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Video dell'inaugurazione dell'Apple Store a Bologna
http://www.youtube.com/watch?v=Ls8lQF7v2aA&feature=related
Aldo Grasso per il "Corriere della Sera"
Il video dell'inaugurazione dell'Apple Store di Bologna, visibile su YouTube, crea qualche turbamento: sembra l'apertura di una jeanseria, un raduno di fanatici new age, l'adunata per la presentazione di una squadra di calcio di serie B. Entusiasmo, esaltazione, riti mercantili da centro commerciale: si vedono, per esempio, gli impiegati dello Store, tutti rigorosamente in t-shirt azzurra con la mela morsicata in primo piano, saltare e gridare «Tutti all'Apple Stooore, tutti all'Apple Stooore», come se la loro immagine provenisse da vecchie tv locali, quando Guido Angeli gridava «Provare per credere!» nello spot di Aiazzone o Giorgio Mendella organizzava i raduni di «Retemia» o Virgilio Degiovanni incitava le folle di «Millionaire».
Una cosa inimmaginabile fino a poco tempo fa. Insomma, si fa fatica a capire cosa c'entri tanto fervore popolare con l'«emozione Apple» nata da uno slogan che invitava a pensare in maniera differente, «Think different», e presto diventata una sorta di religione per pochi, un culto di nicchia.
Ci sono ragioni commerciali che il cuore non conosce (gli Apple Store fanno semplicemente parte di una strategia commerciale che mira a vendere al maggior numero di persone i prodotti della casa di Cupertino), ma per noi, vecchi cultori del Mac, contano soprattutto le ragioni del cuore. Tanto più che l'apertura dell'Apple Store non era legata all'uscita di un nuovo prodotto e si fatica a capire perché uno debba fare la fila dal giorno prima per entrare in un negozio dove si vendono gli stessi prodotti che si possono trovare altrove.
Apple non è solo uno di quei brand conosciuti in tutto il mondo, ha anche un'identità così forte che non ha bisogno di alcun testimonial: ogni utente Apple diventa, suo buongrado, garante del prodotto. A poco a poco Apple si è trasformato in una brand community, un mondo a parte - il Mondo Mac - dove si entra come normali consumatori e si esce come protagonisti di un nuovo Rinascimento, il migliore dei mondi virtuali.
Come sostiene Antonio Dini nel suo libro «Emozione Apple», Mac, iPod, iPhone, iPad sono miti d'oggi: «L'innovazione è un sogno che diventa fatto, un'opportunità e una visione che si concretizzano». Un oggetto Apple ti fa sentire unico perché mentre usi una tecnologia all'avanguardia senti di appartenere a una comunità di eletti e di privilegiati.
Privilegiati o sfigati? Le immagini dell'apertura degli Apple Store in Italia sembrano parlare un linguaggio differente, lo stesso linguaggio che accompagna gli oggetti piegati a un pubblico mainstream dopo una lunga incubazione nell'eccellenza. Insomma, è come riuscire a visualizzare la sensazione di chi passa dalla griffe al tarocco, di chi indossa impropriamente un capo firmato. Del resto, mentre a New York e Londra gli Apple Store sono al centro della città , in Italia devono accontentarsi anche dei centri commerciali.
Ma l'aspetto più interessante è un altro ancora. L'uscita di scena di Steve Jobs è stata letta da molti osservatori in chiave cristologica; qui, invece, ci troviamo nella fase declinante del proselitismo, come se le parole del profeta o del guru si fossero già cristallizzate in una dottrina di massa.
Ha scritto giustamente Stefano Pistolini: «Il computer non poteva essere mero progetto commerciale. Doveva essere una fede. Un destino, non un bisogno. Aspirazione non strumento. Partendo da questa cognizione, Steve Jobs, ventenne spiantato, dopo un'adolescenza turbolenta, fondò la stella-madre del Mondo Mac: la Apple, la Mela. Simbolo esoterico, apparso nella testa di Jobs che da ragazzo rimase colpito dall'etichetta dei dischi dei Beatles che, quando ebbero una società , la chiamarono Apple (transfert di grandeur)».
Passare dal famoso discorso all'Università di Stanford nel 2005, dove Steve spronava i giovani laureati spiegando loro che «il vostro tempo è limitato, quindi non sprecatelo vivendo la vita di qualcun altro. Non lasciatevi intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivere seguendo i risultati del pensiero di altri. Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui lasci affogare la vostra voce interiore» e concludeva, da vero visionario, «Stay hungry, stay foolish» (siate affamati, siate folli), insomma passare da un progetto di vita alle urla belluine dei commessi che gridano «Tutti all'Apple Stooore», il passo è lungo. Non facile da elaborare.
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