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MPS, ALLE BANCHE TORTA DA 600 MILIONI
Giovanni Pons per 'la Repubblica'
«Follow the money», si diceva nel film dedicato allo scandalo Watergate, poiché seguendo il volume e i percorsi del denaro si capiscono molte cose.
E con un certo stupore si può dire che questa regola può essere applicata per capire meglio cosa sta ruotando intorno alla ristrutturazione del Monte dei Paschi, un' operazione che il sistema Italia non si può permettere di sbagliare, pena un effetto trascinamento sull' intero sistema bancario.
I fatti sono i seguenti: il cda del Monte di fine luglio ha sposato il piano proposto dalla banca d' affari americana JP Morgan, il cui capo mondiale Jamie Dimon è stato portato al presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi da Claudio Costamagna, il presidente della Cdp che ha esperienza bancaria e importanti contatti internazionali grazie agli anni trascorsi al vertice della Goldman Sachs.
Ai piani alti europei di JP Morgan siede anche Vittorio Grilli, brillante ex direttore generale del Tesoro e poi ministro del governo Monti. JP Morgan si è detta disposta a creare un consorzio per garantire un aumento di capitale tutto in contanti da 5 miliardi per il Monte e a mettere a disposizione un prestito ponte (bridge financing) da 6 miliardi per finanziare il veicolo societario in cui verranno fatti confluire fino a 10 miliardi di sofferenze nette della banca senese.
Al fianco di JP Morgan si sono poi schierate diverse altre banche, di cui l' unica italiana è Mediobanca, come Credit Suisse, Deutsche Bank, Bofa Merrill Lynch e Santander, tutte quante accorse al capezzale del Monte nonostante l' esito negativo degli ultimi stress test.
Ebbene è ovvio che le banche, soprattutto quelle d' affari, guadagnano con le commissioni, ma finora non era emersa la consistenza di queste commissioni che graveranno sulle casse del Monte. E si tratta di una cifra record per il mercato italiano. Si parla infatti di quasi 600 milioni di euro calcolando una "fee" del 4,75% per i 5 miliardi di aumento di capitale e del 6% all' anno per il prestito ponte (bridge financing) da 6 miliardi.
Ciò significa che se il prestito andrà avanti per due o tre anni vi saranno atri 350 o anche 700 milioni in più da dover pagare. Sono cifre in grado di azzoppare la fragile redditività del Monte che oggi arriva a circa 500 milioni l' anno e che non sarà facile far progredire visto l' attuale livello dei tassi di interesse. Inoltre, tra i banchieri circola la voce che vi sia anche una commissione fissa (retainer) che spetterà alle banche anche se non riusciranno a concludere l' operazione.
In pratica, se il referendum costituzionale non fosse favorevole a Renzi, o se non ci fossero sufficienti adesioni nella fase di marketing, allora il consorzio potrebbe non diventare esecutivo, l' aumento saltare ma il Monte dovrà pagare lo stesso diverse decine di milioni di commissioni.
Domanda: c' erano alternative alla proposta JP Morgan sul tavolo del cda del Monte? In realtà una ci stava arrivando, ed era stata sollecitata dallo stesso presidente Massimo Tononi, ed era quella preparata da Corrado Passera con il supporto di Ubs. Ma all' ultimo momento il cda non l' ha voluta esaminare.
Come mai? Non è dato saperlo, il sospetto è che la JP Morgan non volesse al tavolo concorrenti che avrebbero messo in discussione le laute commissioni che, almeno per quanto riguarda il bridge financing, appaiono fuori mercato di almeno un 2%. E il cda ha preferito proseguire solo con la banca americana accollandosi un costo enorme ed esponendosi al rischio di un aumento monstre tutto sul mercato.
ADVISOR AL LAVORO SULLE SOFFERENZE MPS, VOLA ANCORA UNICREDIT
R. Ef. per ''Il Messaggero''
Mps resta sorvegliata speciale, in attesa del piano strategico che a fine settembre alzerà il velo sulle prossime mosse dell' istituto.
Anche in questi giorni di vacanza gli advisor Jp Morgan e Mediobanca lavorano a testa bassa per mettere a punto le varie mosse del risanamento, a partire dalla stima - con una due diligence approfondita - del portafoglio dei crediti in sofferenza. In parallelo sono stati già avviati dei primi contatti con i possibili investitori sull' aumento di capitale da 5 miliardi.
Non si tratterebbe però già di una fase di pre-marketing, per la quale ci vorranno ancora settimane. L' aumento del resto non è stato ufficialmente ancora fissato. L' attesa comunque è che prenda il via nella seconda metà di novembre per chiudersi nei primi giorni di dicembre.
Il pre-marketing invece partirà solo nelle settimane successive alla presentazione del business plan. E comunque all' aumento si dovrà arrivare a valle della cartolarizzazione. La nascita del veicolo per la cessione dei 9,2 miliardi di Npl è invece attesa già a inizio settembre, come anticipato da Mf e confermato da fonti finanziarie.
A seguire verrà messo a punto il finanziamento ponte da 6 miliardi, che dovrebbe venir erogato per buona parte da Jp Morgan, per l' acquisizione delle senior notes.
La banca americana è anche advisor con Mediobanca della cartolarizzazione, con Piazzetta Cuccia in campo poi come global coordinator dell' aumento.
Secondo ricostruzioni di stampa, che non hanno trovato riscontri, gli advisor di Mps sarebbero alla ricerca di pochi selezionati cavalieri bianchi - grandi investitori -, pronti a garantire fette importanti di un aumento che si vorrebbe in salita, rispolverando in pratica il piano Passera.
Da diverse fonti finanziarie emerge però che banca e advisor non sarebbero al lavoro su un piano B. La Borsa resta però alla finestra e anche in giorni come questi, con il comparto bancario che rifiata, il titolo Mps guadagna l' 1,05% portandosi a 0,24 euro, lontano dai valori già depressi con i quali è arrivata agli stress test.
CORRADO PASSERA - GIUSEPPE MUSSARI - VITTORIO GRILLI
Chi invece sembra beneficiare di una fiducia tutta nuova del mercato è Unicredit, cresciuta dell' 8,04% a 2,26 euro, dopo il balzo già ieri, tornando per la prima volta sopra i livelli degli esami europei del 29 luglio, con la Borsa che è galvanizzata dalla possibile accelerazione nelle cessioni.
Il nuovo ceo Jean Pierre Mustier ha rinviato al quarto trimestre per la presentazione del nuovo piano, ma il pressing polacco su una possibile acquisizione della controllata Bank Pekao da parte della compagnia assicurativa a controllo pubblico Pzu ha messo le ali al titolo.
Indiscrezioni di stampa hanno ravvivato poi l' attesa su Pioneer per la quale oltre all' Ipo si ipotizza anche una cessione, puntando tra gli altri sui francesi di Amundi. «Non abbiamo alcun commento da fare» rispondono interpellati dall' Ansa. Il Ceo di Pzu Michal Krupinski ha chiaramente indicato una volontà della compagnia di investire con decisione nel comparto bancario, pur senza fare commenti su Pekao.
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