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Enrico Franceschini per Repubblica.it
Dalla Gilded Age del primo Novecento, l’“età dorata” del capitalismo rampante in cui i Rockefeller, i Carnegie e i Vanderbilt costruirono rapidamente le loro spettacolari fortune, non c’era mai stata una tale concentrazione di ricchezza nel mondo.
Mai così tanti soldi nelle tasche di così pochi, una diseguaglianza che suscita il timore di una reazione avversa, proprio come accadde un secolo fa, con le nazionalizzazioni in America e la rivoluzione bolscevica in Russia.
E’ il risultato del “Billionaires Report”, il rapporto annuale della banca privata Ubs e della società di consulenze finanziarie PcW sui super ricchi della terra. L’indagine afferma che lo scorso anno i miliardari del pianeta hanno aumentato il proprio patrimonio collettivo di ben un quinto, arrivando a un totale di 6 trilioni di dollari (6 mila miliardi di dollari), pari al doppio del pil di un paese del G7 come la Gran Bretagna, riferisce il quotidiano Guardian.
La ricerca indica che oggi ci sono 1542 miliardari, dopo che le ricchezze di 145 milionari hanno superato il muro del miliardo di dollari. Ma anziché festeggiare, vecchi e nuovi miliardari sono preoccupati. Josef Stadler, autore del rapporto e capo del dipartimento ultra ricchi della Ubs, osserva che molti suoi clienti temono le conseguenze sociali e politiche di una concentrazione di ricchezza senza eguali dal 1905 in poi.
“Siamo nel secondo anno del picco di una nuova Gilded Age”, scrive l’analista. “La domanda è come la società mondiale risponderà a un fenomeno del genere”. La reazione alle fortune nei settori del petrolio, dell’acciaio e delle banche nate negli Usa tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del secolo successivo spinsero il presidente americano Theodore Roosevelt a scorporare le grandi società e aumentare le tasse.
“La crescita dei miliardari è sostenibile?”, si domanda il rapporto, “o finirà come è finita la prima Gilded Age?” (il termine deriva dal titolo di un romanzo di Mark Twain). Recentemente il Fondo Monetario Internazionale ha proposto che l’1 per cento più ricco della popolazione paghi più tasse per ridurre livelli “pericolosi” di diseguaglianza.
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