ADDIO “GRANDE FARDELLO”? - PIERSILVIO BANANONI, DÀ L’ESTREMA UNZIONE AL REALITY DI CANALE 5: “HA BISOGNO DI RIPOSARE”. MA “IL GENERE RESTERÀ NELLA TV GENERALISTA” - DOPO IL GRIDO DI CONFALONIERI, MEDIASET SI AVVIA A TAGLIARE IL TAGLIABILE: “IL MERCATO PUBBLICITARIO È TORNATO A 10 ANNI FA. SARANNO RIVISTI I CONTRATTI” - “MA NON ARRIVERÀ UN ALTRO EDITORE. LA7 FURBA HA PUNTATO SU INFORMAZIONE A BASSO COSTO. PUR AVENDO TELECOM ALLE SPALLE, NON VEDO GROSSI SALTI IN AVANTI”…

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Marco Molendini per "Il Messaggero"

La crisi non ha riguardi e a farne i conti, inevitabilmente, ci finisce anche il dorato mondo della tv, specie quella commerciale (non che quella pubblica non abbia problemi di bilancio). «Per chi vive solo di pubblicità è dura», ammette Piersilvio Berlusconi, vicepresidente Mediaset da 12 anni, e il suo grido fa il paio con l'allarme lanciato, giorni fa, da Fedele Confalonieri. «Oggi il mercato totale pubblicitario - insiste Piersilvio, citando il presidente del gruppo - è tornato ai valori di 10 anni fa, e nel frattempo la concorrenza è aumentata in modo esponenziale».

Diciamo anche che vi eravate abituati male: la torta da dividere in due con la Rai bloccata dal tetto pubblicitario.
«La nostra forza è sempre stata conquistata sul mercato e comunque parlare di duopolio è ridicolo. In Italia Murdoch, il più grosso editore al mondo che dovunque sia arrivato si è imposto con le buone o con le cattive, è stato accolto coi tappeti rossi. Noi siamo nella posizione più complicata: la Rai, oltre alla pubblicità, ha la sicurezza del canone, la pay tv satellitare ha la base fissa degli abbonamenti, Mediaset invece vive quasi solo di pubblicità».

Vi avviate a un periodo di lacrime e sangue?
«Affronteremo la crisi al meglio, il nostro non è un lamento. Ma penso che Mediaset vada vista come un'azienda da preservare. Non vogliamo privilegi. Però vorremmo, in un momento così difficile per il paese, che la politica almeno evitasse di renderci le cose più difficili di quanto già sono».

Confalonieri ha parlato di interventi drastici.
«Prima dell'estate abbiamo lanciato una manovra che porterà in tre anni a un risparmio di 250 milioni all'anno, senza toccare il prodotto».

Una moltiplicazione dei pani e dei pesci?
«No, stiamo agendo su tutte le voci e stiamo dosando la programmazione: continuiamo a produrre spettacoli e fiction con grandi risultati, ma le prime serate con film o con l'esperimento di Centovetrine sono scelte di ulteriore risparmio».

La fiction vi ha dato vari dispiaceri.
«I produttori devono capire la realtà economica. La Rai ha un pubblico più anziano, per noi è più difficile. Dobbiamo sempre innovare e la via seguita con Tredicesimo apostolo va in questo senso».

Stringeranno la cinghia anche le star?
«Stiamo negoziando revisioni notevoli: tutti i rinnovi verranno adeguati».

E loro, le star, come la prendono?
«E' il momento per dimostrare amore verso Mediaset, un'azienda che negli anni ha dato tanto agli artisti. Comprendere la situazione è anche un modo per difendere il loro lavoro futuro».

Ci potrebbero essere avvicendamenti nell'assetto dei vertici Mediaset?
«Assolutamente no. Certo ho chiesto a tutte le prime linee una reazione forte e sono sicuro che tutti faranno il massimo».

Trovarsi con le spalle al muro, non potrebbe finalmente essere uno stimolo a fare meglio dal punto di vista della qualità?
«Sono convinto che la tv in Italia abbia una qualità unica. Noi facciamo una tv di livello altissimo. In più, in un anno di crisi come questo, abbiamo creato un sistema all news, costruito un evento come Panariello non esiste e lanciato due nuovi preserali, tutti premiati dal pubblico: in questo momento investire sul prodotto è un atto di coraggio. Non penso ci sia altra tv commerciale in Europa che offra gratuitamente programmi di questo livello. E viene da sorridere quando si sente dire che non c'è concorrenza. Nel 2000 avevamo sette reti principali. Oggi col digitale terrestre ci sono 52 canali gratuiti, più 27 a pagamento e sul satellite altri 200».

Così c'è da fare i conti con un netto ridimensionamento degli ascolti dei network generalisti e con flop disastrosi, sotto il 10 per cento, per le ammiraglie.
«C'è più concorrenza che porta frammentazione e, con tanti canali, l'alternativa è secca, non si può galleggiare. Se un prodotto è sbagliato, non passa. Ma nonostante le nuove tecnologie, la platea, anche quella giovane, continua a crescere e in nessun paese le grandi reti generaliste hanno tenuto come in Italia».

Non pensa che il Grande fratello sia arrivato al capolinea?
«Sta vivendo una stagione particolare per vari fattori, a cominciare dalla scelta del cast. Probabilmente, ha bisogno di riposare, ma il reality resterà uno dei generi della tv generalista».

Temete, con la privatizzazione eventuale della Rai o con la nuova distribuzione delle frequenze, l'arrivo di un nuovo editore?
«Difficile pensare che un editore si lanci in una nuova avventura tv, rischiando grandissimi investimenti, in un sistema già sovraffollato. Quanto alla Rai, un'ulteriore frammentazione del mercato diminuirebbe la ricchezza dei suoi canali, influenzando in negativo tutto il sistema tv».

La 7 è stata una novità delle ultime stagioni.
«Con una scelta furba ha puntato su programmi di informazione a basso costo. Non vedo, però, salti in avanti oltre un certo livello, anche se dietro c'è un colosso come Telecom».

In questa fase di crisi, i consigli di suo padre ora che non è più a Palazzo Chigi arrivano?
«No, sul fronte Mediaset non è presente. Con la crisi che vive il Paese ha ben altro di cui occuparsi».

 

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