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Sandra Riccio per “la Stampa”
Jerome Powell è pronto ad annunciare un nuovo rialzo dei tassi di interesse da parte della Fed: le attese sono per un discorso da "falco" a Jackson Hole, per il tradizionale simposio dei banchieri centrali che prenderà il via oggi. E i mercati scontano l'attesa.
Nel suo discorso, in programma per domani, Powell non farà le cifre, ma le aspettative degli analisti sono per un rialzo tra i 50 e i 75 punti base il prossimo 21 settembre. L'obiettivo naturalmente è combattere l'inflazione che negli Stati Uniti a luglio è arrivata all'8,5%, in ribasso però rispetto al 9,1% di giugno (in Europa a luglio era all'8,9% e a giugno era all'8,6%).
CHRISTINE LAGARDE JEROME POWELL
Gli operatori guardano ai rischi che un aumento troppo aggressivo potrebbe comportare per la crescita economica americana e temono una frenata.
Una domanda a cui Powell e la Fed dovranno rispondere è se gli Stati Uniti sono già in recessione o se si stanno dirigendo verso una recessione. «Di recente Powell ha dichiarato che la Banca centrale non sta cercando di provocare una recessione aumentando i tassi di interesse e che non ritiene di doverlo fare anche se sta lottando per tenere sotto controllo un'inflazione che ha raggiunto livelli massimi» ricorda John Plassard, director & investment specialist del gruppo Mirabaud. Alcuni economisti, tra cui l'ex segretario al Tesoro Larry Summers, ritengono che Powell sia troppo ottimista sulla capacità della Fed di controllare i prezzi senza far salire la disoccupazione.
A spingere nella direzione di un intervento sui tassi sono anche le parole di qualche giorno fa dell'ex colomba trasformatosi in falco Neel Kashkari della Fed di Minneapolis che ha affermato che la banca centrale deve proseguire con l'inasprimento della politica monetaria fino a quando l'inflazione non si sarà chiaramente ridotta. P
er la Fed sarebbe il terzo rialzo consecutivo dei tassi di ampia entità e il quinto aumento complessivo dall'avvio della nuova politica monetaria, a marzo. Il tutto anche se i numerosi dati statunitensi deludenti (a partire dal crollo delle vendite di nuove case a luglio) avevano ridato spazio ai timori di spingere verso la recessione e alle opinioni di chi, come Jan Hatzius, economista di Goldman Sachs, vede ancora la possibilità che Powell possa sorprendere con un annuncio di un rallentamento del ritmo degli aumenti dei tassi.
In vista di Jackson Hole, in settimana le Borse hanno archiviato il rally di luglio e inizio agosto. Ieri Milano ha chiuso quasi sulla parità (+0,20%) e altrettanto indeciso è stato l'andamento degli altri listini europei (Francoforte +0,20%, Parigi +0,40%). A Wall Street in serata il Dow Jones saliva dello 0,10% e il Nasdaq dello 0,30%. Negli ultimi giorni a risentire dalle rinnovate tensioni sono stati soprattutto i bond e i titoli di Stato. In particolare il tasso del Treasury, il debito a dieci anni Usa, è salito sopra quota 3%. Un ritorno di nervosismo si è visto anche sui Btp italiani con il decenne in ascesa al 3,70% ieri mentre lo spread Btp/Bund chiudeva a 230 punti base.
All'orizzonte ci sono mesi di possibile frenata delle borse. «Settembre sarà un mese "tosto", in cui emergeranno due fattori di criticità, che sono il tema dolente dell'energia in Europa e quello del quantitative Tightening della Fed negli Stati Uniti - spiega Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte -. In altre parole la Federal Reserve dovrebbe fare un po' più sul serio per quanto riguarda la riduzione del bilancio, il che significa che ci sarà un maggiore drenaggio di liquidità. Insomma non sono in arrivo buone notizie per i mercati: tassi più alti e minore liquidità, sono due fattori che decisamente gli investitori non apprezzano. L'impressione è che dopo i rally di luglio e della prima metà di agosto i mercati cominceranno a tirare un po' i remi in barca».
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