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Virginio Della Sala per “il Fatto Quotidiano”
“Da quando Spotify è arrivato in Italia, il mercato della musica ha iniziato a crescere dopo undici anni di regressione”. Veronica Diquattro, bionda, 31 anni, bolognese, responsabile di Spotify Italia, lo ripete sempre ogni volta che le si chiede quale sia il valore economico della società nel nostro Paese.
La crescita di cui parla Veronica è registrata negli ultimi dati della Fimi, la Federazione dell’Industria Musicale Italiana. Sono passati due anni dalla fondazione di Spotify Italia, a febbraio 2013, e in effetti il mercato musicale italiano ha vissuto il suo secondo anno di sviluppo.
Cresce Spotify e crescono numeri e fatturati. Nel 2014, dopo il lancio della versione gratuita su mobile, lo streaming musicale italiano è aumentato del 135 per cento, con un volume d’affari di 5,6 milioni di euro. La quota di mercato è salita al 55 per cento del settore della musica digitale, contro il 34 del 2013. È plausibile attribuire questi numeri proprio all’azienda svedese.
Spiega la Diquattro al Fatto: “Spotify ha nel mondo 60 milioni di utenti attivi mensili, di cui 15 milioni a pagamento. Il tasso di conversione dal servizio gratuito al Premium è più del 20 per cento: le iscrizioni si sono triplicate nell’ultimo anno. Più diamo la possibilità di far ascoltare musica gratuitamente, più gli utenti sono disposti a pagare e a trascurare i contenuti illegali. È anche una sorta di missione educativa”.
Formazione internazionale, Veronica lavora nella sede di Milano, un ambiente “giovane e creativo” . In ogni stanza ci sono casse per ascoltare musica e, a turno, lei e i suo dieci colleghi, scelgono la lista musicale per la giornata. “La mattina creiamo la colonna sonora del nostro lavoro – racconta – qualche volta i vicini si lamentano per il volume della musica” .
Otto anni fa, dopo aver studiato economia e marketing a Bologna e Milano e dopo diversi stage in azienda, Veronica è partita per il Sudamerica. Zaino in spalla, voglia di conoscere il mondo. “Ho studiato una terra emergente, ma sottosviluppata per tanti aspetti.
Desideravo mettere in pratica ciò che avevo imparato in Italia”. Veronica scommette sulle sue idee: “Mi sono proposta a una catena di alberghi che aveva sedi in Perù, Argentina e Bolivia. Ho chiesto un colloquio e ho detto ‘State andando benissimo, la vostra attività ha grandi potenzialità e secondo me potreste fare ancora meglio con il mio piano di marketing’. Mi hanno dato fiducia”.
A Lima, in Perù, per un anno e mezzo si occupa di promozione digitale, marketing online, pubblicità sul web e Social Network. Poi, la chiamata per i colloqui con Google in Irlanda. “Lì, ho ricostruito le mie basi. Da Adwords agli eBooks, alla musica. Sono stata immersa nel cambiamento portato dal digitale, nel testare come l’utente utilizza il prodotto per poi modificarlo a suo beneficio”.
Dopo Google, Spotify e l’emozione di poter guidare un’evoluzione profonda del mercato italiano. “Ho dovuto fare più colloqui per Spotify che per Google. Tra video chiamate e incontri di persona, ne ricordo almeno sette. Ho lasciato l'Irlanda e sono arrivata in Italia, prima del lancio. Ero da sola e non avevo neanche l’ufficio: lavoravo da casa”. Il servizio di streaming musicale sviluppato a Stoccolma nel 2006 che mette a disposizione oltre 30 milioni di brani, ha iniziato a crescere anche in Italia. Spotify deve i suoi incassi alla pubblicità, circa tre minuti per ogni ora di ascolto, e agli account premium che si ottengono pagando 9,99 euro al mese.
Eliminano gli spot e forniscono e la possibilità di ascoltare anche senza connessione. Eppure, nell’orizzonte di questo colosso digitale che ha accordi con le più grandi etichette musicali del mondo per riprodurre le canzoni dei loro artisti, ci sono state polemiche. Come nel caso della cantante Taylor Swift che ha deciso di non pubblicare su Spotify il suo ultimo disco “1989” (3 milioni di copie vendute dopo due mesi, album più venduto del 2014) ritenendo che i ricavi, troppo bassi, non fossero gratificanti per “il lavoro di una vita”.
LA CANTANTE lo ha però diffuso su Youtube e su Vevo, canale di streaming video dove, secondo le stime di OpenSlate, l’artista raccoglierebbe quattro milioni di dollari all’anno. Confrontando le testimonianze dei musicisti, ci si accorge che il ricavo per ogni singolo ascolto oscillano tra 0,003 euro e 0,007 euro e corrispondono a quanto l’etichetta o l’intermediario con Spotify ha concordato con il suo cliente artista. Spotify trattiene il 30 per cento, pagando il 70 per cento di royalties.
“Abbiamo rapporti con le più grandi etichette italiane – racconta Veronica – ci sono casi come quello della Swift, ma c'è chi ci cede in esclusiva le sue canzoni. Per gli artisti emergenti è un trampolino di lancio, una vetrina”. Nel 2013 gli streaming ascoltati in Italia erano più di 610 milioni. oggi si sono moltiplicati in modo esponenziale”.
A FINE 2013 nasce la versione mobile che permette di ascoltare la musica gratuitamente anche su smartphone e tablet. “Più della metà degli ascolti è tramite mobile – spiega Veronica Diquattro – anche grazie alla partnership con Vodafone che ci permette di raggiungere i suoi utenti”. Un sodalizio naturale se si considera che, secondo i calcoli di siti specializzati , ascoltando Spotify per un’ora al giorno in alta qualità si ‘consuma’ traffico per 4 giga, cioè quanto molti abbonamenti offrono per un mese intero.
Nonostante il mercato sia attraente e cresca la concorrenza, come quella di YouTube Music Key, Spotify Italia non teme nulla. “La competizione conferma che il futuro è streaming: accedere tutto senza possedere. Non ci sono più limiti. Combattiamo dando la possibilità all’utente di avere musica sempre e ovunque. A casa, al lavoro, in palestra e in auto”. Spotify cerca di rendersi onnipresente, come nel caso della partnership con Uber, il servizio alternativo e privato di taxi che permette ai passeggeri di scegliere la propria musica durante il tragitto. Per aumentare i ricavi senza aumentare la pubblicità.
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