, Gran Bretagna e Spagna e sono fin qui costate praticamente nulla alla collettività, sono ancora alle prese con la pulizia di bilanci incrostati da decenni di inefficienza e cattiva gestione.
Incrostazioni
Bilanci che per anni sono stati gonfiati da pompatissimi avviamenti e che sono stati tenuti pericolosamente lontani dalla realtà nella concessione di crediti ad aziende decotte, fuori dal mercato, guidate dagli amici degli amici. Oggi è arrivato il momento di pagare il conto. Ed è salato. Sembra così farsi spazio il claim del momento: tutta colpa della Bce e della sua severità. Ma è il comportamento dello struzzo, la realtà è ben diversa e i signori delle banche erano stati avvertiti per tempo.
Lo ha ribadito il governatore Ignazio Visco anche in occasione del Congresso dell’Assiom Forex: «La Vigilanza unica sarà rivolta anche alla sostenibilità dei modelli operativi delle banche. Strutture di costo più snelle e modelli in grado di adeguarsi con prontezza allo sviluppo tecnologico consentono di affrontare meglio il cambiamento».
Lo dimostra la bilancia con cui ( in alto ) abbiamo sintetizzato l’attuale situazione, che dice chiaramente come – a tutti i livelli – c’è modo di fare banca profittevolmente e nel rispetto delle prerogative di soci, stakeholder , dipendenti.
SEDE DI UNICREDIT A PIAZZA CORDUSIO
Federico Ghizzoni guida Unicredit, l’unica corazzata italiana che naviga oltrefrontiera e lo ha fatto portando a casa utili netti per 2 miliardi di euro. Carlo Messina, che ha ereditato una Intesa Sanpaolo ingessata, ha saputo accendere il motore, dando fiducia alle molte risorse interne, e riconoscendo agli azionisti tutto quell’ossigeno sotto forma di dividendo (1,2 miliardi) che soprattutto le Fondazioni socie reclamavano con la determinazione di chi non poteva farne più a meno. «Una priorità», diceva Messina riferendosi alla cedola da taluni messa in discussione. Una priorità soddisfatta nel rispetto dei più rigidi criteri patrimoniali, che pongono Intesa al sicuro dalle verifiche della Bce, forte di un significativo livello di liquidità.
Cesare Castelbarco Albani presidente di Carige
Ma nella lista dei promossi trovano spazio anche banche più piccole. La Popolare di Milano sembra aver messo alle spalle le annate buie e i conti in rosso: torna a pagare il dividendo ai propri soci, accantona utili, si pone come polo aggregante nell’universo del credito popolare.
Anche la PopSondrio ha chiuso bene l’ultimo anno, mentre dal fronte reggiano del Credem arrivano solo conferme positive: il credito, evidenzia la banca della famiglia Maramotti, è una cosa seria e se anche la quotazione in Borsa impone ritmi e riti trimestrali, ognuno suona la musica che preferisce, una lezione che molte banche popolari dovrebbero mettere a memoria.
Più nutrito è il plotone di chi ha qualcosa da dimenticare. I 5,3 miliardi di rosso che il Monte dei Paschi di Siena si appresta a mandare in archivio sono l’ennesimo segnale di scellerate gestioni passate. L’amministratore delegato Fabrizio Viola vive nel timore di aprire i cassetti della sede di Rocca Salimbeni, da ognuno spunta un nuovo conto da regolare. L’intervento dello Stato sembra più vicino, a meno che non ci pensi Ubi o l’arrivo dei francesi di Société Générale e intanto sta aumentando l’importo dell’aumento di capitale che andrà realizzato a primavera, siamo a 3 miliardi.
Il porto di Genova
In mezzo al guado, con molte incognite da risolvere, è anche la Carige. Piero Montani e il presidente Cesare Castelbarco Albani governano una barca a cui è stata precedentemente bucata la chiglia. Serve denaro fresco che la Fondazione Carige non ha più e che il prossimo aumento di capitale (700 milioni?) fornirà solo in parte. Due i possibili partner finanziari, la famiglia genovese Malacalza e Andrea Bonomi con Investindustrial. A loro potrebbe affiancarsi, dal punto di vista industriale, la Banca Popolare di Milano. Chi deciderà di muoversi, deve comunque farlo presto, perché i conti col passato vanno regolati rapidamente e per cassa. Sorprende poi, sia la quantità di perdite accumulate in forza delle svalutazioni dal Banco Popolare, sia l’importo dichiarato da Ubi, oltre 700 milioni, come da non sottovalutare sono i 325 milioni di rosso del Credito Valtellinese, che comprendono 330 milioni di rettifiche di valore dopo l’ Aqr .
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