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ANDATECI PIANO CON GLI SNACK ALL’APERITIVO: IL MERCATO DEGLI ANACARDI E’ IN CRISI NERA - IN COSTA D'AVORIO, PRIMO PRODUTTORE MONDIALE, LA PANDEMIA HA AGGRAVATO LE DIFFICOLTÀ DEI PRODUTTORI: FABBRICHE FERME, ORDINI SOSPESI, CONTAINER BLOCCATI…
Andrea Brenta per “Italia Oggi”
La Costa d'Avorio è il primo produttore mondiale di anacardi. Ma dopo che le autorità locali hanno decretato, lo scorso 25 marzo, un lockdown parziale dello stato africano e l'isolamento di Abidjan, la capitale nonché il più importante centro commerciale del paese, i produttori di anacardi sono in ginocchio. Se alcune misure sono state adottate per assicurare che le merci possano comunque circolare nel paese, le tre ore e mezza che separano Tiébissou, uno dei principali centri di produzione degli anacardi, da Abidjan e dal suo porto, si sono trasformate in un percorso di guerra, tra richieste di lasciapassare e corruzione.
COSTA D AVORIO - PIANTAGIONE DI ANACARDI
Oltretutto, come spiega il responsabile di una cooperativa locale al quotidiano Le Figaro, «gli anacardi non sono considerati un bene di prima necessità, è difficile passare». La Costa d'Avorio trasforma soltanto il 10% della sua produzione di anacardi. Il resto è inviato all'estero. Ma con la chiusura delle frontiere e a causa delle misure di quarantena adottate dai principali importatori (Cina, India e Vietnam, che trasformano le noci prima di immetterle sul mercato mondiale) le fabbriche locali che si occupano della sbucciatura sono ferme, mentre gli ordini sono sospesi e i container hanno smesso di prendere il largo.
Dall'inizio della pandemia il porto di Abidjan, che assicura il 90% delle esportazioni, registra un calo di attività nell'ordine del 15% rispetto a un anno fa e tutta la filiera degli anacardi è sotto pressione. Gli scambi con l'Asia sono timidamente ripresi nelle ultime settimane, ma le difficoltà continuano e ci sono grossi problemi di liquidità.
Le difficoltà si ripercuotono direttamente sui prezzi: ufficialmente la quotazione degli anacardi fissata dallo stato ivoriano si attesta a 484 franchi Cfa (75 centesimi di euro) al chilo al porto e a 400 franchi al chilo pagati al produttore. Ma al porto, lamenta un produttore, «danno 300: così o niente».
Per lui la crisi del Covid è soltanto un pretesto. «Ci dicono che è colpa della pandemia, ma sono tre anni che ci battiamo per vendere al giusto prezzo», racconta a Le Figaro. Se, dal 2016, la produzione è in netto aumento (900 mila tonnellate, ossia il 20% della produzione mondiale), con un forte incremento della domanda in Europa e negli Stati Uniti, i prezzi sono crollati, dopo una fiammata tra il 2015 e il 2017.
Dal canto loro, le autorità ivoriane hanno annunciato di aver sbloccato 150 miliardi di franchi Cfa (pari a 230 milioni di euro) per sostenere le colture agricole di esportazione, di cui 35 miliardi destinati agli anacardi. Ma coltivatori e cooperative non hanno ancora visto un solo centesimo. A questo si aggiunge una tassazione importante (110 franchi Cfa su ogni chilogrammo venduto) che penalizza i produttori locali rispetto ai vicini ghanesi. L'idea alla base di questo prelievo è quella di poter iniettare i fondi nello sviluppo di impianti di trasformazione locali. Con l'obiettivo di rendere la Costa d'Avorio meno dipendente dalle catene internazionali di trasformazione, rese vulnerabili dal lockdown mondiale.
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