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Emilio Randacio per la Repubblica
«Ulteriori accertamenti istruttori». Sono quelli che il procuratore generale di Milano, Felice Isnardi, ha chiesto al Nucleo di polizia valutaria nell’inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena. Il fascicolo riguarda la posizione della banca, in base alla responsabilità giuridica e amministrativa delle società per la legge 231, nel periodo 2011-2014, ovvero, sotto la presidenza di Alessandro Profumo e dell’amministratore delegato Fabrizio Viola.
ALESSANDRO PROFUMO E FABRIZIO VIOLA
In questo filone, i pm milanesi, Baggio, Civardi e Clerici, a settembre hanno chiesto l’archiviazione per la società alla procura generale, per Profumo, Viola e altri nove soggetti, al gup. Il 15 marzo, davanti al giudice Livio Cristofaro si discuterà sull’opposizione all’archiviazione presentata dall’associazione dei consumatori Codacons. Ma adesso, come successo per l’inchiesta su Expo e sull’ex commissario e attuale sindaco di Milano, Giuseppe Sala, la procura generale preferisce approfondire le decisioni dei pm, ordinando ulteriori accertamenti.
Le conclusioni potrebbero avere un inevitabile effetto a cascata. L’eventuale coinvolgimento della società di Siena, infatti, potrebbe influenzare l’udienza di marzo. Nell’inchiesta sulla Piastra di Expo, lo stesso Isnardi si è presentato in aula, chiedendo ulteriori indagini. E se la stessa linea passasse per la posizione di Mps, questo potrebbe condizionare anche il destino giudiziario di Profumo, Viola e degli altri 9 indagati.
LANCIO DI MONETINE A MUSSARI IN PROCURA jpeg
I tre magistrati milanesi sono già a processo contro i vecchi vertici di Mps, accusati di aver occultato perdite di bilancio plurimilionarie, nate con i contratti derivati, stipulati con diverse banche. Profumo e Viola, subentrati alla gestione Mussari e Baldassarri, avevano ereditato i passivi nei bilanci, ma secondo la procura milanese le loro condotte non avevano comportato alcun reato e non vi erano prove di falso in bilancio, ostacolo agli organi di vigilanza o di aggiotaggio.
Di certo, la mossa formalizzata dalla procura generale, anche dopo il caso Expo, dimostra una diversa visione tra procura generale e procura, sul modo di condurre alcune indagini, soprattutto quelle più delicate e rilevanti.
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